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La grande attrice Edmonda non rinunciava mai, per ogni sua performance scenica, ad una lunga preparazione psicofisica che iniziava circa un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. Cominciava con la respirazione, molto controllata, seguendo il ritmo e i movimenti dettati dalle varie posizioni e movimenti dello  hatayoga, fino a sentirsi molto leggera, e al contempo energica, per poi passare ad una serie di esercizi di stretching e rilassamento di tutti i muscoli, da quelli del collo per finire con le caviglie e i metatarsi dei piedi, ergendosi come una danzatrice sulle punte.
Poi passava, sdraiandosi sul pavimento, al lavoro mentale, che nel tempo lei stessa aveva organizzato secondo alcuni criteri ripetuti, il primo dei quali consisteva nel lasciar vagare la mente immaginandosi di stare in un luogo ben determinato; poi con la vista interiore si figurava di incontrare persone, o animali, tipo cani da passeggio o gatti frettolosi; infine cancellava tutte queste immagini dalla mente, svuotandola di ogni pensiero, per ripassare così la parte velocemente poco prima di entrare in scena.
Ma, nel preparare tempo fa un’intervista che avrei dovuto pubblicare, chiedendomi di non farlo, mi confidò che una sera le accadde qualcosa di inaspettato e davvero insolito e misterioso, ma intensamente, profondamente autentico!
Difatti, mi raccontò che, durante la fase cruciale della preparazione mentale, si trovò senza accorgersene consapevolmente in uno stato di coscienza sospeso tra l’immaginazione, la realtà empirica, il sogno, non riuscendo a distinguere l’uno dall’altro i tre livelli coscienziali, né, tanto meno, riuscendo a separarli. Era come già si trovasse all’interno del teatro, ad un passo dal palcoscenico che l’ospitava, vedendo distintamente che
due tagli di luce l'attraversavano tutto, e che al centro scena troneggiava una specie di letto coperto da bianche e luminescenti lenzuola immacolate: sentiva in sottofondo un soave coro infantile:
 “Giro giro tondo, / il mondo è un po' rotondo / poi il mondo è un po' quadrato / meraviglia del creato”.
Sentì che da lontano una persona, che non sembrava né uomo né donna, con un'inflessione  forse portoghese, le bisbigliava, deciso, di sedersi, perché “Lui”, il Maestro, il Guru, stava per arrivare...
Lo vide, d’improvviso materializzatosi sul palcoscenico: piccolo, lento e ieratico nei movimenti, con tondi occhiali da miope, canuto, molto magro... indossava una specie di sari... sembrava librarsi tra le poltrone, quasi volare!... Edmonda si rannicchiò, quasi si nascose... “Lui” andò a sedersi centralmente a inizio platea, su una larga sedia foderata di raso rosso carminio, bassa, all'altezza della prima fila di poltrone... tracciò in aria un ampio gesto circolare con la mano, e tutte le luci di sala si spensero... rimanendo solo attivi i due fasci di luce trasversali dei proiettori sulla scena...
All'improvviso apparve sul letto una figura di donna... sì, un'attrice, molto truccata, una mascherina nera sul volto... un abito di scena a forma di lungo peplo color cinerino... a falde plissettate larghe, ondeggianti... la guardò intensamente... la fissò... sembrando ad Ermaura che... si... che potesse essere…  la figura materializzata della  Morte stessa!
“Lui”, parlando a voce bassa, ora si avvicina in un battibaleno a quella figura suggerendole, quasi sottovoce, qualcosa... Lei inizia a intonare una dolcissima nenia, con la voce di un soprano leggero... col ritmo di un lentissimo valzer… Edmonda la vede all'improvviso stendersi sul letto... sale il tono della sua voce, che diviene sempre più rapinosa... finché Lui la ferma sollevando l'indice della mano destra...
