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LAC Lugano, una suggestiva struttura architettonica che si affaccia su una grande piazza e oltre la piazza il lago e oltre il lago i monti e chissà... Arriviamo a Lugano verso il tramonto ci accompagna Renata Viola (ufficio stampa) una giovane donna: tutto un sorriso, un’armonia. È bello parlare anche di chi, da dietro le quinte gestisce la difficile e articolata macchina di un festival internazionale, soprattutto per l’argomento trattato: la bellezza. «Viviamo in un mondo che assomiglia sempre più all’inferno. Noi, cittadini non alla ricerca di un paradiso perduto, ma uomini che tentano di ricostruire il presente.» Con queste significative parole Paola Tripoli, direttrice artistica dell’evento, presenta la ventiseiesima edizione del Festival. C’è bisogno di uno sguardo diverso che tenga conto della bellezza, che sia in grado di ricomporre le fratture fra pubblico privato, un nuovo

umanesimo che si occupi delle città e delle persone che le animano. Paola Tripoli ha lo sguardo di chi si appassiona alle storie degli altri, questo rasserena e convince e si capisce che dietro le parole ci sono azioni significative, volontà di sostenere artisti e e drammaturghi che presentano le loro opere nei giorni del festival.
Una linea quindi, estremamente politica come sottolinea Carmelo Rifici, direttore artistico di LUGANOINSCENA. «Segno artistico e segno politico si rincorrono, corrispondono, si mettono in conflitto.» Una programmazione che riporta alla memoria le parole della teorica politica Hannah Arendt: «Solo quando una storia giunge al termine può essere raccontata. È’ discutibile che un’idea abbia una fine come una storia». Una programmazione che guarda alle piccole e grandi storie. Il Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea rivolge lo sguardo alla contemporaneità offrendo spazio alle nuove creazioni di alcune tra le eccellenze del panorama teatrale contemporaneo, con artisti provenienti da INGHILTERRA, CILE, EGITTO, FRANCIA, OLANDA, BELGIO, GERMANIA, ITALIA, SERBIA, SVIZZERA.
Apre il programma uno degli esponenti di spicco della nuova generazione di registi inglesi MATTHEW LENTON.
Un doppio spettacolo STRIPTEASE & OUT AT SEA in cui l’artista si interroga a partire dai testi del maestro del Teatro dell’assurdo Slawomir Mrozek, sul concetto di classe, sfruttamento e limiti della democrazia. Sławomir Mrożek (Borzęcin, 29 giugno 1930 – Nizza, 15 agosto 2013) scrittore, drammaturgo e fumettista polacco, esplora nelle sue opere l’alienazione, l’abuso di potere, la conformità e le limitazioni della libertà umana sotto un sistema totalitario. Mrozek spesso usa un umorismo surreale e situazioni grottesche per raccontare il reale.
In STRIPTEASE due imprenditori molto simili sono intrappolati in una stanza dalla cui porta appare ogni tanto una misteriosa mano che li maltratta, li tratta come oggetti, li mortifica. Metafora della realtà contemporanea ma anche di quello che sta vivendo il teatro oggi e riflessione sul desiderio di libertà. Che cosa vuol dire essere liberi oggi? Si chiedono spesso i due prigionieri forse non scegliere o peggio ancora fare finta di scegliere.
In OUT AT SEA tre uomini, si ritrovano su una zattera/isola in aperto oceano. Il mare è la platea, il pubblico che li osserva andare alla deriva. Dopo aver mangiato le loro riserve, si trovano a dover rispondere all'unica questione importante: - chi sarà mangiato per primo? Questa situazione diventa trampolino di lancio per una sfumata discussione sul concetto di classe, sfruttamento e limiti della democrazia. Due testi degli anni 50’ che diventano nelle mani di Lenton metafora della realtà contemporanea. Ross Allan, Robert Jack, Peter Kelly e Samuel Keefe, con movimenti e gesti che ricordano il nostro teatro dell’arte, trasmettono la dimensione del surreale, maschere del quotidiano, portano stampato in faccia e nelle movenze i nostri dubbi le nostre paure: la solitudine, il lamento per la brevità della vita, l’incertezza, la precarietà. Ora ridono, ora siedono fra il pubblico, ora ci osservano in silenzio, attendono che la parola diventi azione, decisione politica: fare oltre il solo pensare oltre l’attendere o la protesta virtuale a cui siamo sempre più abituati oggi. Il testo scorre sotto gli occhi di tutti noi, vedere spettacoli in lingua originale accompagnati da sovratitoli in Italiano rende omaggio anche alla parola scritta

