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Don Virginio ha un segreto. Forse, più d’uno. Vincenzo Semerari, ispettore di polizia giudiziaria, è stato mandato a estorcergli la confessione del più indicibile e nefando dei crimini ai danni di un essere umano.
Segregati nell’angusto e misterioso ricettacolo-palcoscenico della loro sfida (un covo? una cella? una camera di sicurezza sui generis?), il parroco e lo sbirro si affrontano senza esclusione di colpi. Anche il poliziotto, a quanto pare, ha qualcosa da nascondere: l’inconfessabile sodalizio, condiviso dallo stesso prete, che chiama in causa un’assortita consorteria di ‘superiori’ fra cui un monsignore, un colonnello, funzionari, magistrati e narcotrafficanti.
Qualcosa dev’essere sfuggito di mano dopo la morte e il ritrovamento della bambina. Si cerca un capro espiatorio. Non ci sarà via di fuga.
(Dalla sinossi dell’autore)

Testo sfuggente e disturbante, LA CONFESSIONE di Giampaolo Spinato.
Non un dramma per tutti. Ma neanche per nessuno. Anzi.
Con il suo sostrato di fitti sottintesi, lungo un’obliqua mobilità di «stati di coscienza» (per citare Leo de Berardinis) su cui inventare possibili schiarite, offre un denso materiale d’abisso ad attori di fervida curiosità interpretativa che vogliano esplorare confini e resistenze dei propri mezzi di indagine ed espressione.
C’è, infatti, un dedalo di ambiguità e segretezze pronte ad accoglierli – nel chiuso di una strana stanza adombrata di fosche trame – per un ampio e inventivo scandaglio. Ci sono corpi e menti da abitare di due personaggi trasudanti contraddizioni, sordidezze e vaghi tormenti; dai quali emergono colpe, errori e fetide debolezze sulle faglie di accidentati dialoghi e separati soliloqui su cui potere erigere recitazioni d’evocativa allusività: passibili, così, d’irretire lo spettatore in un gioco di scomodi dilemmi e domande pungenti.
Quesiti e intrichi che, attorno alla spirale dell’oscuro giallo e alla diffusione intorbidata della sua notizia, portano quindi a interrogarsi anche su come ognuno di noi percepisca e interpreti la realtà oggi. Sempre più filtrata e deformata da un regime di tale sovraesposizione massmediatica che – coi suoi maggioritari teleobiettivi e display distanzianti, tesi più all’effetto visuale d’entertainment che all’effettivo merito sostanziale – mostra ma non dimostra, dispiega ma non spiega: semmai rischia di confondere e distogliere dal vero tant’è sovraccarica di informazioni, dati e visioni d’intrusiva presenza che la disserrano piuttosto a spinte manipolative e opportuniste, dettate da esigenze di opaco controllo ed elitario mantenimento del generale status quo da parte di gerarchie e potentati che, per linee privilegiate o dirette, vi hanno accesso.
A tal invadente mole che pressa così il reale, Spinato oppone allora un movimento spezzato d’anime che s’addentra in minuti anfratti e solchi interiori cosparsi di parole, fra pieghe e contropieghe di detti e non detti, tra sporchi squarci di rivelazioni a metà e bagliori di dettagli che non fanno comunque troppa luce sugli eventi e sui suoi protagonisti. Ovvero due elusivi uomini soli che, per ruolo e altresì vocazione, dovrebbero attendere alla cura e custodia della Verità. La quale nessuno in toto, nelle sue infinitesimali scaturigini e derivazioni, alfine possiede; a differenza della Ricerca che, invece, è davvero di tutti. Per tutti. Non per pochi e men che meno per nessuno.
Ed è questo, in conclusione, uno tra gli aurei portati della labirintica pièce, al cospetto di un presente asserragliato dalle pervasive condotte di oligarchie operanti a circuito chiuso e per fini di ristrette cerchie esclusiviste: che pertanto lasciano, o meglio, fanno fuori disparati bisogni e necessità vitali di aperte moltitudini e comunità d’individui. Temi e aspetti su cui interrogarsi e avanzare domande per, poi, porsi in cerca di un sincero vivere riconquistato.