Edmonda  intuisce che in realtà quella che stanno eseguendo è una specie di prova, perché Lui con leggerezza si avvicina al proscenio e  parla a quella figura che ricorda la Morte... Lei riprende a cantare, tenendo note alte e lunghe di durata,  la sua voce sembra quella di un flauto, dolcissima... il tempo è sospeso, immobile, c'è una densità emotiva fortissima... scendono sul viso di Edmonda alcune calde lacrime... quasi si vergogna, e le pare di vedere altri spettatori fortemente commossi... affianco a lei c'è un giovane ragazzo, gli chiede chi è quell'attrice che sembra la Morte senza ottenere risposta... passa altro tempo... L’attrice-Morte, ora, si ammutolisce, al centro del grande letto, si toglie la mascherina e... mostra fattezze mascoline...
Edmonda resta sconcertata, spiazzata... e sente che quella inizia a recitare in una lingua incomprensibile, ma s'intuisce l'espressione di un grande dolore, anche fisico... vede che allarga le gambe, vede che molto lentamente la sua veste s'arrossa, e che anche il lenzuolo s'arrossa centimetro per centimetro, fino a divenire un lago color vermiglio... si sente un flebile vagito che rapidamente si tramuta in un riso infantile... dal mezzo delle gambe con un gesto dolce ed elegante alza in alto un fascio di rose bianche screziate di rosso... lo accarezza, prende una alla volta tre rose, e ne lancia una verso il Maestro, un'altra verso il pubblico, e la terza la inghiotte... poi... buio!... A Edmonda si chiude la bocca dello stomaco, mentre torna una flebile luce diffusa sulla scena, ed Edmonda intravvede la platea che le sembra deserta, come se fosse rimasta solo lei !
Scendono brividi freddi lungo il suo collo... tenta di alzarsi ma le gambe pesano più del piombo...
Il Vecchio, il Maestro, Lui, indifferente al vuoto della sala, si volta verso la platea, verso Edmonda... inizia a sussurrare dei versi in un silenzio astrale, e appena si percepiscono alcune delle sue parole: “Sceeenaaa nuuudaaa, sceeenaaa vuooota / scorreee della viiita la perfettaaa ruooota... / Tuttooo viveee, tuttooo muoreee, / nel silenziooo di un cuoreee / s'odeee il suono di sacreee parooole”.
Vede Edmonda, ora, e la fissa fortemente, poi le fa il cenno di raggiungerlo... e infatti è fortemente, irresistibilmente, fatalmente attratta... lo raggiunge... Lui le dice “sali”... si trova sopra il palcoscenico che inizia ad abbassarsi fino al livello della platea... lei è così accanto al letto... Colei che pare la Morte è immobile... Lui dice a Edmonda con un sussurro più imperioso di un tuono del cielo:
“Accarezzala... sul viso, sul seno, sulle mani! E non temere, tieni lontana la paura, fidati!”.  Edmonda resta immobile... non sostiene il di lui sguardo, fermo come un astro notturno... si avvicina allora al gran letto,  a colei che lo abita... vede il suo volto che ora le appare sorprendentemente maschile... lo sfiora... scende con le dita sul seno che è prominente e immobile... ma la cui rotondità inizia ad appianarsi… poi le prende una mano... è come se toccasse una statua di gelido marmo... Edmonda grida, urla: “morta!?”; Lui sorride, e allarga il sorriso in una profonda lunga cristallina risata... poi diviene molto serio... Lei apre gli occhi e  guarda Edmonda, chiede il suo nome, lo chiede con parole perentorie... glielo dice masticando le lettere... confusamente... Poi richiude gli occhi, immobile... sembra ora davvero morta! Lui si avvicina, come un cerimoniere si volta verso il fondo della sala che ad Edmonda sembra un pozzo infinito... fa un gesto e un proiettore li investe con una luce fortissima... la invita a salire sul letto, assieme a lui... le stringe forte le mani... un altro suo gesto, e si spande una musica, una melodia salmodiante soffusa, ritmata come un gocciolìo di pioggia saltellante... la invita con dolcezza a salire, mentre una brezza che alita profumi indefinibili  sfiora il volto di lei, di Edmonda... che sente una gioia inesprimibile parendole di volare... e di sorvolare le onde del mare...
