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Il ritorno a Lecce, dopo due anni, scatena un’emozione fortissima, soprattutto quando si ha la possibilità di vivere, per un intero weekend, all’interno dei Cantieri Teatrali Koreja. Visitati nel 2014 in occasione dell’incontro con Eugenio Barba, questi luoghi di produzione teatrale e culturale rappresentano un costante motivo di incontro tra Napoli, la Puglia, il Sud Italia e, come vedremo, tutto il Mediterraneo: inseguire le produzioni Koreja, in scena in tutta Italia, diventa monito culturale ed artistico di grande importanza che ci accompagna da tempo.  Dal 7 al 13 settembre ritroviamo numerosi  eventi che si susseguono in terra pugliese, tra Aradeo e Lecce, fondendo due prodotti preziosi, cresciuti nel corso degli ultimi anni, ossia TEATRO DEI LUOGHI e FINETERRA, per dar vita al Festival dal titolo ALLE RADICI DEI GESTI. Ciò che attira immediatamente è il riferimento al teatro

e alle arti, elementi attorno ai quali si muovono differenti linguaggi internazionali: il Festival prevede, infatti, una natura itinerante, che ha visto la presenza di autori provenienti da meravigliosi e difficili luoghi del Mediterraneo, compreso il Medio Oriente. Parliamo dell’autrice palestinese Adania Shibli, di Alì Bader dall’Iraq, di Mohamed Moksidi dal Marocco, scrittori che hanno vissuto il Salento per alcuni mesi, che si sono confrontati con la popolazione, che hanno osservato i luoghi in cui sono approdati, riportando inevitabilmente alla mente quelli di origine, ma soprattutto che hanno prodotto scrittura, in lingua madre, in traduzione italiana, con influssi leccesi e del Meridione tutto.
Il Festival, dunque, non è prevalentemente teatrale, ma coniuga e mescola nelle varie giornate la musica, salentina e mediterranea, la danza, all’interno di KOREO-PROJECT/UNI-TANZ LECCE, la scrittura e la fotografia. Le giornate si svolgono tra Aradeo, luogo dell’anteprima che risale al 29 luglio, ma soprattutto tra le meraviglie del centro storico di Lecce, l’ex Convitto Palmieri e i Cantieri Teatrali Koreja, luogo, quest’ultimo, in cui gli operatori del settore, ospiti a Lecce, si incontrano per pranzare e cenare insieme, o per chiacchierare nel suggestivo foyer, mentre gli astisti provano nel teatro, o i musicisti nelle sale prova.
Optando per un’osservazione prettamente teatrale, senza tralasciare, però, l’importante progetto di scrittura che prevede la produzione di romanzi, la traduzione e gli incontri con gli autori, condotti da Monica Ruocco, docente di Lingua e Letteratura Araba presso l’Università “L’Orientale” di Napoli, durante il weekend leccese abbiamo avuto modo di assistere a due spettacoli, ad una lettura teatralizzata e ad un allestimento coreografico, quest’ultimo frutto di un seminario teorico e pratico di movimento ritmico, condotto a Lecce, dal 3 all’8 settembre, dalla scuola di Movimento Ritmico Mòra di Cesena e diretto da Claudia Castellucci, produzione Societas. Tanti i nomi noti che emergono all’interno del programma di queste lunghe giornate, da quello di Michele Santeramo a quello della compagnia Teatro delle Ariette, senza dimenticare le produzioni dei Cantieri Teatrali Koreja. Il nostro soggiorno leccese ci riserva una prima accoglienza presso la biblioteca dell’Ex Convitto Palmieri, luogo suggestivo in cui Maria Grazia Mandruzzato propone una lettura intensa de I SILLABARI di Goffredo Parise. Non è semplice coinvolgere un pubblico eterogeno, compresi alcuni bambini presenti durante la serata leccese dell’8 settembre; l’attrice e profonda interprete riesce in una lettura attenta, elegantissima, intensa, proponendo i brevi racconti di Parise. Questi testi riversano dolcemente le immagini malinconiche di luoghi e di figure nelle menti degli spettatori/ascoltatori, attraverso una bellissima e poetica narrazione che scandisce il colore di ogni singola parola e che rivolge l’attenzione, grazie all’esperienza della Mandruzzato, attenta conoscitrice della letteratura veneta, su ogni singola sillaba, giocando sulle sonorità e sull’intensità di ogni vocabolo, affinché esso si materializzi nella mente dello spettatore. Questa attenta lettura fa sì che le immagini, quasi olograficamente, si presentino davanti agli occhi dello spettatore, facendo sprofondare la sala della biblioteca in un dolce silenzio, luogo rischiarato solo dai bagliori di un temporale in arrivo che illumina i finestroni antichi e attraversato dalla voce calda dell’attrice.
