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La necessità di vedere il nuovo spettacolo della compagnia napoletana Punta Corsara è travolgente. Dopo “Hamlet Travestie”, che ha conquistato il pubblico partenopeo e quello di tutta Italia, dal 13 al 18 dicembre i ragazzi di Punta Corsara salgono sul palcoscenico del teatro Piccolo Bellini di Napoli con IO, MIA MOGLIE E IL MIRACOLO, spettacolo vincitore de “I Teatri del Sacro 2015”.  Gianni Vastarella scrive il testo, dirige la regia e interpreta il protagonista, il quale sembra, in effetti, cucito a pennello su di lui.
Surreale, così possiamo sicuramente definire l’intero spettacolo, a metà tra la commedia all’italiana, il noir, il giallo ed il fumetto.  Preponderanti sembrano i dialoghi: serrati, netti, ripetitivi e mono tono, a cui si aggiungono l’assurdità dello svolgimento, i personaggi macchiettistici e marionettistici, come pupazzi che ricordano il gioco infantile del

<< giochiamo a fare la mamma e il papà?>>. Inevitabile il collegamento con il Teatro dell’Assurdo e con la filmografia internazionale, come quella dei fratelli Coen ed il loro film “Non è un paese per vecchi”, senza dimenticare i naturalmente i thriller, il tutto condito dal grottesco e torbido atteggiamento dei personaggi protagonisti e di quelli di contorno, all’interno di un set nostrano che ricorda, a tratti, “Shining”.  Questo lungo excursus serve a sottolineare che questo spettacolo ci è piaciuto, e tanto, proprio perché racchiude gli elementi ottimali che dovrebbe contenere la scrittura di una drammaturgia accattivante, ironica ed allo stesso tempo profondamente seria: la scena completamente vuota da orpelli – oggetti e luoghi vengono, infatti, mimati e nominati -, l’intreccio narrativo che coinvolge un pubblico eterogeneo, un linguaggio chiaro, diretto ma non banale, una recitazione priva di barocchismi ma non arida, una tematica attualissima ma raccontata con ironia e perfidia, una colonna sonora importante ma mai prevaricante, sei ottimi attori che hanno scritto la storia di Punta Corsara, cioè Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella.
La storia di una famiglia, formata da marito, moglie ed una fantomatica bambina, comincia con la morte di lui: un uomo misterioso, definito il guaritore, riesce a resuscitarlo, compiendo il miracolo citato nel titolo. Dal buio affiorano le figure di questi personaggi che, improvvisamente illuminati da una luce bianca e accecante, ricordano i pupazzi dentro i loro scatoli, pronti ad essere posizionati per cominciare il gioco. Il racconto a ritroso di una morte simbolica, che è poi quella della famiglia, si materializza attraverso il suono dei rumori di una città, le urla di una giungla, vera o metropolitana, che rappresenta il trambusto della vita quotidiana ed il disfacimento di ogni legame affettivo. Ogni personaggio ama un oggetto, non una persona: il marito ama la lavatrice, il quarantenne svampito una stecca di lecca lecca, lo sceriffo la scarpa di una prostituta, e quest’ultima il denaro. Solo la madre ama la figlia, ma è talmente accecata dalla paura nei confronti del marito che non ama se stessa. Il tema della violenza in famiglia, ramificata, poi, nella violenza tra padre e figli, tra marito e moglie, e addirittura nella pedofilia, rappresentata da quel quarantenne mai cresciuto che vuole a tutti i costi che la bambina sia presente al suo compleanno, sono racchiusi all’interno di un testo così ironico e ben costruito da spiazzare il pubblico. Il risultato è l’immediata partecipazione degli spettatori con risate ed applausi a scena aperta. Il ritmo serrato dell’intero racconto, seppur diviso in quadri e vicende, accoglie il favore del pubblico che, inevitabilmente, vuole conoscere al più presto la conclusione della vicenda: la bambina è morta o è viva? Il padre racconta di una surreale scuola ad orario continuato che non permette alla figlia di rientrare a casa da ben tre settimane. Le storie si intrecciano e, a tratti, si sciolgono anche in maniera prevedibile, mostrando al pubblico una struttura drammaturgica di base sulla quale si poggia agevolmente l’attenzione degli spettatori. Ciò che, invece, sorprende e sconvolge è la consapevolezza delle mostruosità che avvengono in questa cittadina e, soprattutto, all’interno della casa perfetta, abitata dalla coppia perfetta. Lasciamo al pubblico il piacere di scoprire la verità e sottolineiamo, invece, la bravura di tutta la compagnia, soffermandoci su Valeria Pollice che, nella parte della madre e moglie, interpreta l’asfissiante vita quotidiana a cui è sottoposta dal marito. L’espressione, la voce, il movimento della spalla, il contorcersi, lo sguardo fisso, sembrano caratterizzare nel migliore dei modi un personaggio che, altrimenti, risulterebbe statico e noioso. Un plauso anche a Vincenzo Nemolato, che contiene in sé la tenerezza del quarantenne mai cresciuto, il torbido desiderio di avere la bambina e la furbizia nel comprendere gli eventi.
La tragedia dei figli che diventano invisibili in scena, lasciando sopravvivere i genitori aguzzini e manipolatori del futuro della prole, si ripresenta inesorabile, ancora una volta, all’interno della nuova drammaturgia meridionale, mentre il misterioso guaritore, l’estraneo e diverso, allontanato dalla comunità, osserva dall’esterno, commenta e diventa coscienza e pensiero di tutti.

IO, MIA MOGLIE E IL MIRACOLO
Piccolo Bellini – Napoli
13-18 dicembre 2016
di Gianni Vastarella
con Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella
regia Gianni Vastarella
uno spettacolo di Punta Corsara
produzione 369gradi
con il sostegno di NUOVOIMAIE
spettacolo vincitore del premio I Teatri del Sacro 2015