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Nebbia: così ci accoglie la Venezia del Cinquecento, tra le calli fumose e odorose, rumorose e prolifiche. Nebbia: così inizia il racconto, la narrazione, la drammatizzazione di una vita, romanzo misterioso e ancestrale. Nebbia: fumo oscuro del tempo passato che è lontano dal nostro presente e, ancor di più, ci allontana dal futuro. Nebbia: essa si dirada grazie alla conoscenza, perché nebbiosa è la mente umana che non conosce e, soprattutto, che non vede chiaramente. Il mistero si infittisce, il protagonista è Giorgione. La compagnia veneta ANAGOOR riporta sul palcoscenico i pochi granelli conosciuti della vita del pittore veneto che, nel Cinquecento, in pieno Rinascimento, rivestì le sue opere di un equilibrio apparente, nascondendone la natura misteriosa. Poche le opere conosciute, perché poche sono quelle esistenti; molte affondano le loro radici sui panorami di

Castelfranco Veneto, luogo di origine del pittore, zone descritte dal Giorgione attraverso quella ormai famosa prospettiva cromatica di matrice leonardesca.
Sette le meditazioni, sette le opere analizzate: i ritratti, la Pala di Castelfranco, Giuditta con la testa di Oloferne, la Venere di Dresda, la Tempesta, I tre filosofi, il fregio delle Arti Liberali.
Perché Giorgione? La scelta di questa compagnia è davvero finalizzata al racconto della vita e della poetica dell’artista veneto?
Lo spettacolo è costruito prima sulla parola, e poi sull’immagine: il racconto, riportato in scena dal narratore-attore-interprete Marco Menegoni, si apre lentamente, attraverso le parole degli autori dell’epoca, dei cronisti, degli artisti, dei trattatisti, e attraverso la stessa drammaturgia, firmata e tessuta da Laura Curino, Simone Derai e Maria Grazia Tonon. La contestualizzazione è fondamentale, perchè il pubblico viene via via “indottrinato”, attraverso un’attenta e scientificamente coerente descrizione del Cinquecento veneziano, storicamente e artisticamente influenzato dall’avvento di eventi storico-cutlurali che condurranno Venezia verso la grande, e diciamolo fortunosa, battaglia di Lepanto, accanto alla Chiesa, fautrice della Controriforma. La cittadina di Castelfranco dà i natali all’artista in questione, giovane e proiettato verso il futuro, in un’ottica apocalittica che non è distruttiva, bensì pregna della sua caratteristica fondamentale, ossia l’ignoto. Ecco il senso dell’intero spettacolo: l’attenta osservazione dell’uomo del suo tempo e del mistero del futuro. Del resto, l’espressione più ampia di questa ottica, forse ancora inconsapevole riguardo all’angosciosa repressione cattolica di fronte allo spauracchio protestante e turco-ottomano, si trasforma in consapevolezza di ciò che avverrà, nonostante tutto, cioè l’esistenza di un’umanità ibrida e, per questo motivo, ancor più catastrofica. Se i dipinti di Giorgione cominceranno ad allontanarsi dall’utilizzo del contorno e del disegno, i suoi volti ed i chiaroscuri guarderanno già ad un Barocco sconosciuto, nonostante il Rinascimento sia ancora in fieri.  
I prodotti artistici della compagnia Anagoor sono costruiti su una solida ricerca, in primo luogo  storica, poi letteraria ed infine artistica. Il teatro e la drammaturgia diventano macro contenitori di un sapere che non può essere considerato attraverso “compartimenti stagni”, ma che è necessario sfilacciare ed intrecciare ripetutamente, per creare la trama di un discorso a maglie strette ed inestricabili.
Questa compagnia ha compreso il vero concetto di “classico”, recuperando le grandi opere, scrittorie e visive, ed i loro grandi autori, utilizzandoli come mezzi per comprendere meglio il nostro presente. Le opere di Giorgione, dalla Madonna in trono della Pala di Castelforte, commissionata da Tuzio Costanzo per ricordare il giovane e bellissimo figlio morto in battaglia, alla Venere dormiente, commissionata da Girolamo Marcello in occasione delle nozze, simbolo di sensualità procreatrice, ai Tre Filosofi, detti anche tre magi, in realtà simbolo delle tre religioni più importanti, immagine da cui nasce il mistero del giovinetto, colui che probabilmente non rappresenta la religione cristiana ma forse l’Anticristo, fino al Fregio delle Arti Liberali, lasciato volutamente incompiuto nell’ultimo cartiglio dipinto, sono tutte opere che contengono una costante allegoria del futuro. L’uomo costruisce, attraverso la sua sapienza, l’immagine del domani a cui anela continuamente e che continuamente combatte, ma che in realtà è sconosciuta a tutti. Ecco perché la compagnia sceglie di inserire, improvvisamente, all’interno dei due video-quadri, che proiettano le opere dell’artista veneto, anche le immagini dell’attentato alle Torri Gemelle, stimolando nel pubblico una reazione inaspettata e riportando davanti agli occhi quel futuro tanto misterioso, materializzato in una contemporaneità disperata. Questo, dunque, l’obiettivo di uno spettacolo che parte dal Giorgione conosciuto sui banchi di scuola, e poi all’università, per arrivare a quell’apocalisse che affascinava gli antichi, e lo stesso artista, e di cui essi avevano già sentore.
