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Un anno fa abbiamo incontrato Totò, ossia il giovanissimo attore Giuseppe Di Puppo, proprio a Taranto, durante il Festival StartUp del 2015. Quest’anno CINEMA PARADISO arriva al teatro NEST di San Giovanni a Teduccio (Na), in scena dal 3 al 4 dicembre, e Totò, sebbene il suo  giovanissimo interprete sia un po’ cresciuto, ritorna a raccontare la sua vita attraverso i personaggi di alcuni film. Ricordando il celebre prodotto cinematografico firmato da Tornatore, lo spettacolo sembra ispirarsi soprattutto alla magia del cinema, per riportare in scena la vita privata di un ragazzino, divenuto adulto tra mille difficoltà. Il filo conduttore è appunto l’assenza, rappresentata attraverso l’immagine di una

madre che sembra aver abbandonato il figlio, ma che forse non è mai esistita. Il piccolo Totò, infatti, la identifica nella figura di una stella del cinema d’altri tempi, sovrapponendo il suo volto a quello di grandi attrici come Audrey Hepburn o Marilyn Monroe. Nella sua totale assenza, la donna è sempre stata presente sullo schermo del cinema, luogo fisico ed immaginario in cui il bambino si rifugia. Il racconto nasce a ritroso, attraverso due piani temporali, che sono anche quelli scenografici: dietro un telo trasparente, metafora del tempo che divide la vita tra passato e presente, Totò adulto, interpretato da Salvatore Marci, ricorda la sua storia. Non possiamo parlare di un vero e proprio racconto, piuttosto di immagini oniriche che affiorano attraverso la fantasia del bambino: in effetti è proprio questo il punto di vista che si impone al pubblico, cioè l’osservazione fanciullesca e surreale che è necessaria per comprendere a fondo ciò che si presenta in scena. Lo spettacolo alterna momenti di grande fantasia – sono quelli più frequenti –, durante i quali i personaggi di alcuni dei più famosi film, prodotti tra gli anni ’70 e gli anni ’80, agiscono nella vita del piccolo Totò e riempiono le sue giornate, e momenti in cui l’immagine della madre si materializza attraverso il giallore della luce dei vecchi proiettori. La solitudine, dunque, emerge in scena attraverso l’affastellarsi, il sovrapporsi e il mescolarsi di personaggi, di colonne sonore ed immagini differenti, per poi manifestarsi nel suo dolore più profondo attraverso la figura della biondissima madre, eterea ed evocata, che cammina all’indietro sul proscenio. Simbolica ed irreale, questa figura femminile, interpretata da Palmiriana Sibilia, è rappresentata attraverso un’aura dorata ed un riverbero di luci che sottolineano la grande poesia ed eleganza di un personaggio assolutamente muto.
Lo spettacolo, in verità, non propone tematiche o ragionamenti complessi, ma descrive con grande semplicità e levità il dolore di una vita, l’alternarsi della gioia alla solitudine, la difficoltà della crescita, il rapporto con l’assenza. La regia e le scene di Michelangelo Campanale mirano, infatti, a rendere protagonisti la scena, l’immagine, il cinema, gli effetti di luce, la morbidezza della visione, ottenuta grazie ai tagli luministici, alla presenza del fumo, al telo trasparente che rende volontariamente non nitida la visione, ma ovattata, come appare, appunto, quella prodotta dai ricordi d’infanzia.
Lo spettacolo sembra attirare la curiosità degli spettatori giovani e giovanissimi, ma commuove il pubblico adulto ( e soprattutto quello straniero, come avvenne a Taranto nel 2015).
Si sceglie di rischiare, ponendo come protagonista di un intero spettacolo, che conta ormai molte repliche, un attore bambino che riporta in scena la sua parlata pugliese, le sue imperfezioni recitative, le sue improvvise dimenticanze e le sue geniali improvvisazioni. Il senso è proprio questo: la leggerezza di uno spettacolo del genere è gestita attraverso l’inesperienza, o la poca esperienza, di un giovane attore, nel quale il pubblico si immedesima, non solo per età ma soprattutto attraverso il ricordo personale. Il senso del gioco, infatti, è sempre presente, sia nell’interpretazione del giovane attore, sia nella costruzione del senso più profondo dell’intero racconto.
Per una volta sembra che i figli ritornino in scena, sia bambini che adulti, mentre i genitori sono invisibili, scomparsi e oscurati; eccezione questa, poiché la nuova drammaturgia del Sud si ostina, negli ultimi anni, a presentare, invece, le storie di padri che perdono i figli, metaforicamente o concretamente.

CINEMA PARADISO
Teatro NEST – San Giovanni a Teduccio ( Napoli)
3-4 dicembre 2016
Compagnia La Luna nel letto
Associazione culturale Tra il  dire e il fare
regia luci e scene Michelangelo Campanale
con Giuseppe Di Puppo,
Annarita De Michele,
Erica Di Carlo,
Paolo Gubello,
Daniele Lasorsa,
Leonard Lesage,
Salvatore Marci,
Maria Pascale,
Palmiriana Sibilia,
Luigi Tagliente
assistente alla regia Antonella Ruggiero
supervisione coreografica Aline Nari
cura del testo Katia Scarimbolo
tecnico luci Tea Primiterra
costumi Maria Pascale
video omaggio agli addii Mario Bianchi
video Ines Cattabriga, Michelangelo Campanale