Pin It

La guerra a teatro è sempre una faccenda complicata. Come portarla in scena? Guerra è prima di tutto violenza, la quintessenza dell'osceno, nel senso stretto del termine di ciò che è irrappresentabile e che quindi deve stare fuori dalla scena. Armi, spari, lotte, morti sono qualcosa che a teatro non funziona, per quanto la bravura degli attori e dei registi provino il modo migliore per rappresentarli. E allora? Veruska Rossi, Riccardo Scarafoni e Guido Governale volevano parlare di guerra anzi, cogliendo anche l'occasione del centenario della sua fine, della Grande guerra. Come rappresentare l'irrappresentabile? Come parlare al mondo di oggi di un argomento che sembra davvero distante, e non solo per l'intero secolo passato da allora? La soluzione peoposta in War game, in scena al Teatro Ghione di Roma fino al 22 aprile, è brillante. La soluzione è già nel titolo. L'inglese, prima di tutto, non guerra ma "war". L'inglese come lingua unica di un mondo, quello dei giorni nostri, globalizzato e uniformato nei consumi. Un grande mercato dove termini universali tentano di scavalcare le differenze culturali e la ricchezza peculiare di ogni singolo popolo. E poi "game" gioco, la

guerra come gioco di un gruppo di ragazzini (i nostri figli) riuniti a casa di uno di loro per provare l'adrenalina di un videogioco proibito. Una guerra virtuale, una sfida con obiettivo da interpretare attraverso il proprio avatar creato per l'occasione, ambientato in una guerra che davvero c'è stata: la prima guerra mondiale. Così lo spettatore è coinvolto in una rappresentazione con due piani fisici e narrativi. Un praticabile alto dove agiscono i sei bambini. Il palco dove agiscono i loro personaggi, soldati veri impegnati in una missione pericolosissima in territorio nemico. L'azione è dunque alternata tra i due piani, quello reale e quello del gioco. Ma come purtroppo accade spesso anche a chi è coinvolto in un gioco al computer, i due piani si fondono gradualmente, come se i bambini potessere vivere davvero ciò che vivono i loro personaggi virtuali. E allora la guerra dello spettacolo non è tentativo di rappresentare l'osceno, ma la vicenda di esseri umani in una situazione estrema che hanno bisogni e provano sentimenti. La fame, il freddo, il dolore, la paura, l'angoscia, il terrore. Ma anche la solidarietà e il bisogno degli altri. Il gioco smette di essere un gioco e diventa vita vissuta, anche da chi pensava solo di giocare alla guerra. L'obiettivo è raggiunto: parlare della guerra a teatro con le persone, adulti e soprattutto ragazzi, del mondo di oggi. Sorprendenti i sei giovanissimi attori selezionati dai tre autori/registi anche attingendo al ricco bacino della scuola di recitazione che dirigono da quasi dieci anni. Decisamente bravi anche i sei attori, molto giovani anche loro, che interpretano i soldati. Efficace la regìa, che si avvale anche di una scenografia e di un disegno luci e suono di grande impatto visivo, acustico ed emotivo. Un lavoro importante da più punti di vista che merita attenzione.

WAR GAME – LA PRIMA GUERRA VIRTUALE
SCRITTO E DIRETTO DA: VERUSKA ROSSI, RICCARDO SCARAFONI E GUIDO GOVERNALE
con: Andrea Amato, Francesco Buccolieri, Niccolò D’Ottavio, Daniele Felici, Alberto Fumagalli, Diego Tricarico e Lorenzo Bruschi, Alessandro Buccilli, Alessio Di Domenicantonio, Riccardo Micheli, Valerio Montanari, Santiago Narciso, Davide Pinter, Tommaso Reitani, Flavio Rossi, Leonardo Salari, Francesco Tiburzi, Alessandro Volpes
La voce di War Game è Chiara Gioncardi
Scene: Lisa De Benedittis – Costumi: Lisa Sorone – Aiuto Regia: Silvia Parasiliti Collazzo – Luci: Luca Palmieri – Audio: Fabrizio Cioccolini – Direttore di Scena: Matteo Palmieri – Foto e Grafica: Patrizio Cocco – Grafica animazione: Simon Quemener – Regia animazione: Fabiana Bruno – DOP Animazione: Ciro Davide Schiano Moriello –
DAL 5 AL 22 APRILE 2018
TEATRO GHIONE Roma

Foto Patrizio Cocco