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Questa inconsueta drammaturgia che mescola con sapienza cinema e teatro, magia e avanspettacolo, ha un protagonista non dichiarato, ma visibile e ben percepibile, questo protagonista è l’immaginazione. Il giovane Méliès era, per così dire, portatore sano di questo benefico virus della mente, un virus che troppo spesso, traguardata la fanciullezza, si preferisce curare con sane dosi di realismo per non turbare troppo l’ordine costituito (molti anni dopo suoi pronipoti e proprio nella sua Parigi coniarono non a caso lo slogan “l’immaginazione al potere”). E per quelle strane coincidenze che, paradossalmente, fanno la storia coerente, al giovane Méliès fu messa a disposizione una invenzione in grado, per la prima volta nella storia, non di descrivere ma di realizzare l’immaginazione, di produrre appunto, scusate il bisticcio, la sua immagine. Questa invenzione, con buona pace di Monsieur de La Palice, è appunto il cinema, le cinemà, cui approderà Georges dopo turbinose esperienze,

tutte però immaginose ed immaginifiche, tra teatro, varietà e illusionismo.
Così la scrittura scenica di Elisa Vigier e Martial Di Fonzo Bo, su quella vita e vicenda basata, superata di slancio ogni caduta agio-biografica si trasforma in un gioco di luci che non è illusione ma percezione piena dell’immagine del reale quale transita nei recessi profondi della mente trovando talora una verità più vera del vero.
Ispirata a Le voyage dans la lune, su cui è costruito saldamente il mito del cinema nascente e del suo autore, la drammaturgia sa infatti mescolare con efficacia i linguaggi della rappresentazione, ricostruendo significati senza mai perdere la sua adesione più fedele alle fonti e ai lasciti della vita artistica di Georges Méliès.
Uno spettacolo in un certo senso, e nel senso migliore, “incongruo” e spiazzante che attira interesse oltre la modesta fatica della sottotitolazione. Bravi gli interpreti Arthur Amard, Lou Chrétien-Février, Alicia Devidal, Simone Terrenoire e Elisa Verdon.
Alle scene hanno contribuito i due registi insieme a Patrick Demière, Alexis Claire e Catherine Rankl. I costumi, a dire il vero assai belli, sono di Pierre Canitrot mentre le musiche originale che hanno ben accompagnato il percorso drammaturgico sono di Etienne Bonhomme.
Nuovo frutto della intensa collaborazione tra Stabile di Genova e Comédie de Caen, lo spettacolo è in scena dal 15 al 18 febbraio al teatro Modena di Genova per la stagione “Insieme” dello stesso Stabile di Genova e del Teatro dell’Archivolto, dimostrando l’efficacia del processo di fusione sia dal punto di vista artistico che da quello organizzativo.