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‘Ready or not’ di Naylah Ahmed allo Studio2 del teatro Arcola nel quartiere di Dalston è la storia di una donna che cerca di sopravvivere nell’era della ‘post-verità’. In scena un ragazzo in tunica islamica è legato ad una sedia, privo di sensi mentre sulla poltrona del proprio salotto, Pat (Joan Blackham), un’insegnante in pensione, segue al telegiornale la notizia dell’ennesimo atto di terrorismo e tiene vicina una mazza da cricket. Pat ha preso in ostaggio Yusuf (Adam Karim) che stava chiedendo di firmare una petizione contro i droni da combattimento in Siria. Il giovane riprende i sensi, impaurito, spaesato, chiede il perché del suo sequestro, rivelandosi del tutto innocuo ma coerente nel suo attivismo politico a favore della non violenza. Mentre perlustra il contenuto innocuo dello zaino di Yusuf, Pat deride il suo pensiero sociale e le sue abitudini religiose, gli offre una zuppa di carne non halal e quando lui si rifiuta, gliela versa sul capo. Pentita, gli lava la testa con una bacinella d’acqua, in cui poi tenta di annegarlo, provocandogli un attacco d’asma per cui si affretta a cercare spaventata l’inatalatore nello zaino. Tutti i suoi tentativi di fare del male a questo ragazzo poco più che ventenne falliscono miseramente. La ragione di questo sequestro è proiettata sullo sfondo della scenografia: frammenti di lettere narrate dalla voce di un ragazzo scorrono nella memoria di Pat. Suo figlio Jack, si è suicidato durante una missione in Afghanistan. La paranoia, comune all'uomo contemporaneo, i suoi sensi di colpa per un rapporto mai facile con Jack, hanno spinto Pat a vendicarsi da sola. Nel frattempo, il telefono continua a squillare ma Pat nn risponde: è la ragazza di suo figlio che continua a cercarla per ricordarle del funerale. Dopo innumerevoli tentativi di contattarla al telefono, Holly (Natasha Rickman) decide di presentarsi a casa. Pat nasconde Yusuf nello scantinato prima di aprire la porta ad Holly ed informarla che non andrà al funerale perché si rifiuta di rendere omaggio ad una bara vuota. La sua immaginazione, influenzata dagli orrori raccontati da soldati con cui comunica online, la angosciano con pensieri del corpo di suo figlio fatto trofeo di battaglia dal nemico. Holly scopre che Pat ha bruciato tutte le lettere di Jack tranne una, la piú significativa, quella in cui Jack confessa di aver sparato a freddo ad una donna afgana. Entrambe sono convinte che il rapporto difficoltoso con la madre abbia spinto Jack a quest’atto folle e che per questo motivo si sia suicidato. Holly vuole riportarlo alla polizia, Pat vuole bruciare la lettera cancellando ogni possibile accusa. Rumori provenienti dallo scantinato rivelano presto la presenza di Yusuf che prega di essere liberato. Holly, scioccata dalla follia di Pat nel sequestrare un innocente, libera Yusuf che attacca le donne legandole alla sedia. Tutto il suo pacifismo è stato vinto dalla rabbia per l’ipocrisia e i pregiudizi di Pat mentre con arroganza difende suo figlio omicida. Il terrore della povera Holly ricorda però a Yusuf che anche lui era nella stessa posizione poco prima e lo spinge a ritornare in sé. Ma proprio quando Yusuf decide di liberarle, viene sorpreso e ammazzato da uno sparo della polizia allertata dai sospetti dei vicini. Lo spettacolo si chiude con la notizia radio dell’uccisione di un estremista islamico che aveva tenuto ostaggio due donne per un’intera giornata, forse torturandole.
La struttura del testo è impeccabile: i due filoni narrativi del sequestro di Yusuf e del rapporto tra Pat e Holly, si intrecciano ai temi di paranoia, sensi di colpa, perdita, amore, ipocrisia, pregiudizi e moralità. I colpi di scena danno svolta alla storia con regolarità mantenendo alta l’attenzione e la tensione. Inoltre, il dramma domestico e il tono umano e a tratti comico dei dialoghi rendono il dibattito sul terrorismo e la paranoia molto accessibile e mai banale o prevedibile. L’ autrice Naylah Ahmed, che nel 2008 ha vinto il premio Bruntwood per la drammaturgia e da allora scrive per radio, teatro e televisione, riesce a creare uno spettacolo paradossalmente leggero dai temi scottanti e attuali. È sempre un piacere scoprire queste piccole gemme in sale secondarie di teatri meno centrali. Questo spettacolo, realizzato dalla compagnia Kalí che sostiene e propone storie di autrici dell’Asia meridionale da oltre venticinque anni, è in scena fino al 29 aprile allo studio 2 dell’Arcola Theatre e parte di una tourneé nazionale.
‘Ready or not’ di Naylah Ahmed per la regia di Helena Bell con Joan Blackman (Pat) Adam Karim (Yusuf) e Natasha Rickman (Holly) visto il 12 aprile. Per maggiori informazioni www.arcolatheatre.com/event/ready-or-not/
www.kalitheatre.co.uk