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Prosegue la ricerca intorno al “Tragico” di Clemente Tafuri e David Beronio con questo nuovo testo da poco editato. È una ricerca che nel suo stesso evolversi si ispira ancora una volta, e direi inevitabilmente, alle riflessioni di Nietzche, e dire intorno al Tragico e non sul Tragico vuole indicare un percorso circolare che sfronda la ricerca stessa dei suoi residui “storicistici” per tentare una comprensione che è adesione immediata. In questo loro progetto Tafuri e Beronio hanno infatti individuato tre percorsi che si intersecano, si sovrappongono e reciprocamente si potenziano, quello teorico, di cui questo titolo è l’ultima espressione, quello del lavoro sull’attore come tramite, di cui il laboratorio Arabesco è il mezzo ed il frutto, ed infine quella dell’espressione artistica ed estetica di cui lo spettacolo omonimo è il veicolo itinerante ed in continua evoluzione-deformazione.
L’insieme di queste spinte va a costituire una sorta di percorso a ritroso che tenta di recuperare le radici di una identità oltre l’angoscia dell’esistere, oltre quell’esserci heideggeriano alla ricerca del perduto senso di sé. Questo il tragico, il tragico del principio di individuazione nel tempo e nella storia, cui si riferiva, secondo gli autori, l’antica massima di Anassimandro:
“Le cose fuori da cui è il nascimento alle cose che sono, peraltro, sono quelle verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo ciò che dev’essere: le cose che sono, difatti, subiscono l’una dall’altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia, secondo il decreto del Tempo”.
Un testo interessante segno di un lavoro che si sviluppa in profondità non solo nei suoi aspetti per così dire accademici, ma anche in quelli della relazione tra il territorio e una comunità di lavoro non chiusa in sé stessa ma attenta a ciò che può dare ovvero che deve ricevere da un contesto man mano più ampio.

Morte di Zarathustra
di Clemente Tafuri e David Beronio
Akropolis libri 2016
80 pagg. € 12,00

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