Pioggia, dunque, anche durante l’allestimento di VERSO LA SPECIE, nel cortile dello stesso Ex Convitto Palmieri: il pubblico vive il cambiamento dall’ovattata condizione della Biblioteca, per passare, poi, subito dopo, all’aperto, sotto un cielo plumbeo e piovoso, “osservando” la musica. I corpi, infatti, vengono realmente bombardati dalla musica: il progetto di Claudia Castellucci propone <<una deambulazione corale costruita su alcuni canoni ispirati alla metrica della poesia arcaica greca e al movimento dei cavalli>>. Lavoro, dunque, che lega ai danzatori professionisti anche i partecipanti al seminario di movimento ritmico, suscitando grande inquietudine e stupore nel pubblico. Le pareti chiare del chiostro dell’Ex Convitto si scontrano con i costumi neri dei danzatori e performer, che entrano in scena con cappucci che oscurano i volti. Ottima coordinazione e visione d’insieme che non prescinde l’osservazione del singolo danzatore, per poi tornare all’osservazione corale, in un’alternanza di particolare e generale che vive attraverso un flusso ininterrotto di stimoli sonori e visivi.
La presenza presso i Cantieri Teatrali Koreja è proficua: artisti, organizzatori, critici teatrali, autori internazionali. Sedere allo stesso tavolo e conversare è fondamentale, soprattutto quando chi lavora all’interno dei Cantieri – a tal proposito impossibile non nominare Paola Pepe, prezioso addetto stampa – descrive progetti, fatiche, grandiosità con dovizia di particolari. Scopriamo, infatti, la presenza di un ricco archivio all’interno della struttura dei Cantieri, che raccoglie non solo documentazione amministrativa, ma soprattutto locandine, descrizioni delle produzioni e i libretti con i copioni di alcuni spettacoli. La drammaturgia prodotta a Koreja, infatti, è stata riportata in parte su carta, lasciando traccia di copioni, di personaggi e allestimenti, oltre alla raccolta di alcuni video. Il patrimonio archivistico di Koreja ha una datazione che parte dagli anni ’80 e che si arricchirà sempre di più, incuriosendo studiosi e appassionati. A tal proposito emerge l’idea di progetti di traduzioni di testi, di una casa editrice a marchio “Koreja”, ed è entusiasmante il confronto tra le nostre idee, i percorsi esistenti e le possibilità future.
Anche la giornata del 9 settembre si articola tra bellezze architettoniche, incontri con gli autori del Mediterraneo e soprattutto spettacoli. In scena una produzione Koreja al suo debutto, avvenuto alcuni giorni prima al Festival Castel dei Mondi di Andria: parliamo di GUL-UNO SPARO NEL BUIO, coproduzione Naprawski, spettacolo voluto fortemente da Gemma Carbone, che ne è anche l’interprete.  Gul è la parola svedese che indica il giallo: questo il genere riportato in scena, ancora una volta presso il chiostro dell’ex Convitto Palmieri, descrivendo l’assassinio di Olof Palme, premier svedese ucciso nel 1986. Gemma Carbone interpreta tutti i personaggi, intervenuti nella reale vicenda che è stata rielaborata in forma drammaturgica da Giancarlo De Cataldo. Traendo da fonti giornalistiche gli elementi fondamentali per ricostruire questa storia, nota sicuramente agli spettatori che hanno vissuto a pieno gli eventi di quegli anni, il caso sembra rappresentare un esempio inaspettato di violenza in cui vengono coinvolte numerose pedine internazionali. La scelta drammaturgica comporta una narrazione di base che si alterna a momenti di interpretazione viscerale e corporea, riempendo il palcoscenico di numerosi elementi, utilizzati sia simbolicamente che fisicamente. Il racconto ha un punto di vista specifico, ossia quello del poliziotto che ha seguito il caso, che ha ascoltato i testimoni, che ha vissuto l’incompiutezza della risoluzione, attraverso una descrizione grottesca e, a tratti ironica, di una cultura nordica identificata attraverso tazze bollenti, foreste e neve. Ed in effetti alberi e neve approdano