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Ormai è un appuntamento fisso per i milanesi e non solo. Tramedautore è il Festival Internazionale delle Drammaturgie (fino al 23 settembre 2017), una carrellata di proposte drammaturgiche contemporanee provenienti dall’Italia e quest’anno anche da Belgio, Gran Bretagna, Olanda, Svezia per 11 spettacoli, varie performance, concerti e intrattenimenti svariati. Cornice di tutto ciò è il Piccolo Teatro Grassi di Milano nella sua sede storica di via Ravello 2, in pieno centro, con il bellissimo chiostro di Palazzo Carmagnola a fare da cornice a incontri, eventi, happy hour e tanta socialità. In fondo i festival sono questo, una vetrina importante su cosa si muove nelle penne di drammaturghi europei ma anche la voglia di vedersi, incontrarsi, confrontarsi. L’edizione 2017 di Tramedautore, per la direzione di Benedetto Sicca, racconta le fragilità della nostra epoca, affidando l’inaugurazione a

“Mi sa che fuori è primavera” (13 settembre), rielaborazione del libro di Concita De Gregorio (Feltrinelli) attraverso un'azione condivisa con il pubblico da Giorgio Barberio Corsetti e Gaia Saitta. Si narra la storia di Irina, che ha visto sottratte le figlie dal marito e deve ricostruire la sua vita, attraverso solitudine e dolori lancinanti.
Di grande effetto è anche “Looking for Paul” (19 settembre), una performance di Wunderbaum che ricalca una soap opera sulle tracce dell’artista contemporaneo americano Paul McCarthy, autore della scultura Santa Claus, conosciuta come Gnomo Buttplug, commissionata dal Comune di Rotterdam e poi spostata di piazza in piazza a seguito di forti contestazioni.
La Compagnia Angius-Festa invece  presenta “Opera sentimentale” di Camilla Mattiuzzo (regia di Matteo Angius e Riccardo Festa), storia tutta immaginata ma assai realistica di una famiglia a soqquadro che ripercorre la propria storia sul divano di casa. Ne esce una narrazione in cui ciascuno riversa la propria storia e le proprie versioni della realtà, in un caleidoscopio di parole e controparole, realtà immaginata e sovvertimenti.
Il performer e attore svedese Iggy Lond Malmborg propone “99 Words for Void” (15 settembre), un originalissimo spettacolo per la drammaturgia di Johan Jönson (con la partecipazione del Quintetto di Ottoni della Civica Orchestra di Fiati di Milano) tutto dedicato all’alienazione creata dalla retorica buonista e all’abuso dell’umanesimo che ci fa deragliare dalla realtà.
Di particolare rilievo drammaturgico si segnala “Men in the Cities” (23 settembre), in cui Silvio Peroni porta in Italia per la prima volta il premiatissimo testo di Chris Goode. L’apprezzato autore inglese parte da due episodi di cronaca nera e costruisce un incastro di dialoghi tra personaggi. C’è uno spaccato di vita contemporanea di grande effetto, la coppia gay, la solitudine dell’incomunicabilità, genitori e figli adulti, coppie che non si conoscono. Niente retorica né disfattismo, non si stava meglio quando si stava peggio ma nessun Candide viene a predicare che il nostro è il migliore dei mondi possibili. Attraverso un fluire molto minimal, quasi sotto traccia, immani tragedie dell’esistenza vengono messe in scena come una sorta di narrazione autobiografica. Si respira tutto l’isolamento dei giorni nostri, quel senso di spaesata lontananza degli uni rispetto agli altri che ci rende incomprensibili, indecifrabili. Succede quel che succede, non ci sono salvatori pronti a risolvere tutto in favore dell’happy ending, ma solo l’ineluttabile, è ciò che deve essere. Anche la morte appare così, come l’inevitabile passaggio che non si può far altro che comprendere come necessaria.