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Pur essendo anche noi parte della Natura, un suo frutto vivente tra i viventi, ne abbiamo perso progressivamente il contatto andando ad imprigionarci, di nostra stessa iniziativa, in una separatezza cui non sappiamo più dare significato. Quel significato che discende dai ritmi delle stagioni, tra queste ovviamente la vita e la morte che reciprocamente si alimentano ribaltandosi l'una nell'altra, e dal rapporto con gli altri esseri viventi, diversi forse ma egualmente legittimati a comporre il mosaico della vita comune. Pino Petruzzeli con questo suo spettacolo, che non è una semplice lettura drammaturgica ma una vera e propria drammatizzazione di uno scritto di Mario Rigoni Stern, riesce ad andare oltre le sbarre di questa nostra prigione così da gettare uno sguardo, e da farci gettare uno sguardo, verso un mondo all'apparenza perduto ma che sorprendentemente, al solo indicarcelo in scena, riprende il suo posto tra i nostri pensieri. Sfuma così la virtualità liquida, direbbe Bauman citato

da Petruzzelli, di chi oggi parla con l'altro capo dell'universo per non comunicare con chi gli sta vicino, consumando nell'assenza di relazioni affettive, e dunque “naturali”, la propria stessa identità.
Il mondo disegnato da Mario Rigoni Stern, conosciuto soprattutto per il suo “Centomila gavette di ghiaccio, è un mondo all'apparenza semplice ma in realtà è molto più profondo, e non solo nell'interiorità cosciente ma anche in quella profondità quasi panteistica che si respira guardando un cielo stellato, ed è molto più complesso della virtualità a due dimensioni che ci circonda e ormai ci perseguita.
Si alternano così, nella passione che la presenza recitante di Petruzzelli accende in un scena spoglia che si popola quasi suo malgrado, cacciatori che salvano caprioli, un lepre ferito che riconquista la vita, le storie di corvi e cornacchie che come antichi maestri indicano la strada, quella strada che il vecchio emigrante ripercorre per morire tra ciò che lo ha fatto venire alla vita per amare, nonostante tutto e sempre, la vita.
Uno spettacolo che riscopre il piacere di ascoltare storie in cui precipitano sensi e sentimenti e che Petruzzelli arricchisce, portando dentro di sé ed elaborando con affetto le parole intense e profonde di Rigoni Stern, quasi a riprodurre davanti a noi la magia di quello sguardo che si posava e nutriva di “boschi tra le stelle”.
Un produzione “Teatro Ipotesi” di Genova tratto da “Uomini, boschi e Api” di Mario Rigoni Stern ha arricchito, lunedì 30/7, il bel “Festival di una notte di Estate” di Lunaria Teatro, che si avvia al termine.
In una piazzetta San Matteo che per un'ora ci è parsa una radura tra quei boschi.  Molto pubblico e molti gli applausi.