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GENESI, premio Fersen 20015 per la regia: un racconto letterario in forma teatrale sul rapporto tra uomo e Dio, sulle relazioni tra gli uomini e la ricerca di un nuovo Umanesimo di un nuovo Rinascimento che sappia guardare agli uomini con speranza. Non a caso la resa scenica è ispirata a un quadro rinascimentale, “La città ideale”. Il testo è una reinterpretazione dei capitoli 1,11 del Libro della Genesi (l’autore si è ispirato al libro del teologo Blenkinshopp: “Creazione Decreazione Nuova Creazione” ed. EDB Bologna) vista con gli occhi del qui ora. Con gli occhi di un uomo contemporaneo che riflette attraverso il suo sguardo teatrale e musicale. Dico musicale perché la rappresentazione è accompagnata da musica eseguita dal vivo, i musicisti sono parte integrante della performance. Disposti all’interno di un edificio ottagonale sormontato da una cupola, dialogano

con il testo attraverso i brani tratti da Histoire du Soldat di Stravinsky (versione per trio eseguite da Matteo Carminati al pianoforte, Leonardo Cella al violino e Fabio Bussato Detto al clarinetto, tutti bravissimi) Histoire du Soldat è un intreccio teatrale che comprende balletti, musica e un racconto sul mito di Faust. Allo stesso modo procede Genesi: musica, racconto, mito, danza. La musica come fonte d’ispirazione per il drammaturgo, per il regista. Sulle pareti della struttura proiezioni video che raccontano un’altra parte della storia; uno spettacolo plurivocale in cui più voci si alternano. Davanti alla struttura, all’interno di un’intelaiatura prospettica e geometrica, come quella del quadro, un uomo e una donna interpretano i diversi personaggi: l’Angelo, l’Avversario, Caino, Noah e la Moglie di Noah. In scena la compagnia STN-Studionovecento di Milano, con una vibrante Stefania Lo Russo, ben sostenuta da Vincenzo Paladino. Marco Pernich, scrive pagine interessanti navigando fra passato e presente, percorrendo una linea di ricerca con un approccio intellettuale. Perché uno spettacolo come Genesi? «... in un tempo di pensiero debole, di materialismi, di economia rampante, di miti del pratico e dell’immediato... è importante e necessario tornare a guardare alle radici del nostro mondo, della nostra civiltà e del nostro essere umani e tornare a interrogare, con occhi nuovi e mente sgombra, quei testi fondativi...»  Il messaggio è chiaro, la scrittura nasce da un bisogno, si avverte un bisogno di eternità, di trascendenza. Uno spettacolo che si sfoglia come le pagine di un libro. La rielaborazione scenica è originale, per arricchire e regalare ulteriori emozioni andrebbe accompagnata da una ricerca anche sul versante dei costumi e delle luci. I costumi rappresentano una sorta di scenografia che si indossa, nel caso di un testo ermeneutico e simbolico come questo, potrebbero valorizzare ulteriormente l’universo cromatico della drammaturgia, la poeticità della parola scenica. Si potrebbe puntare maggiormente su una scelta neutra dei costumi che annulli le differenze visive dei personaggi di modo che la partitura verbale e musicale risulti sempre in primo piano, per concentrare tutta l’attenzione su quest’avventura teatrale complessa. Un ultimo ricordo per Alessandro Fersen, lo spettacolo premiato ci porta nella dimensione del sogno e dell’irrealtà, molto vicino all’idea di teatro che aveva Fersen. Il premio è ideato e diretto da anni, da Ombretta De Biase, con passione e determinazione, con l’intento ammirevole di valorizzare la drammaturgia contemporanea e nello stesso tempo rendere omaggio alla memoria di Fersen, regista, attore e drammaturgo. Nell’opera “Critica del teatro puro” che raccoglie scritti del drammaturgo, a cura di Clemente Tafuri e David Beronio (Akropolis libri Le mani editore 2013; in questo sito la recensione al libro di Maria Dolores Pesce) Fersen regala alcuni preziosi suggerimenti fra ciò che si intende per teatro e ciò che si allontana dal teatro, necessari oggi più che mai in un mondo di realtà liquide e indefinite. La resa scenica di Pernich sollecita anche queste riflessioni. Cosa distingue il teatro dal non teatro? Fersen lo dichiara con semplicità disarmante, il coinvolgimento dell’interiorità dell’attore e dello spettatore, la suggestione scenica che non può cedere il passo al discorso, alla psicologia; quando tutto ciò avviene si entra nella zona equivoca dell’extra-teatralità. Il teatro è anche gioco, sogno, realtà nell’ irrealtà. Il tempo presente dell’attore: qui ora, accanto al tempo passato del drammaturgo, del regista: le loro azioni si sono già compiute. Un’alchimia sempre difficile da realizzare. Chi ci prova è un mago.
     
Milano, Teatro alle Colonne 21 aprile 2016