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Clotilde dialoga con Jacques della vita, della felicità, delle delusioni e alla fin fine di se stessa fino nel segreto della sua anima. Nasce un ritratto di signora intimo e confidenziale, al galoppo tra sfumature dell’anima femminile e raffinatissime descrizioni di sé (Teatro Franco Parenti di Milano, via Pier Lombardo, 14 fino all’11 marzo 2018). Le parole sono tratte da Clotilde Marghieri, scrittrice e giornalista napoletana di metà Novecento, che incantò i suoi lettori dalle colonne de Il Mattino, Il Mondo, il Corriere della Sera, La Nazione e Il Gazzettino, ma che ha esordito nella letteratura tardi, finchè con il suo capolavoro “Amati Enigmi” ha vinto il Premio Viareggio nel 1974. Aveva 77 anni all’epoca e tanta voglia di raccontare cosa si agiti nel cuore di una donna. Il testo pare ritagliato addosso a Licia Maglietta, con quel suo spirito così lieve e incantato che da quella piazzola in autostrada - in cui è stata dimenticata dal marito in “Pane e tulipani” – tutta la nazione ha saputo adorare. Proprio questa levità tipica

della Maglietta è rimasta intatta, innestata su un testo carico lessicalmente e così figlio di uno stile espressivo di qualche decennio fa. Il connubio funziona, quello spirito da bilancio di una vita che le pagine della Marghieri contengono, rende il monologo teatrale una immersione nell’animo femminile.
Così Amati Enigmi si rivela per ciò che è per davvero, l’incontro con una serie infinita di anime femminili alle prese col tempo che passa, con gli uomini, con il rapporto tra sé e il mondo.
Lo stile di adattamento del testo a monologo teatrale è efficace, operato attraverso pennellate in successione di sati d’animo, reazioni emotive, sogni ad occhi aperti e bilanci agrodolci di una vita.
Confidenziale, intimo.