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All’improvviso un uomo smilzo, dalla fronte corrugata e dalle mani nervose, emerge dal buio. La prima immagine che ci sovviene in mente è quella di un dialogo all’interno di un confessionale, vista la presenza di una statuetta della Madonna a fianco dell’attore. Il piccolo altare laterale della Chiesa di San Vincenzo, ossia il Nuovo Teatro Sanità di Napoli, fa da cornice a questo spettacolo e avvicina ancor di più il pensiero all’immagine di un dialogo spirituale tra il protagonista e il suo Dio. Invece non parliamo di confessionale di una chiesa, ma di un viaggio a ritroso, da un presente immobile, quello di chi racconta, ad un passato velocissimo, sfilacciato, pieno di ricordi, di persone, di azioni, di parole. La

Calabria torna sul palcoscenico napoletano, il 4 dicembre, seguendo quella natura fortemente narrativa che caratterizza una larga fetta della nuova drammaturgia del Sud, in particolare anche quella calabrese. A raccontare la storia è l’attore Fabrizio Pugliese, a scrivere queste parole è Emilio Nigro, giovane critico teatrale calabrese ed autore di numerosi scritti narrativi e poetici. Ad ospitare questo racconto, con la regia di Fabrizio Saccomanno e dello stesso Pugliese,  è la rassegna parallela alla stagione del Nuovo Teatro Sanità, L’ALTARE DI S., che punta l’attenzione sulla drammaturgia emergente dell’Italia del Sud. Un uomo e la sua Madonna: secondo gli stilemi della cultura bizantina, le icone sacre diventano membro della famiglia con cui dialogare e confidarsi. Sin dai tempi più antichi, dunque, le regioni della Magna Grecia, Calabria compresa, non possono far a meno di conversare con i propri Santi. Il nostro protagonista, anonimo e atemporale, racconta la sua giovinezza, il rapporto con la madre e con la Chiesa, le cattive compagnie e, inevitabilmente, la sua offuscata intromissione nel mondo malavitoso, riportando in scena una Calabria retrograda e annerita dalla ’ndrangheta. Se da un lato la drammaturgia calabrese riempie la scena con lunghi e poetici racconti di un passato perduto, dall’altro si macchia spesso del peccato dell’ovvietà, tornando ripetutamente al racconto delle famiglie distrutte dalla mafia. Anche questa storia, dal titolo AVEMMARIA, è inevitabilmente segnata dalla presenza della malavita che, pur essendo fondamentale nella caratterizzazione del personaggio, rimane immagine labile e sfuggente ogni qual volta lo spettatore riesca ad identificarla. La collocazione geografica  emerge attraverso la lingua, ma in realtà l’atemporalità e l’anonimato del protagonista sembrano descrivere la storia di vita di un uomo qualunque. In fondo, questo racconto teatrale sembra non doverci insegnare nulla di nuovo, ma ci costringe ad ascoltare, fino alla fine, avvolti dalle immagini che emergono dal nostro inconscio, perché stimolate dalla magnifica interpretazione dell’ottimo Pugliese. Ogni singola parola è pesata, sussurrata, urlata, ogni singola ruga del viso sembra assorbire parole e donare emozioni, ogni singolo movimento di ogni mano, o delle dita, sembra essere studiato per caricare il racconto di tensione ed emozione. L’uomo dall’animo buono è risucchiato dalle cattive compagnie e, una volta “imprigionato”, alterna il racconto pacato alle confessioni personali rivolte alla Madonna, fino alle dichiarazioni di vendetta. Confessionale, manicomio, carcere? L’uomo buono sconta la pena voluta da altri, mentre una statuetta della Madonna diventa il suo alter ego, o forse quello della madre, con la quale è necessario dialogare per sopravvivere alla follia, al dolore, all’impotenza: unico sfogo e, naturalmente, escamotage per iniziare il racconto a ritroso da rivolgere al pubblico.

Foto di Vincenzo Antonucci

AVEMMARIA
Nuovo Teatro Sanità – Napoli
Rassegna “L’Altare di S.”
4 dicembre 2016
U.R.A. Teatro (Lecce)
Avemmaria
di Emilio Nigro
con Fabrizio Pugliese
regia di Fadrizio Saccomanno e Fabrizio Pugliese