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Raccontiamo di “Polittico del silenzio”, la silloge di tre testi teatrali in italiano (“Ecce homo” del 2009, “Kyrie” del 2013, “Agnus” del 2015) di Tino Caspanello che la casa editrice umbra “Editoria & Spettacolo” ha meritoriamente dato alle stampe qualche settimana fa e che è ora disponibile nelle librerie. Si tratta, dopo “Teatro di Tino Caspanello” del 2012 e “Quadri di una rivoluzione” del 2013, della terza pubblicazione che questo editore dedica al drammaturgo di Pagliara e, se ce ne fosse bisogno, a garantire della qualità e dell’interesse di questa drammaturgia basti notare che prefazione e postfazione sono state scritte da due tra più importanti studiosi del teatro contemporaneo presenti sulla piazza europea, ovvero da Gerardo Guccini e da Christine Resche. Detto questo potremmo fermarci qui o, magari, notare come anche nel campo della drammaturgia militante il teatro siciliano contemporaneo si segnala con lavori pregevoli, ma non basterebbe perché di questi testi occorre dire nel merito e perché, per chi scrive, è di qualche soddisfazione vedere come lo stesso Caspanello abbia voluto assumere la dimensione del “silenzio” come asse concettuale per la comprensione della sua opera. Il silenzio assunto in una vastissima gamma di significazioni che si possono tuttavia sintetizzare nella ricerca (rischiosa, senza alcun paracadute e perciò assai affascinante) di piena autenticità nel quotidiano e umanissimo esercizio della vita, della vita umana nel mondo e nella storia. Ovviamente non è possibile tacere sul fatto (evidentemente allusivo) che il drammaturgo abbia voluto indicare già nei titoli di ciascuno di questi pezzi una significazione religiosa e cristiana. Come interpretare questa scelta? Come interpretarla, a maggior ragione dopo aver letto i testi che, come chiunque potrà autonomamente verificare, non lasciano trasparire alcuna consolante visione della vita e del senso profondo dei rapporti umani? Dei rapporti di potere in “Ecce Homo” (un uomo, tre giudici, una guardia in una situazione kafkiana), dei rapporti di coppia in “Kyrie” (la donna, l’uomo), dei rapporti tra singolo e massa (attore e pubblico) nel vertiginoso monologo “Agnus” (in cui non ci pare errato segnalare una seppur lontana parentela con Pirandello). Giustamente Guccini ha chiamato in causa da una parte la centralità della dimensione teatrale e meta-teatrale di tali testi e dall’altra (correlativamente) la dimensione metafisica di un linguaggio che non si limita a esprimere ma crea realtà. Aggiungiamo che si arriva alle stesse conclusioni considerando come altro nome del silenzio sia “mistero” (ciò che è ineffabile, ciò non ha parole per esser detto) e come misteriosa sia appunto la trama della nostra esistenza se ci si mette ad osservarla da vicino, a scrutarla nella sua autenticità e senza il filtro semplificatorio di ideologie, convinzioni, tradizioni. Ma se nei testi precedenti nella dimensione del silenzio si giocavano partite che avevano a che fare con la costruzione di senso nei rapporti umani, in questi testi ci sembra che Caspanello affronti con decisione un’altra dimensione della sua scrittura, una dimensione in cui il silenzio è esplorato piuttosto nella dimensione negativa (e complementare) della distruzione del senso dei rapporti umani, del loro essere ontologicamente e tragicamente inautentici, nel loro proclamare proprio nel teatro (quindi proprio laddove regna una dimensione positiva della finzione) la struttura pervasiva e tragica della menzogna e della morte. Adesso non resta che attendere la messinscena di questi testi, sperando che siano prodotti come trilogia e che tutto ciò non accada troppo tardi.


Per acquistare il volume

Polittico del silenzio
di Tino Caspanello
Editoria & Spettacolo 2016
138 pagg. € 14,00