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Joseph Conrad usa il racconto come una sonda per indagare l'animo umano, per penetrare quasi involontariamente e farci penetrare quasi senza accorgercene nell'essenzialità di una umanità che sembra essere sempre diversa ma in realtà riproduce sé stessa. Anche la narrazione che ha dato spunto e sostanza a questa bella drammaturgia di Valerio Nardoni per il “Teatro delle donne” di Firenze, lo conferma rivelando come dopo oltre cento anni il nostro modo di relazionarci con l'altro e con il diverso sia sempre intriso di ostilità e di diffidenza, quasi che la nostra identità fosse sempre messa in pericolo e non potesse prescindere da riti e sudditanze che il potere impone. È la storia di un naufragio, come nelle corde di Conrad, ed è il naufragio delle nostre coscienze che si inabissano

nell'oscurità del rifiuto e della crudeltà.
Yanko che viene dai Carpazi è l'unico sopravvissuto ed è pronto a tutto per farsi accettare, ma la sua umanità è vista solo dagli occhi di una bambina che lui ha salvato in quel paese in cui tutti lo rifiutano.
Anche Amy, l'ingenua, la diversa che il paese tollera e che lo sposerà contro il parere di tutti e lo renderà padre, alla fine lo condannerà.
Come non pensare all'oggi dunque, all'oggi dei barconi e dei migranti, dei porti chiusi e delle reti di filo spinato.
Ma in questa scrittura scenica, costruita sul filo sottile di una prospettiva alternativa, non c'è solo questo, c'è anche e soprattutto il grido della nostra stessa umanità affinché possa essere alla fine salvata, al di là di contingenze e circostanze storiche, salvata dall'annichilimento che un potere perverso usa per riprodursi.
Infatti poiché ciascuno di noi ha una essenza irriducibile ed una esistenza unica ma inscindibile dall'altro, come il bene e il male che portiamo dentro di noi, rifiutare la diversità dello straniero è un po' come annichilire l'umanità di ciascuno e negar la nostra singola ed originale diversità.
In scena il racconto è Daniela Morozzi, brava a cogliere le sfumature della molteplicità e ricca ancora della forza di quella che una volta si sarebbe chiamata militanza.
Musiche Stefano “Cocco” Cantini, scene, costumi e luci Beatrice Ficalbi. Regia di Matteo Marsan.
In piazzetta San Matteo, il 13 luglio nell'ambito del festival “In una notte d'estate” di Lunaria Teatro a Genova.
Bello e a lungo applaudito.