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C’è un festival che è un vero incontro tra tre organismi viventi, il pubblico, la drammaturgia, il teatro. E’ Tramedautore, Festival Internazionale delle Drammaturgie, ideato e organizzato da Outis, Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea, ospitato come da tradizione al Piccolo Teatro di via Rovello a Milano e conclusosi il 23 settembre. Giunto al suo 18 compleanno, è un festival maturo e articolato, una vera vetrina di linguaggi diversi e scritture sotto la direzione artistica di Michele Panella. Sarà la cornice magica – la sede storica del Piccolo Teatro a palazzo carmagnola di Milano – sarà l’atmosfera un po’ ibrida tra scrittori e teatranti, questo festival è un’esperienza imperdibile per tenere sotto controllo le nuove tendenze della scrittura teatrale contemporanea. Difficile dare una linea generale, forse come non accaduto mai finora il teatro si fa portatore di linguaggi e formule espressive mutuate da altri settori e presentandosi davvero eterogeneo . In questo panorama composito,

colpiscono due progetti diametralmente opposti seppur legati da un filo conduttore, la tecnica.
Il collettivo teatrale “La Ballata dei Lenna”, nato nel 2012 alla Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine e fondato da Nicola Di Chio, Paola Di Mitri e Miriam Fieno torna a far parlare di sé dopo “La protesta una fiaba italiana”, “Cantare all’amore”, “REALITalY” e soprattutto “Il paradiso degli idioti”, finalista Premio Scenario 2015. Con “Human Animal” ci narra di tre impiegati dell’Agenzia delle Entrate, intrappolati per una notte nel loro ufficio a causa di una alluvione. La tecnica narrativa è in parte la recitazione e in parte la ripresa video 8 mm di quanto gli attori compiono dietro un paravento. Tutto è metafora della scarsa trasparenza e del filtro, di cui l’ufficio pubblico finisce per essere segnacaso nel sentire comune. Si intrecciano vicende personali, piccole e grandi cattiverie, anime sospese e tormenti inespressi che paiono rivelare una natura umana stratificata, multilivello e soprattutto frammentata. Proprio la polverizzazione del nostro mondo, in cui non ci sono più identità collettive condivise e l’individuo non sa bene chi sia e cosa desideri, pare la cifra espressiva meglio riuscita, che si rappresenta anche nello stile di esecuzione, antinarrativo all’estremo. Sulla suggestione dell’ultimo romanzo di David Foster Wallace, “Il re pallido”, questa pièce è una elegia dell’alienazione post-moderna a base di simboli e metafore.
Di segno diametralmente opposto è “Aplod” di Fartagnan teatro, spettacolo selezionato nell'ambito del Festival Dominio Pubblico 2018 di Roma. La compagnia, nata nel 2017 grazie a quattro ex allievi diplomati alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano con il sogno di creare «un nuovo Teatro Pop per la generazione 2.0», ha costruito questo divertentissimo spettacolo, già presentato a IT Festival 2017 e vincitore del bando GIOVANI DIREZIONI - IV Edizione/ in collaborazione con MaMiMò, residenza artistica ILINXARIUM, Associazione K/ Manifattura K, Karakorum Teatro.
In un futuro utopistico ma non troppo, vengono rievocate le atmosfere tecnologiche alla “Black Mirror” di Netflix, ma strizzando l’occhio alle metafore sociologiche di Orwell e allo stile ironico delle sceneggiature dei fratelli Cohen. Due ragazzi perdono il lavoro e si buttano nel mercato pirata della condivisione di video, vietata dalla legge di un fantomatico governo universale tirannico e ostile alla dimensione social. Per colpa del tradimento del coinquilino, apparentemente allineato al sistema, verranno smascherati e puniti duramente. L’amara analisi rimanda al nostro mondo in cui la libertà si trasforma sempre più da sostanziale a formale proprio a causa del potere omologante dei social network. Il linguaggio è divertente e acuto, con punte di agrodolce e una leggerezza da sit com anni Novanta. Bravi, da vedere.