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Da atra bile ...ad atrabile, il passo è breve dal latino atra bilis «bile nera», dal greco malinconia.  Nella medicina ippocratica, atrabile vuol dire bile nera, umor nero, uno dei quattro umori dell’uomo. Infatti tutti i personaggi di questa originale pièce, sono affetti da umori neri, malinconie, disequilibri. Tre sorelle (Nazaria, Daria e Aurorita) e una serva (Ulpiana), in una grande casa di campagna, vegliano la salma di un uomo e vegliano sul loro destino di donne sempre in balia degli uomini. Le donne sono molto vecchie e da anni sono obbligate a convivere nella “casa grande” dove, quando erano giovani, si è inserito un bell’uomo, un ufficiale di marina, ne ha sposato una e ha sconvolto l’equilibrio della casa. Naturalmente tutte le sorelle si sono innamorate del bel giovanotto e lui ha approfittato della situazione. Daria, ha covato un sordo rancore nei confronti di Nazaria che non solo ha

sposato il bell’uomo, ma ha anche ereditato tutti i possedimenti, poiché la madre ha lasciato tutto a lei, anche se non era la maggiore. Aurorita, la piccola, un po’ demente, un po’ furbetta, sa trarre vantaggio dalla sua condizione. La serva, come nelle migliori tradizioni sceniche, prova un’invidia mal celata per le tre sorelle. In scena tre sedie e una bara senza coperchio. Le tre sedie sono diverse: una sedia a dondolo per la sorella un po’ demente, una sedia patronale per la sorella ricca e una sedia un po’ scalcinata per la sorella più sfortunata. Le sedie simbolo di una condizione dell’animo ma anche di una condizione sociale. La bara non ha coperchio, solo un velo la ricopre e anche quando è il momento di chiuderla definitivamente, tutto sarà solo finzione nella finzione, perché? Perché certi uomini, prepotenti, violenti, arroganti che usano le donne come fossero oggetti, non muoiono mai. Il morto è personaggio muto in scena, parla attraverso i racconti delle donne, le ha avute tutte ma non ne ha mai amato nessuna. Il testo ambientato in Spagna potrebbe benissimo rifarsi a una nostra realtà sociale non tanto lontana. La lunga notte di veglia svela veleni e intrighi ma ...Non è successo niente. Salvare la facciata e l’onorabilità a tutti i costi, questo veramente conta. Il morto ha una propria vita, anche nella morte ringiovanisce attraversando, a ritroso, le diverse età della sua vita fino ad arrivare alla sua splendida giovinezza. La regia di Tiziana Bergamaschi, punta sulla parola scenica tagliente ironica e veloce di Laila Ripoll (Madrid 1964) La traduzione di Barbara Foresti sa ricondurre al nostro mondo, tutti i giochi di parole contenuti nel testo. La scena è essenziale, basata sul corpo delle interpreti e giochi di luci. Tiziana Bergamaschi conduce il pubblico in una visione scenica spiazzante, illusoria, che osserva le cose da un punto di vista magico. Riporta nel teatro contemporaneo tanta gestualità irriverente e comica della commedia dell’arte e lo arricchisce di un punto di vista tutto femminile, sa cogliere i diversi aspetti di ogni momento narrato: il dolce e l’amaro il pianto e il riso. Le quattro attrici Valentina Ferrari, Marisa Miritello, Elisabetta Torlasco, Greta Zamparini, ottime interpreti di questo mondo fermo nel tempo, indicatori di vite in salita... Tutte accompagnano con gesti e voci ben impostate questo quadro scenico articolato, laboratorio di anime perse, dove ognuno di noi può riconoscere un suo pezzetto di vita.

Milano, Teatro Libero, 9 gennaio 2017