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Andate a vedere come si è combinato Paolo Triestino. Perché nei panni di Pierre Brochant è davvero irriconoscibile. Un editore che gioca a golf e si diverte alle spalle del prossimo, oppure un perfido burlone che di mestiere fa l'editore, poco cambia. Pierre è un uomo arido, senza passioni, e anche i libri rappresentano probabilmente una merce come un'altra, purché buona per far soldi e per rimorchiare sedicenti scrittrici. L'idea di mettere in scena La cena dei cretini, la commedia di Francis Veber da cui è stato tratto l'omonimo film che in Italia abbiamo visto nel 2000, è arrivata di notte, in un dormiveglia profetico in cui Nicola Pistoia gli si è presentato davanti nei panni di Fracois Pignon, il

cretino attorno al quale si snoda l'intera commedia.
L'ignaro protagonista di un gioco allo scherno che un gruppo di borghesucci incattiviti e abbrutiti ordisce sulla pelle di un povero diavolo, messo alla berlina a disputarsi la palma del più cretino di tutti. Facciamo a chi trova il cretino più cretino, organizziamo una cena e vediamo chi vince.
Due ruoli, Brochant e Pignon, che Paolo e Nicola si sono cuciti addosso con una regia di coppia serena e accordata, capace di gestire la caratterizzazione senza precipitare nella macchietta.
Che in questo caso è la sfida maggiore, visto che ci troviamo a fare i conti con una commedia semplice e già di per sé molto caratterizzata, rocambolesca nei colpi di scena, appoggiata su equivoci basici che corrono sul filo del telefono tra messaggi fraintesi, scambi di persona e irrimediabili gaffes che si susseguono a rotta di collo. Ma a una drammaturgia immediata che si offre a facili accomodamenti sulle sole battute, i nostri rispondono con maestria consumata e tempi perfetti.
E se Pignon come 'cretino' appare un fuoriclasse, Pistoia non lo è di meno nel rendergli giustizia, a modo suo, sempre sul filo tra stupore e distacco, fedele ai suoi umori lunari, che strappano la risata senza dare a vedere che la stava cercando. Tutt'uno con la passione per i modellini, genuina e totalizzante come quella di un ragazzino, Pignon- Pistoia non dubita mai che la sua Tour Eiffel, il suo Cavallo di Troia o il suo Ponte di Brooklin realizzato con i fiammiferi, possano non essere il passatempo preferito di ogni essere umano.
E per questo accanto alla risata suscita anche un gran tenerezza, che trionfa alla fine quando si compie la nemesi, che arriva con in pugno un po' di suggerimenti anche per Brochant.
Ma si era affacciata fin dall'inizio, sorprendendolo con un colpo della strega che aveva mandato all'aria la cena e non solo, visto che anche la moglie, dissociata da sempre, lo pianta in asso con un messaggio sulla segreteria telefonica.
Triestino, con una parrucca che gli toglie di dosso una decina di anni, in tenuta da golf con braghe a quadretti, si diverte a bastonare questo uomo da poco, privo di scrupoli e di profondità, che combatte la noia di chi non ha nulla più da desiderare deridendo i sogni degli altri.
Accanto una compagnia ben sortita e temprata che vede due sodali come Loredana Piedimonte nel ruolo della moglie Christine, sobria e charmante, animata da scrupoli che Pierre nemmeno suppone e Ciro Scalera, un minaccioso aguzzino che ha denunciato anche la madre ma che si troverà beffato dal suo stesso cinismo, e due new entry come Giorgio Gobbi, l'amico del cuore a cui è dato mediare e lasciare da parte vecchi rancori e Silvia Degrandi, l'amante di Pierre, alternativa e un po' hippy, perfettamente vestita da Lucrezia Farinella, che ha disegnato i costumi, opportuni e attenti ai caratteri e alle situazioni. Le scene sono di Giulia Romolini e raccontano con pochi segni significativi di ostentazione e opulenza. La traduzione è quella canonica di Filippo Ottoni, con qualche battuta nuova nata in sede di prove e poi mantenuta e l'ambientazione è francese con deroghe ammiccanti che fanno sorridere e un Brunel de Montalsen in pole position.

LA CENA DEI CRETINI
di Francis Veber
Regia Nicola Pistoia e Paolo Triestino
entrambi in scena con
Loredana Piedimonte, Giorgio Gobbi, Ciro Scalera, Silvia Degrandi
al Teatro Ghione fino all'8 gennaio 2017