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Mentre al cinema sta per approdare il nuovo film tratto dai fumetti Marvel, dal titolo “Black Panther”, il cui protagonista è un super eroe di colore, re di un mondo immaginario in una Terra futuristica, in attesa di un pubblico assetato e appassionato di fumettoni cinematografici, in un piccolo teatro napoletano, nei sotterranei della celebre piazza Dante, conosciamo un’altra “Pantera Nera”. Questo era il soprannome di Celeste Di Porto: torniamo indietro al 1944 e ci fermiamo a Roma. Nessun fumettone, nessun effetto speciale, molta azione, numerose vittime, insomma, il paragone iniziale vuole azzardare un confronto tra due prodotti artistici molto lontani, sia per ambientazione che per genere, ma curiosamente e casualmente affini nel soprannome dei protagonisti. CELESTE, appunto, titolo di questo spettacolo e personaggio eponimo, accoglie il pubblico napoletano, dopo il fortunato debutto romano, nel prolifico teatro Tram di Port’Alba, a Napoli. In scena dal 25 al 28 gennaio, il testo e la

regia di Fabio Pisano si sovrappongono alle celebrazioni del “giorno della memoria”, in quanto Celeste, la protagonista, è un’ebrea di Roma. Nel carcere di Regina Coeli, il muro della cella 306 riporta alcune parole firmate da Lazzaro Anticoli, il quale definiva Celeste Di Porto una “venduta”, rivelando la terribile sostituzione del “Bucefalo”, ossia questo pugile incarcerato e poi ucciso. Celeste, infatti, interviene e convince i Tedeschi a sostituire il nome del fratello Angelo con quello di Anticoli. Storicamente attendibile e, nello stesso tempo, drammaturgicamente pregnante, la storia di Celeste è presentata al pubblico in maniera intelligente e originale: per la prima volta il punto di vista sulla storia degli ebrei, e dunque sulle microstorie che hanno caratterizzato le vicende degli italiani coinvolti nella seconda guerra mondiale, è assolutamente ribaltato. Definita “delatrice”, la diciottenne Celeste vende gli ebrei romani ai Tedeschi in cambio di denaro. Per la prima volta il pubblico napoletano non assiste alle storie dei quartieri popolari, i Quartieri Spagnoli in primis, e osserva sul palcoscenico attori napoletani e romani che recitano in romanesco. Il concetto di sopravvivenza, ma soprattutto di disperazione, può essere letto anche attraverso un punto di vista completamente ribaltato, che pone in primo piano una bellissima ragazza ebrea portatrice di morte e di disperazione. In tempi bui come quelli vissuti nell’Europa nazista, le microstorie sembrano essere lette attraverso una caratterizzazione che pone in primo piano il popolo perseguitato e le tremende atrocità subite dagli ebrei.  In effetti, è comprensibile, seppur con profondo dolore ed immensa rabbia, la scelta della ragazza che, vendendosi e vendendo la sua gente, cerca di salvare la sua famiglia, per poi essere ripudiata dalla famiglia stessa. La guerra, insomma, concede e permette tutto, e questo è il monito di questo racconto che, fortunatamente, non ha una limitazione legata ad un preciso evento commemorativo, ma è fruibile da un pubblico eterogeneo e vasto, in qualsiasi occasione. La regia pone i tre attori, Francesca Borriero nei panni di Celeste, Roberto Ingenito e Claudio Boschi nei panni di tutti i personaggi maschili, costantemente sul palcoscenico. Piedi scalzi, cambi di abito, piccoli travestimenti, utilizzo del corpo come oggetto scenico, nulla è superfluo. Il racconto drammaturgico, fortemente narrativo, è sostenuto da una recitazione intensa, seppur frammentaria perché intervallata da momenti di musica e da scene mimate. Una, in particolare, colpisce l’attenzione, ossia l’immagine della ragazza che cammina per le strade di Roma, ma di spalle al pubblico, sfondando idealmente la scena sul fondo: ad ogni suo saluto, gli uomini estasiati dalla sua bellezza rispondono, mentre vengono colpiti immediatamente da una guarda nazista. La camminata, i gesti, i saluti, sono tutti costruiti attraverso l’espediente dello “slow-motion” cinematografico, riportato realmente sulla scena e sostenuto dalla musica dal vivo. Sul palcoscenico, infatti, è costantemente presente Francesco Santagata, il quale, attraverso la diffusa tecnica della registrazione istantanea di suoni e di melodie, a cui sovrappone la chitarra e la voce, arricchisce il racconto con  pezzi inediti e canzoni storiche, quest’ultime riadattate attraverso arrangiamenti assolutamente innovativi. Il racconto e la recitazione scorrono fluidi e si appoggiano sul sostegno sonoro, che, in alcuni momenti, però, sembra spezzare il racconto o sovraccaricarlo eccessivamente. Questo spettacolo è certamente elogiabile per la costruzione registica e narrativa, per il punto di vista assolutamente originale, per l’intensità e la bravura di tutti gli attori – citiamo in particolare l’interpretazione di Claudio Boschi -, per l’attenta scelta delle luci che sono assolutamente funzionali nella resa della drammaticità o della poesia, ma pecca nella scelta di allungare eccessivamente alcune scene, soprattutto quelle mimate, riducendo fortemente l’apporto di una recitazione intensa e professionale a cui potrebbe essere concesso più spazio, usufruendo ancor di più dell’ottima presenza dei tre giovani attori.

CELESTE
Teatro Tram Napoli
25-28 gennaio 2018
con Francesca Borriero, Roberto Ingenito, Claudio Boschi
testo e regia Fabio Pisano
suggestioni sonore live Francesco Santagata
assistente alla regia Francesco Luongo
produzione Liberaimago