sul palcoscenico realmente, così come un guardaroba con cambio d’abiti in bella vista e fondali di stoffa. Il GUL, il giallo, emerge allegoricamente e visivamente attraverso il vestiario e la scena, attraverso la macchia che delinea la forma del cadavere sul palco, attraverso il concetto di irrequietezza e di impotenza che permane dietro ad un caso irrisolto. Una storia specificatamente collocata, nel tempo e nello spazio geografico, che però descrive la paura di un’intera popolazione, quella mondiale, nel percepire l’impossibilità di catturare e di scovare un colpevole: siamo, dunque, tutti in pericolo? Il dolore della vita spezzata si alterna a quello della routine distrutta, fino ad arrivare all’ironia pazzoide del narratore/attrice. Ciò che emerge dall’osservazione di questo spettacolo è sicuramente la scelta di sovraccaricare il racconto, la recitazione ed il palco, di elementi e di caratteri forse a volte superflui, dalle urla che caratterizzano alcuni momenti dell’interpretazione, ai numerosi oggetti di scena, al dilungarsi in alcuni momenti del racconto, già ampiamente compreso dal pubblico. Gli spettatori applaudono a lungo, ammirando l’interpretazione viscerale della giovane attrice, senza disdegnare l’ottima colonna sonora, di stampo svedese, che dà un tocco di eleganza in più.
Ancora donne sul palcoscenico, ma in questo caso all’interno di un furgone: sette spettatori per ogni replica, più un’attrice ed un autista. Stavolta ci spostiamo ai Cantieri Koreja, ma da lì partiamo per un giro attorno alla città di Lecce. Gli spettatori vengono caricati su un vecchio furgoncino/salotto ed incontrano, all’angolo di una strada poco illuminata, una donna. Sale su, comincia a parlare, non si fermerà per un’ora circa. Questo MEDEA PER STRADA, spettacolo prodotto da Teatro dei Borgia, ha scelto la semplicità. Basta un furgone, una qualsiasi città, una storia, che non vorremmo svelare agli spettatori. Il titolo è simbolico ma il riferimento è classico, seppur la contemporaneità venga sbattuta in faccia ai sette ignari compagni di viaggio. Niente di nuovo, sembrerebbe, ma per una volta, oltre all’ottima attrice Elena Cotugno, la scommessa consiste anche nello stimolare il pubblico inconsapevole, quello delle affollatissime strade di una città come Lecce, il sabato sera, ad inizio settembre. Fermarsi ai semafori, superare altre automobili, osservare gli sguardi attoniti della gente che attraversa la strada davanti al furgone, non ha prezzo. La storia di questa Medea contemporanea è quella di numerose donne, straniere soprattutto, ma anche italiane; le strade sono quelle scelte dalle associazioni che seguono e proteggono le donne minacciate dal male della prostituzione. Ciò che ci sconvolge di più è far scendere la stessa attrice, alla fine del giro, in una strada buia, pur sapendo che si tratti di una finzione: un abbandono, un distacco doloroso. Commozione, rabbia, emozione, la Cotugno diventa una bellissima donna dell’Est che spiattella in faccia ai nostri occhi l’ipocrisia, l’amore, la speranza, la maternità, e soprattutto la violenza. Ritrovarla in questo ruolo, dopo averla conosciuta nella sua delicatezza e dolcezza, durante i pranzi a Koreja, è davvero sconvolgente.
Il nostro viaggio leccese, per ora, si ferma qui. Settembre ci ha portati spesso, negli ultimi anni, prima dell’apertura della nuova stagione teatrale, in Puglia. Questo festival fa riferimento ai gesti e alle loro radici, ed ogni prodotto artistico che è stato osservato, seppur per pochi giorni, sembra catturare gesti di matrice diversa per dar loro un’importanza culturale, sociale ed antropologica enorme: sguardo, scrittura, corpo, musica, danza, voce, parola, gesti che hanno una radice comune, il Mediterraneo e l’umanità nelle sue radici più profonde.

ALLE RADICI DEI GESTI
TEATRO DEI LUOGHI//FINETERRA
CANTIERI TEATRALI KOREJA
ARADEO/LECCE
7-13 SETTEMBRE 2017