La drammaturgia di RIVELAZIONI, in scena a Napoli presso l’ex Asilo Filiangieri, in una sola data-evento (21 febbraio), diventa un tappeto narrativo su cui vengono tessuti ed uniti i testi-fonte, da cui sono tratte le notizie, poche in verità, sull’artista: G. Vasari, “Vite de più eccellenti pittori, scultori et architetti”,1568 ( <<Avendo veduto Giorgione alcune cose di mano di Leonardo molto fumeggiate e cacciate, come s'è detto, terribilmente di scuro: e questa maniera gli piacque tanto che, mentre visse, sempre andò dietro a quella, e nel colorito a olio la imitò grandemente>>; R. Borghini,”Il Riposo”, 1584 (<<Nel medesimo tempo che Firenze per l'opera di Lionardo s'acquistava fama, Vinegia parimenti per l'eccellenza di Giorgione da Castelfranco nel Trevigiano faceva risuonare il suo nome>>); G. D'Annunzio, “Il fuoco”, 1898 (<<Egli appare piuttosto come un mito che come un uomo. Nessun destino di poeta è comparabile al suo, in terra. Tutto, o quasi, di lui s'ignora; e taluno non gli riconosce alcuna opera certa. Pure, tutta l'arte veneziana sembra infiammata dalla sua rivelazione>>).
In scena sono presenti due microfoni, protagonisti di un racconto diviso tra sequenze propriamente narrative e sequenze dialogiche, quest’ultime probabilmente inventate e rese  attraverso effetti sonori applicati al secondo microfono. Unico attore/narratore in scena, Menegoni stimola negli spettatori tutti i sensi, anche l’odore, attraverso il racconto pacato, puntigliosamente arricchito di particolari, estremamente incoraggiante anche nei momenti più didascalici, utile, dunque, anche ad un pubblico che non coglie le citazioni letterarie o artistiche.
Inquietante la modalità descrittiva della sifilide, il nuovo male del secolo, la cui nomenclatura, scientifica e non, viene “sgranata” dall’attore come in un rosario apocalittico e dantesco. Proprio Dante è citato con l’ultimo verso del Paradiso <<L'amor che move il sole e l'altre stelle >>, fino al bellissimo pianto della Madonna di Jacopone da Todi, dato in prestito al doloroso Tuzio Costanzo per la morte dell’amato figlio, riportato in scena attraverso i versi tratti dalla laude “Donna de Paradiso”, dialogo della disperazione della Madonna nel momento della crocifissione di Cristo:
<<Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio,
figlio, e a ccui m’apiglio?
Figlio, pur m’ài lassato!>> .
La ricchezza e la potenza delle opere della compagnia ANAGOOR assorbono dal passato per ricostruire un presente che gli antichi osservavano già. La grande eleganza di questo prodotto artistico contrasta con l’inquietudine del messaggio: oggi non osserviamo più il nostro futuro e ci ritroviamo improvvisamente sopraffatti da un presente che gli antichi avevano già sbirciato costantemente, proprio durante il Rinascimento, secolo sviluppatosi all’indomani di due grandi eventi storici, cioè la scoperta dell’America e la Riforma Protestante. La costante osservazione del misterioso futuro è, dunque, sintomo di sconvolgimento storico, di perdita di punti di riferimento, ha bisogno di simboli ed allegorie per essere descritta. E adesso che quel futuro è arrivato, cosa accadrà? Basteranno sette meditazioni? Sette, come il numero dei sigilli del rotolo di Dio, rivelato davanti ai quattro cavalieri dell’Apocalisse, come le sette trombe dell’Apocalisse, come le sette piaghe.

RIVELAZIONE – SETTE MEDITAZIONI INTORNO A GIORGIONE
Ex Asilo Filangieri Napoli
21 febbraio 2017
RIVELAZIONE
sette meditazioni intorno a Giorgione
con Marco Menegoni
drammaturgia Laura Curino, Simone Derai, Maria Grazia Tonon
video Simone Derai, Moreno Callegari
regia di Simone Derai
produzione Anagoor
coproduzione Operaestate Festival