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Al centro culturale Il Funaro di Pistoia si è ritornati, e meritevolmente, a parlare di critica teatrale in un interessante seminario di una sola giornata, il 5 maggio per la precisione, seminario che, a partire dal saggio Dioniso e la nuvola dato recentemente alle stampe da Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino, centrava la sua analisi in particolare sul rapporto con i nuovi mezzi di comunicazione. Una occasione interessante dunque per discutere del ruolo della critica teatrale, funzione forse in pericolo di dissoluzione vista la sua clamorosa assenza dai meccanismi della nuova legge sullo spettacolo dal vivo, come ha notato in un suo lucido articolo Simona Frigerio apparso su Persinsala. L'assunto era, ed è, che la critica teatrale rischia di annegare e di dissolversi nel mare, anzi nell'oceano delle informazioni che circolano in rete, molte già robotizzate e schematizzate a fini di risparmio economico. Una situazione forse un po' enfatizzata, come forse è oggi enfatizzata l'influenza complessiva del

web, ma un taglio intellettuale che, lungi dall'intimorire i presenti, ha innescato un vivace dibattito sulle caratteristiche che la critica teatrale ha per sua natura, fondandosi in un rapporto duale tra artisti e pubblico, e su quelle che dovrebbe irrobustire per ribadire una sua essenzialità e, direi, necessità sia per gli uni che per l'altro.
Oltre l'autonomia e l'indipendenza di giudizio, non tanto auspicabili quanto irrinunciabili anche se ormai messe a dura prova dal decadimento di valore del lavoro intellettuale, ormai sottopagato se non addirittura gratuito, ciò che ha costituito un fattore di intesa è stata la considerazione della inevitabile irriducibilità dell'elemento umano/soggettivo che deve accompagnare la critica per renderla feconda, anche attraverso il giudizio, e distinguerla dalla semplice “réclame” (come si diceva una volta).
Il richiamo, più volte emerso, alla storia della critica italiana e all'esperienza ad esempio di un Gobetti o di un Gramsci, su cui anche il libro della Alonzo e di Ponte di Pino si sofferma, ha rafforzato questa impostazione.
Può nascerne una nuova collaborazione, se non una nuova alleanza, che riconosca la critica teatrale come una funzione irrinunciabile della vita teatrale (come sembra essere altrove) e come tale da rivalutare al di là del medium attraverso il quale si esprime.
Da parte mia credo che la funzione del critico oggi sia ancora quella di esprimere una riflessione competente, sua e comunque indipendente, sui singoli spettacoli e di metterla a disposizione sia dell'artista (forse soprattutto) sia dello spettatore, di cui in un certo senso il critico è rappresentante più che vero mediatore.
In ciò potrà utilizzare la rete perché la rete è in grado di raggiungere un numero molto più elevato di soggetti rispetto alla rivista cartacea, ma non perché la rete abbia modificato o possa modificare la sua lingua ovvero la sua funzione.
Spettatori e Spettacolo devono potersi incontrare direttamente e non “mediatamente”, e credo non possa essere diversamente, ed il critico può stimolare questo percorso solo mantenendo la sua specifica funzione, diversa ma complementare rispetto all'uno e rispetto all'altro.
Una buona occasione di discussione e ben vengano se danno l'opportunità al critico teatrale, oltre che di continuare a scrivere le sue recensione, di ragionare anche sul proprio ruolo e sulla propria funzione per rivendicare una dignità ed una necessità di essere all'interno del complesso meccanismo del teatro moderno, che, temiamo, sembra qualche volta svalorizzarlo.
Per continuare dunque ad essere un professionista che conquista la sua autorevolezza nel rapporto continuo, eticamente corretto ed autonomo con l'artista e con il pubblico di cui si fa portavoce, oltre le semplificazioni e i luoghi comuni che lo vedono talora vassalo di esigenze più commerciali che artistiche.