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“Luca Ronconi, alla sua quinta e più matura regia, pur disponendo di un mattatore come Vittorio Gassman, ha capovolto le tradizioni interpretative del Riccardo III che vogliono la tragedia incentrata su un unico protagonista …”.
Ma voi ve la immaginate la quinta regia di Luca Ronconi? E le quattro precedenti, un po' meno mature?
Mi sono imbattuta in queste righe aprendo a caso Ronconi secondo Quadri, il volume di Ubu dedicato a due mostri sacri della storia più prossima del nostro teatro e al loro rapporto. Il regista e il critico, divisi e uniti da amicizia, stima, consenso e dissenso, ammirazione reciproca.
Fa un certo effetto leggere oggi recensioni di spettacoli di mezzo secolo fa, come questa, uscita su Panorama e datata precisamente 18 febbraio 1968.
Fa effetto pensare agli albori di Luca Ronconi, oggi, che il suo teatro, unico e inimitabile, ha segnato in modo irreversibile il nostro modo di intendere e percepire la scena, la parola, gli spazi.
Bene, questo libro di 215 pagine, corredato di immagini, in realtà non molte, curato da Leonardo Mello e introdotto da Maria Grazia Gregori, che è stata amica di entrambi, ci permette di compiere un viaggio a ritroso, dal teatro ufficiale, fortemente identificato, al teatro nato come fucina, con i primi esperimenti nel Laboratorio di Prato.
E ci permette di farlo con gli occhi di un critico che seguiva grande parte della loro gestazione, non senza scrupoli e senza porsi domande sull'opportunità o meno di contaminarsi.
Vale la pena citare qualche riga nel merito, riportata nel saggio introduttivo di Mello: “ … ho pensato a lungo che il modo migliore di fare critica come io la intendo, cioè cercando di approfondire il più possibile l'intenzione registica per meglio poterne dare conto, verificandone la riuscita, sia quello di poter seguire, in modo diretto, il procedimento creativo, cioè assistere allo svolgersi delle prove”. Ma subito dopo avanza due riserve: la prima riguarda i 'favoritismi' inevitabili che dipendono dal potere seguire le prove di un numero limitato di spettacoli; la seconda il coinvolgimento del critico e la mancanza di un distacco sufficiente a garantire l'obiettività del giudizio.
“Inoltre – si domanda- è giusto porsi in una posizione di vantaggio rispetto agli altri spettatori, per un critico?”
Qualunque sia la risposta, ammesso che a una risposta si possa pervenire, resta il fatto che il lavoro di entrambi si è giovato di innumerevoli momenti di incontro e condivisione, cercandosi reciprocamente e chiamandosi l'un l'altro dentro progetti comuni, a cominciare dal convegno di Ivrea del 1967, organizzato da Quadri, che li vide firmatari del Manifesto per un nuovo teatro; la Biennale di Venezia all'inizio degli anni Settanta, in cui Ronconi in qualità di direttore scelse Quadri come consulente, fino alla citata avventura di Prato, testimoniata da Quadri nel volume di Ubu, Il laboratorio di Prato, appunto.
Entrare nel merito delle singole recensioni non è proprio possibile, ma accostarsi a questo libro è come iniziare un percorso museale lungo quasi mezzo secolo, dal 1967 al 2010, insieme a una guida che racconta di un teatro come non si fa più, immaginando o rivivendo spettacoli storici, con compagnie come eserciti, gli spazi reinventati e le scenografie semoventi, e a volte la sensazione è di essere per un attimo, un attimo solo, catapultati dentro. Siamo noi a scegliere da dove partire, quale direzione seguire, se andare per ordine e girovagare tra una 'stanza' e l'altra alla ricerca di vecchi ricordi o nuove emozioni.
Per chi ha amato il teatro di Luca Ronconi è una testimonianza davvero preziosa.

Ronconi secondo Quadri
a cura di Leonardo Mello
Introduzione di Maria Grazie Gregori
Ubulibri 2016
215 pagg. € 18,00

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