Edmonda acquista una nuova coscienza di se stessa, ed è come se si scordasse di sé... si sente di essere l'universo, che contiene anche la sua vecchia se stessa... Si sente interiormente e fisicamente dilatata ed espansa nella luce, un tutt'uno con la luminosità del palcoscenico che tale più non pare, ma piuttosto sembra davvero uno spazio assoluto, e aperto ad ogni sua immaginazione... La figura che sta sul gran letto bianco ora ride, è bellissima, ha ora fattezze dolci e femminee... Lui  suggerisce ad Edmonda di sfiorarle di nuovo il seno, con dolce lentezza... La tocca allora sfiorando il ventre lievemente tremante, provando un indicibile senso di purezza antica... Lui si scosta, schiena alla platea, indietreggia salutandoli con i palmi aperti delle mani come fossero angeliche ali... I grandi lembi del sipario purpureo iniziano a scorrere l'uno verso l'altro... Lui continua a salutarli, slontanandosi sempre più... diviene sempre più piccolo, poi minuscolo, quasi indistinguibile... Il sipario dondolando è quasi chiuso... la luce s'abbassa con lentezza... rimane ormai un'ultima alta fessura della grande tela purpurea... un taglio... una spaccatura... Edmonda non capisce dov'è la vita, se di qua o di là... vorrebbe rimanere... vorrebbe attraversare quel taglio, raggiungere Lui... resta come immobilizzata da una se stessa che ora non riconosce più... la figura misteriosa le prende la mano, la invita a restare su quel letto, su quella barca nell'oceano, su quel vascello volante... ma Edmonda ha tanta paura, e assieme, un’assoluta attrazione irresistibile per quello spazio che s'avvia a sprofondare sempre più nel buio... il sipario si chiude inesorabilmente.. vorrebbe gridare, non ci riesce... vorrebbe morire... non ci riesce... vorrebbe divenire scintilla, poi fuoco divino, e non ci riesce... non ci riesce...
Edmonda mi giurò che quella irrepetibile, unica, sera, recitò in uno stato di trance che, però, non le impedì un’estrema lucidità nel portare avanti l’azione scenica. Mi assicurò che le parvero potenziate le sue peculiarità di donna che genera la vita, e che, come attrice, era convinta in quell’ora e mezza di performance , di aver creato la realtà scenica e di aver ri-creato la realtà del mondo della vita, ma potenziata, felice, bella, teneramente lieve come carezza di bimbo, immensamente umana e assieme toccata dalla Divinità! Per quell’ora e mezza non distinse minimamente la differenza fra Finzione e Realtà, tra mondo della scena, fantasticato, e mondo della vita quotidiana, non più imposto dall’esterno, ma agito e voluto, liberamente, creativamente, divenendo artista del proprio vivere, amando con totale consapevolezza la Vita! Aveva percepito di essere un’attenta esperta delle emozioni umane, e di poter scendere nelle profondità della psiche, cosicché l’arte di essere attrice veniva a confondersi con l’arte del conoscere, del disvelare anche parzialmente una o più Verità, con leggerezza superiore alla più pesante materialità, attraverso le energie più sottili, che il suo corpo-mente aveva imparato ad alimentare! La stessa materialità della sua voce, sottolineò Edmonda, prese una via verticale in quella serata così speciale, davvero unica! La sua voce saliva, ascendeva verso uno spazio d’infinità che la liberava dall’ingombro di una se stessa troppo chiusa.
La sua voce, mi ripeté Edmonda, divenne come un corpo vivo con un paio di forti ali, tanto larghe e forti che le sembrava di salire sopra il palcoscenico, sopra la platea, sopra gli spettatori, sopra lo stesso teatro e fuori dal teatro, su, su, sempre più su, a respirare sempre più Vita!