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L’abbiamo incontrata a Catania, al Centro Zo, nel corso di un partecipato incontro organizzato dall’associazione culturale Zo, in collaborazione con l’Università di Catania, per meglio conoscere la sua scrittura, il suo nuovo lavoro “La vita ferma - Sguardi sul dolore del ricordo” e per riflettere sulla nuova drammaturgia. Parliamo dell’autrice, attrice e regista romana Lucia Calamaro, capace di trasformare la parola da personale a metaforica, a fare di un fatto individuale un momento collettivo. L’autrice romana ha parlato dei suoi inizi, del suo modo di scrivere per il teatro e di tanti altri aspetti relativi all’approccio con la scrittura e con la nuova drammaturgia.


Il valore, per lei, della conversazione e cosa vuole creare con lo spettatore..
“A me le conversazioni sul nulla mi annoiano terribilmente e di più i preamboli, i convenevoli! Quella che cerco è una vera conversazione e purtroppo è rara. Ecco quindi che voglio dare allo spettatore un momento di vera conversazione, come se stessimo veramente parlando, come se loro stessero veramente parlando di cose fondamentali. Cerco quindi di creare un'intimità fra quello che c'è lì e lo spettatore, non sempre ci riesco”.

Ci parli dei suoi inizi e della potenza della scrittura....
"Ho iniziato prima a fare l'attrice, poi ho fatto la regista, ma mi sono annoiata subit, e dopo un paio di regie ho di scrivere. E lì ho trovato che scrivere, mettere in scena a volte stare anche dentro, ma poco perchè allora non hai la visione dell'insieme. Debbo dire che scrivere è interessante, si crea un mondo che prima non c'è e poi prende forma. La scrittura è un luogo a divenire, sai quando inizi e non sai dove vai a finire".

Nei suoi lavori, nei suoi testi, cosa c'è della sua vita, da cosa nascono?
"Certamente nei miei testi c'è una componente autobiografica. Si scrive sempre per una mancanza, per me la reazione ad un momento critico mi porta ad elaborare testi. I miei lavori nascono da una idea, vengono fuori molti monologhi poi attraverso l'interazione con gli attori creo i dialoghi, le scene”.

Qualcuno continua ad affermare che il suo è un "teatro al femminile", cosa ci dice a proposito?
“Ho deciso di non rispondere più quando mi si parla di ‘teatro al femminile’ o ‘spettacolo al femminile’. La cosa infatti mi infastidisce dato che non amo ghettizzare".

Il linguaggio e lo stile delle sue opere…
"Quando scrivo sembro "posseduta" e passo da una lingua ad un altra (francese, spagnolo e italiano), in effetti sono trilingue, dato che sono stata dodici anni in Uruguay, dieci anni in Francia da piccolina, mio marito è francese, i miei figli sono bilingue, ho lavorato a teatro in Uruguay facendo tutto in spagnolo.  Nei miei testi c'è la sintesi almeno di tre lingue. Il mio stile è molto influenzato dagli echi dello spagnolo e del francese, che  poi ripulisco e passo per italianismi o neologismi".

Cosa deve succedere, secondo lei, al pubblico a teatro?
"A teatro deve tornare a succedere qualcosa. Gli spettatori devono tornare a commuoversi non per quello che succede in scena, ma perché quello che succede ti ricorda quello che è successo a te. Con i miei lavori io dico che quello che mi è successo potrebbe toccare o ha toccato anche te, quindi reagisci e sentiti vicino a noi".

La sua opinione sulla nuova drammaturgia, sul teatro, su critici e spettatori…
"La nuova drammaturgia credo stia riprendendo a raccontare storie, a coinvolgere il pubblico, con i critici la vita non è per nulla facile, non so mai come comportarmi. Il teatro è sicuramente complesso, rozzo, in giro ci sono pochi veri artisti e la gente che viene a teatro spesso è poco preparata, legge poco o nulla e quindi non conosce. E se non conosci non ti puoi cimentare in qualcosa".

Perchè e come è nato "La vita ferma - Sguardi sul dolore del ricordo”?
“Tutto è partito da una domanda di mia figlia -"Dove stà nonna?" - e da li si è innescato un meccanismo. Rispetto ai morti e volevo che ci si commuovesse e si ripiangesse perché i morti li abbiamo dimenticati. Non conosco più nessuno della mia generazione che vada al cimitero. Si è verificata una vera e propria rimozione culturale rispetto all'intrattenimento del rapporto col morto, che va intrattenuto. Esiste infatti  il più assoluto menefreghismo generico sull'argomento ed ecco che ho voluto reinserire il germe epidermico del legame con quella dimensione, con genitori, fratelli, zii, nonni, amici che non vediamo più ma che continuano ad abitare dentro di noi. “La Vita Ferma è dunque uno spazio mentale dove si inscena uno squarcio di vita di tre vivi qualunque (padre, madre, figlia), attraverso l’incidente e la perdita. E' un “dramma di pensiero in tre atti”, un testo che affronta la morte di un familiare e lo fa scandagliando le profondità della psiche e dell'inconscio. Ribadisco che, in questo testo come negli altri, leggo la vita attraverso i luoghi della mancanza".

Lucia Calamaro è drammaturga, regista e attrice. Nata a Roma, a tredici anni si trasferisce a Montevideo, seguendo il padre diplomatico. Laureata in Arte e Estetica alla Sorbona di Parigi, oltre all’insegnamento presso l’Universidad Catolica de Montevideo, ha preso parte come attrice e regista in molti spettacoli nella stessa città, e poi a Parigi e soprattutto a Roma, dove dagli inizi collabora ed è sostenuta dalla struttura indipendente Rialto Sant’ Ambrogio. Fonda l’associazione Malebolge nel 2003 e attraverso di essa dà corpo alla propria scrittura scenica, allestendo i seguenti spettacoli: nel 2003 “Medea, tracce, di Euripide” (adattamento e regia di Lucia Calamaro) e “Woyzeck” (adattamento e regia di Lucia Calamaro); “Guerra” (scritto e diretto da Lucia Calamaro), nel 2004; “Cattivi maestri” (scritto e diretto da Lucia Calamaro), 2005; “Tumore, uno spettacolo desolato” (scritto e diretto da Lucia Calamaro) nel 2006; “Magick, autobiografia della vergogna” (scritto e diretto da Lucia Calamaro) nell’ambito del progetto “giovani talenti del Teatro di Roma”, Teatro India, 2008. Nel 2011 ha iniziato un particolare percorso di scrittura e di produzione che l’ha portata a realizzare lo spettacolo “L’origine del mondo, ritratto di un interno” con cui ha vinto 3 premi UBU tra cui miglior nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica.
Nel 2012 esce il libro “Il ritorno della madre”, a cura di Renato Palazzi con Editoria e Spettacolo con i suoi tre testi migliori: “Tumore”, uno spettacolo desolato, “Magick”, autobiografia della vergogna e “L’Origine del mondo”, ritratto di un interno.
Nel 2014 ha debuttato a Roma, al Teatro India, il suo spettacolo “Diario del tempo, l’epopea quotidiana” prodotto dallo Stabile dell’Umbria e dal Teatro di Roma in collaborazione col Teatro Franco Parenti. Ultimo suo lavoro “La vita ferma - Sguardi sul dolore del ricordo”. Insegna drammaturgia alla scuola Civica Paolo Grassi di Milano dal 2014.