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Era il 1968 e Dino Buzzati dava alle stampe la fortunata raccolta “La boutique del mistero”, una carrellata dei suoi racconti più famosi e non solo. Giulio Costa, autore del testo e regista, ha immaginato di portare a teatro una rilettura del Buzzati dei racconti attraverso questo spettacolo omonimo (in scena presso campo Teatrale di via Cambiasi 10 a Milano il 22 e 23 marzo 2017). Si tratta di una sfida non da poco: portare in scena un autore così poco teatrale e per di più attraverso una panoramica della sua produzione in forma di racconto. Il punto di partenza è stata l’individuazione dei temi nodali da sviluppare, ma a ben vedere anche questa operazione non è affatto scontata, dal momento che Buzzati è

uno degli autori più complessi e aggrovigliati del panorama novecentesco italiano. «Inizialmente, se qualcuno mi avesse chiesto quali erano, a mio parere, i temi trattati nei racconti di Buzzati, avrei senz’altro parlato di paura, angoscia, malattia, società in declino, sogni e incubi – scrive Costa -. Dopo questa carrellata di racconti dal vivo, invece, il mio sguardo si è posato sulla vita quotidiana, o meglio, su una vita archetipica: ai miei occhi, infatti, sul palcoscenico si rivelava costantemente la fisionomia di una famiglia chiusa dentro le pareti domestiche (d’altra parte, Buzzati stesso definiva casa sua il suo ‘mondo poetico’)». Con questa chiave di lettura, attorno ai due racconti “Il colombre” e “I sette piani” che fungono da filo rosso, si costruisce lo spettacolo inglobando riferimenti a molti altri testi.
Ne nasce una creatura teatrale variegata. Il testo è di stratificata decifrazione, una rete di rimandi ai racconti di Buzzati ma anche un complesso che si autosostiene fuori da questa referenza continua. Più rilevante la tecnica di recitazione richiesta agli attori, continuamente in bilico tra linguaggi diversi. Il mimo, il teatro di parola e il teatro astratto, la lettura di scena e il sogno allusivo, c’è di tutto e di gran qualità. Woody Neri, Alice Conti, Maura Pettorruso e Stefano Pietro Detassis, tutti under 35, sanno alternare naturalezza con slanci ispirati. Tutto pare fluire piuttosto spontaneamente, come punto di arrivo di un percorso che prima di essere di recitazione è di avvicinamento a un mondo di valori e tensioni interne, quello di Buzzati e di un’intera generazione.

Foto Francesca Padovan