Il programma, secondo il comunicato stampa, prevede nei giorni successivi ulteriori spettacoli e iniziative.
OFFICINA ORSI con “Su L’Umano sentire cap.2 Maneggiami con cura” sul tema della mancanza.
SANJA MITROVIC e VLADIMIR ALEKSIC con “I Am Not Ashamed of My Communist Past”, affrontano la recente storia della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, un paese che ora esiste solo nell’ immaginazione e nella memoria. Eppure l'idea fondamentale della SFRY, quale stato multietnico, multi-religioso e socialista, è ancora rilevante per le lotte europee di oggi.
Si passa alla danza con “Cut” di PHILIPPE SAIRE sul tema dell'esilio.
Debutto assoluto per la drammaturga italiana, FRANCESCA GAROLLA (testo finalista al Premio Riccione) con “Tu es libre” di Teatro i, entra nel vivo dei nostri giorni, e ripercorre la storia di Haner, giovanissima francese di origine araba che parte per la Siria per unirsi a Daesh.
Come l’anno scorso, anche quest’anno grande attenzione alla drammaturgia con la mise en espace di CATERINA GOZZI del testo “Assetati” di Wajdi Mouawad regista e drammaturgo francese. Una storia onirica e vibrante attraversata da interrogativi presenti in tutta la drammaturgia dell’autore: l'identità, la scrittura, la finzione e il senso della bellezza.
Al FIT gli artisti di casa, premio svizzero del Teatro 2017, TRICKSTER-P con uno dei loro cult B una rivisitazione della fiaba di Biancaneve in forma installativa.
Con un mezzo più “popolare” arriva la docu-fiction del collettivo olandese WUNDERBAUM in cui gli attori, convinti che il teatro non basti a fare la differenza, smettono di fingere di agire e passano davvero all’azione, nel tentativo di cambiare radicalmente il mondo.
Politica è anche la bellezza iconica di ANNE TERESA DE KEERSMAEKER e di “Rosas danst Rosas” capolavoro della danza contemporanea e la scelta del ticinese COLLETTIVO INGWER, con “Io sono un’altra”.
Politica diventa l’indagine di TAGLIARINI/DEFLORIAN ne “Il cielo non è un fondale”, del fenomeno irreversibile dell’urbanizzazione dei paesaggi e dei modi di vivere.
Dal Cile arriva MANUELA INFANTE che in “Estado Vegetal” gira senza sosta intorno a un dialogo impossibile, quello tra gli esseri umani e le piante. Il dialogo fallito con la natura che è forse il nostro monologo più innato.
Per ritornare alla politica in senso stretto, con AHMED EL ATTAR, “Before the Revolution”, non potendo parlare dell'Egitto di oggi, di ciò che sta accadendo dopo la "rivoluzione", si parla di ciò che accadeva prima e lasciando che le persone possano fare i parallelismi necessari.
Politico è BORIS NIKITIN nel suo “Hamlet”. Un Amleto destabilizzato da un mondo che percepisce come falso e ingannevole, fino a quando decide di fingere la pazzia e giocare con la sua stranezza.
Il FIT/Festival, come ogni anno, dà spazio anche al mondo dei più giovani mettendo in campo la nuova selezione dei cinque titoli in concorso della sezione YOUNG&KIDS, destinati ad un pubblico di bambini e giovani. Parallelamente al festival, il secondo numero della collana I Quaderni del FIT, progetto editoriale realizzato in collaborazione con LuganoInScena, dove un team di critici e professionisti di diversi ambiti segue il festival per poi elaborare dei contributi testuali di approfondimento che verranno pubblicati nel secondo numero dei Quaderni.
Il programma del festival riporta sulla copertina (progetto grafico Fabrizio Montini/Kyrhian Balmelli) un’immagine originale di Rubidori Manshast: uno struzzo, che guarda di lato e dietro di lui una città.
Si dice che lo struzzo sia un animale particolarmente pauroso e che, in caso di pericolo, nasconda la testa nella sabbia, sperando di non essere visto. In realtà si ciba di ciò che trova anche sotto terra: i semi. Ci vuole anche coraggio per guardare sottoterra, è necessario farlo se si vuole arrivare al cuore delle cose. Cercare i semi, tracciare segni...costruire e conservare relazioni, bisogna essere umili, arditi e tanto coraggiosi per farlo (come il principe principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij, credere profondamente che “la bellezza salverà il mondo”) Paola Tripoli e Carmelo Rifici lo sono.

LAC LUGANO | 28 – 09 / 8 -10 - 2017