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In Principio era Alberto Malanchino, italo-burkinabé, mezzo italiano e mezzo del Burkina Faso. Il suo viaggio nella terra di origine di metà della sua famiglia lo porta a scoprire un mondo sconosciuto in cui affondano parte delle sue radici. Ma al Teatro Franco Parenti di Milano (via Pier Lombardo, 14) va in scena fino al 20 maggio non solo la scoperta di sé ma quella della storia di un intero popolo. E’ “Verso Sankara. Alla scoperta della mia Africa”, racconto di un viaggio tutto personale intrecciato a quello di un popolo. Sullo sfondo dell’avvicinamento di Alberto alla sua terra d‘origine, si staglia la ricerca delle tracce di Thomas Sankara (Tomà), il “Che Guevara” africano, ucciso a soli 38 anni dal suo compagno di rivoluzione Blaise Compaore, che successivamente ha governato il paese nella corruzione per 27 anni fino ad essere cacciato da un’insurrezione nel 2014. Quello un vero rivoluzionario, portò le vaccinazioni obbligatorie nel suo paese, la tutela delle donne, vietò l’infibulazione,

introdusse la vera libertà di parola e di espressione, concepì misure di vero sviluppo economico per liberarsi dal dominio straniero. Questo il tipico esempio del malgoverno africano, fatto di collusioni e aspirazione al potere.
Sankara, ucciso e deturpato nel suo corpo, riemerge piano piano nella forza della sua figura, quasi sconosciuta in Occidente. La ricostruzione di Alberto propone video e foto dei luoghi del martirio ma anche flash dell’attività del rivoluzionario, ibridando il genere del reportage di viaggio con quella della biografia.
La regia di Maurizio Schmidt (che è anche autore del testo) è scarna, documentaristica, incentrata sul protagonista.
Dal canto suo Malanchino regge benissimo due ore di monologo, con uno stile recitativo dimesso, informale, quasi una chiacchiera tra amici per rendere questa narrazione autobiografica un autentico diario di viaggio, avventuroso ed efficace che solo un esploratore potrebbe concepire.
Ottima storia e interessante resa.