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Dopo il successo nazionale de “L’Italia s’è desta”, Rosario Mastrota torna in scena come autore e regista di un nuovo testo, pur sempre legato alla sua terra, la Calabria, in collaborazione con la COMPAGNIA RAGLI. Il debutto napoletano di PANENOSTRO è affidato al Teatro TRAM che ha scelto di ospitare, durante la stagione 2017/2018, la nuova drammaturgia firmata da autori e da compagnie provenienti da tutta Italia.  Mastrota presenta, anche stavolta, un singolo personaggio in scena, come nel caso della protagonista femminile del citato spettacolo, oltre alla collocazione geografica calabrese, seppur ambientando il racconto a Milano, e ad una specifica caratterizzazione del personaggio. Gioco di parole tra pane-nostro/cosa-nostra, è evidente il riferimento alla ’Ndrangheta ed è inevitabile l’intento di denuncia che ritroviamo spesso nella drammaturgia firmata da Mastrota. Il gioco di parole, però, non si ferma qui, bensì riecheggia la più comune preghiera

cattolica in cui il pane quotidiano diventa il simbolo di una vita equilibrata e pura, di una remissione dei propri peccati. Nessun intento religioso per questo spettacolo che, invece, è costruito attorno alla figura allegorica del panettone milanese: come consueto ormai, il nostro protagonista, Giuseppe, si trasferisce al nord dove apre una panetteria. Oltre al pane dai profumi e dalle forme meridionali, ha imparato a preparare anche il dolce milanese. La scena del teatro Tram di Napoli, dove l’attore Andrea Cappadona interpreta Giuseppe dal 14 al 17 dicembre, è oscura e angusta: il racconto va a ritroso e si comprende che l’interno di una cella diventa luogo di ricordi. La farina e l’acqua assumono il ruolo da protagoniste e accompagnano l’attore, attraverso il racconto della sua vita e attraverso la denuncia alla malavita che, inevitabilmente, non è assente neanche a Milano. Giuseppe fugge dalla Calabria dove – racconta - sia il padre che il nonno pagavano il pizzo; lo dice ridendo, con gli occhi limpidi di chi sa che tutto questo è normale. Due sono gli elementi che caratterizzano il nostro protagonista: l’infantilismo nelle descrizioni e nelle espressioni – atteggiamento che ricorda la protagonista de “L’Italia s’è desta”, cioè una bambina interpretata da un’attrice adulta – e l’intimismo, ossia il racconto “tra sé e sé”, che si trasforma in un vero e proprio dialogo/confessione con il pubblico. La gestualità, inoltre, è elemento fondamentale perché le mani, poste in primo piano, sono indispensabili per impastare il pane e per raccontare, per sporcarsi, per ferirsi e per ferire. La rivolta di Giuseppe alla ’ndrangheta denuncia una reazione inimmaginabile, la sua e quella della Giustizia: l’imputato è l’uomo comune. Colui che ha subìto viene punito, colui che ha reagito, uccidendo e impastando gli scagnozzi nel suo panettone, diventa accusato. Simbolo della semplicità dell’uomo inerme che prova a fagocitare ciò che lo inghiotte, questo piccolo panettiere, quasi un bambino mai cresciuto, sembra rivendicare i propri diritti, ma l’esito è assolutamente negativo.  All’interno di questo racconto, basato su un linguaggio semplice che raramente scivola verso il dialetto vero e proprio, emergono dei picchi di ironia tagliente che destabilizzano lo spettatore. Lo stesso protagonista descrive il tutto con una docile serenità che imbarazza la platea: poi, l’esplosione finale, che appare eccessiva e inaspettata, inserita all’interno di una costruzione scenica e di un’interpretazione che si basano su un certo ritmo costante e circolare, come dimostrano alcune battute che si ripetono, più volte, all’interno di una scelta musicale, riproponendo alcuni momenti basati sul ricordo. La denuncia ed il racconto semplice e personale non appaiono, in verità, come elementi innovativi, ma emerge, invece, come propriamente originale, la modalità di reazione del protagonista contro la malavita, piuttosto violenta e inaspettata, grottesca e, a tratti, comica. La costruzione drammaturgica e la sua rappresentazione scenica necessitano, ancora, di una sorta di “purificazione”, di “labor limae”, che appiattiscano alcune ingenuità recitative e che rendano più fluida l’osmosi tra testo e azione. L’attore alterna momenti di grande intensità, che commuovono lo spettatore, a momenti di ripetitività, anche gestuale, che appiattiscono il racconto, in un connubio tra flusso di coscienza e denuncia pubblica, elementi che a volte, però, non riescono a fondersi perfettamente all’interno della linea narrativa.

Teatro Tram – Napoli
14-17 dicembre 2017
PANENOSTRO
testo e regia Rosario Mastrota
con
Andrea Cappadona
assistente alla regia Dalila Cozzolino
scenografia Marco Foscari
produzione Compagnia Ragli
testo vincitore del premio “Per voce sola” Teatro della Tosse – Genova