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Mai fermarsi al titolo. Sono tre stagioni che uno spettacolo dal titolo non accattivante registra il tutto esaurito e non lo sapevo. E' probabile che Peperoni difficili non mi avesse attratto proprio per via del titolo francamente indigesto, che parrebbe strizzare l'occhio a un intrattenimento di genere, da teatro godereccio, ridanciano, superficiale. Grave errore. Non solo perché i 'peperoni difficili' sono un elaboratissimo piatto africano e la sua riuscita è anche la dote di ogni donna in età da marito, ma perché lo spettacolo è una macchina scenica che corre filata per un'ora e quaranta senza perdere un colpo. A cominciare dalla drammaturgia, ferratissima, che è la messa in atto di tutte le regole, più o meno codificate, di costruzione di un testo. Alla faccia di tutto quello che viene molto spesso rifilato come tale non senza consenso e circuiti compiacenti.

Partiamo dai personaggi, che non si presentano mai in modo compiuto ma si annunciano a poco a poco, attraverso battute e situazioni. La pazienza, per esempio, di un uomo che vede importunata la sua breve pausa pomeridiana da nugoli di ragazzini che giocano a pallone, è un tratto caratteriale che quando emerge ti spiazza, cioè disattende un'aspettativa che la situazione aveva invece insinuato nello spettatore, e per questo stupisce. Ma stupendo genera la consapevolezza di un'acquisizione, e pone il primo mattone di un edificio che verrà costruito per moduli, in modo rigorosissimo, sempre procedendo per input che reclamano ogni volta riassestamenti e revisioni.
Ma siamo solo all'inizio.
Di questo testo scritto da un attore, Rosario Lisma, anche regista e interprete insieme ad Anna Della Rosa, Ugo Giacomazzi e Andrea Narsi, non si può scendere nei dettagli.
Sono così precise le identità dei personaggi che si definiscono via via, che sarebbe un grave disservizio rivelarle in anticipo.
Come è precisa la dinamica delle relazioni che si vanno a creare, così ben calibrata, pensata, tutta giocata su una trama fitta e sottile, fatta di fraintendimenti, proiezioni reciproche, punti di vista sfasati, che non è giusto dipanare al posto dello spettatore.
Basti sapere che i personaggi sono quattro, tre uomini e una donna, e sono tutti plausibili, veri, sinceri, interpretati da attori bravissimi. Uno di loro è più caratterizzato degli altri, e fa davvero impressione. Il perché non si dice, si può solo verificare. Bisogna anche aggiungere che Lisma, in veste di regista, gli regala un momento che fa da prova del nove, ed è uno dei tanti in una regia complessiva generosissima.
I tempi sono perfetti e le battute arrivano chiare, scolpite all'interno di un discorso che gioca con i doppi sensi, i silenzi, le metafore, gli slittamenti di contesto. E riserva insospettabili colpi di scena, che arrivano con la forza di un sillogismo. Concedendosi persino due incursioni surreali, che innestano con coerenza l'elemento grottesco nella convenzione quotidiana.
Si ride fino alle lacrime, e ci si commuove subito dopo, un po' prima che si asciughino, così non capisci più se sono lacrime di riso o lacrime di pianto.
Si dibatte sui massimi sistemi, tirando dentro Hegel, le Scritture e Sant'Agostino, si parla di bombe, di miseria, di malattia, ci si inoltra in amori 'scorretti' e sentimenti che sono in verità antichi risentimenti messi a tacere.
E lo si fa così bene che non possiamo non prendere parte, e se sul principio sembravamo persuasi che “la verità sul bene è bene ma anche la verità sul male è bene”, alla fine ci ricrediamo e scopriamo che no, la verità non chiede di essere detta ma conosciuta, casomai. E a volte conoscerla significa tacerla, sospenderla, renderla inoffensiva. Significa metterla al riparo, per preservare.
Ma non si pensi a una commedia a tesi, con la sua bella morale che si imbuca alla fine, e meno che mai al sermoncino saccente che qui non si profila nemmeno a distanza. Tutto si evince dalle battute, dai contesti che slittano, si flettono e poi ti travolgono a imbuto e ti lasciano lì, su due piedi, con le contrazioni allo stomaco. A domandarti da solo se bisogna ridere o piangere. E' sì che questa è la vita, ma è anche il teatro: quello vero.

Foto Fabio Artese

PEPERONI DIFFICILI
scritto e diretto da Rosario Lisma
con Rosario Lisma, Anna della Rosa, Ugo Giacomazzi, Andrea Narsi
Scene e costumi: Eleonora Rossi
Luci: Paola Tintinelli e Luigi Biondi
Musiche: Gipo Gurrado
al Teatro Vascello fino al 15 maggio