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Il Festival di danza internazionale “Resistere e Creare” diretto da Michela Lucenti e giunto alla sua terza edizione ha offerto ancora una volta negli spazi del Teatro della Tosse di Genova, l’occasione di gettare uno sguardo su quello che si muove nelle viscere della danza contemporanea, un’arte che sembra in questi anni tendere sempre più ad un rimescolamento e ad un meticciamento con altre forme di rappresentazione, da quella figurativa alla drammaturgia stessa. Ne sono esempio le tre brevi performance che la sera del 7 dicembre, nel ridotto La Claque, hanno avuto come oggetto gli uomini, intesi proprio come genere, e il loro diverso modo di ‘occupare’ lo spazio ed il tempo delle loro giovani esistenze. È infatti andato in scena il trittico “Gli Uomini”: tre solo di Yoris Petrillo, Simone

Zambelli, Demian Troiano Hackman rispettivamente dai titoli, “Nothing to declare”, “Non ricordo”, “I walk slowly into the wind”, quest’ultimo in debutto nazionale.
Un trittico nel complesso interessante con tre promettenti danzatori che hanno, ciascuno a suo modo, articolato il tema di essere uomini, ma uomini nella solitudine in un tempo, quello della virtualità, in cui i rapporti slabbrano e si fanno lontani ma forse proprio per questo più incombenti e tirannici.
Tutte coreografie di buona fattura con movimenti coerenti, talora un poco accademici e ancora alla ricerca di una più spontanea leggerezza, che segnalano peraltro uno sguardo forse fin troppo solipsistico, quasi a sfuggire le insidie di uno spazio aperto che la danza cerca ma che sembra essere anche temuto.
Tra i tre, peraltro, Simone Zambelli con il suo “non ricordo”, ha tentato di temperare questo sguardo autocentrato con una certa ironia che ne arricchiva la capacità significante.
La qualità tecnica dei danzatori è apparsa peraltro notevole ma ancora da irrobustire nella ricerca.