Damiano Pignedoli

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Giampaolo Spinato. Scrittore e docente, drammaturgo e giornalista nonché regista e agitatore culturale, nasce a Milano nel 1960. Completati gli studi classici al liceo, nella prima metà degli anni ’80 prosegue la sua formazione frequentando dapprima l’Università di Bologna – dove in seguito conseguirà la laurea al DAMS – e diplomandosi nel 1984 all’allora Scuola del Piccolo Teatro di Milano, antesignana dell’attuale “Paolo Grassi”. Nel 1990 diventa giornalista professionista, dopo avere già collaborato con “il Giornale” diretto da Indro Montanelli e dal 1987 con “la Repubblica” per la quale, a più riprese sino a oggi, continua a scrivere. A tali collaborazioni si aggiungeranno poi quelle con molte altre testate: tra cui “Linus”, “L’Europeo”, “Cuore”, “Max”, “Società civile”, “Leggere”, “Carnet”, “Panorama” e “Oggi”. Diversamente, compiute una serie di regie teatrali concomitanti e seguenti ai suoi studi alla Scuola del Piccolo, debutta nella scrittura drammatica con MOTORADIOTAXI: messa in scena nel 1988 da Cristina Pezzoli per la produzione di Futura Corporation. Un biennio più tardi è coautore della pièce collettiva PANE BLU, prodotta dal milanese Teatro del Buratto. Col procedere degli anni ’90 prende quota la sua attività letteraria. Nel 1993 pubblica infatti il racconto B. sulla rivista “Idra”, dal quale scaturirà l’omonimo dramma che nel 2001 verrà segnalato tra i finalisti al Premio Riccione per il Teatro e, nel 2005, diventerà uno spettacolo diretto da Fulvio Cauteruccio per la compagnia Krypton. Edito da Einaudi, nel 1995 esce invece il suo primo romanzo intitolato PONY EXPRESS, mentre vara il progetto “Bartleby - pratiche della scrittura e della lettura” tramite cui, lungo il tempo, darà corpo a una molteplicità di iniziative, corsi e laboratori formativi riguardanti la scrittura creativa e la drammaturgia. L’esperienza e gli insegnamenti prodotti in tali occasioni sconfineranno anche in ambito accademico, attraverso numerose docenze tra le quali si cita almeno quella che, dal 2009 a tutt’oggi, tiene presso l’Università Cattolica di Milano. Frattanto, a cavallo del nuovo millennio, dà alle stampe per l’editore Mondadori i romanzi IL CUORE ROVESCIATO (1999, vincitore del Premio Selezione Campiello) e DI QUA E DI LÀ DAL CIELO (2001), dedicandosi con profitto di nuovo alla drammaturgia. Fatta menzione di B. (peraltro pubblicato all’epoca come “Dramma del Mese” in questa stessa testata), scrive nel 2001 DA LONTANO VI UCCIDONO CON L’ONDA che assurge alle cronache per la censura tentata dall’Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda della corrispondente messinscena diretta dalla Pezzoli, programmata per il festival di Heidelberg del 2002 dove si riuscirà comunque a presentare in forma di performance. In quell’anno, partecipa al collettivo nazionale Scrittori per la Pace che viene insignito del Premio Hystrio per la Drammaturgia; inoltre vede andare in scena il suo testo ICO NO CLAST grazie ancora al gruppo Krypton e alla regia di Fulvio Cauteruccio. Nei due anni successivi, con l’ensemble d’autori Città in Condominio, sperimenta scritture ed espressioni di teatro che raccontino il presente secondo crismi di maggiore immediatezza, svincolata da tempi e modalità cogenti della produzione teatrale. Del suo testo BLU, invece, ne fa una rappresentazione per l’edizione 2005 del festival La Fabbrica dell’Uomo organizzato a Milano da Outis. Nel frattempo, tra giornalismo e continue docenze, fervono le stesure di romanzi: al 2004 risale l’uscita di AMICI E NEMICI per i tipi di Fazi, a cui seguiranno LA VITA NUOVA nel 2008 per Baldini Castoldi Dalai e, in un’edizione fieramente indipendente, LA BAMBINA nel 2014. Un anno prima, accanto a Massimo Sgorbani e Roberto Traverso, crea uno dei monologhi del trittico intitolato FUCK ME(N) «Studi sull’evoluzione del genere maschile» che diviene uno spettacolo recitato da Alex Cendron e diretto da Carlo Compare per la Compagnia Teatrale Dionisi. Il lavoro riceve il Premio Giovani Realtà del Teatro 2013 dell’Accademia Drammatica Nico Pepe di Udine, ponendosi temporalmente giusto in mezzo ad altri due riconoscimenti conferiti a Spinato a distanza esatta di un decennio, confermando così una vitalità d’autore non soggetta al logorio degli anni e dei suoi rivolgimenti. Uno è l’Isimbardi 2008, assegnatoli dalla Provincia di Milano nella “Giornata della Riconoscenza”, ad attestazione proprio di una carriera da scrittore «con largo consenso di pubblico e critica»; l’altro è il Premio InediTO 2018 - Colline di Torino per la Sezione Testo Teatrale, vinto con la drammaturgia figliata dal suo citato ed eponimo romanzo AMICI E NEMICI, inerente al tragico sequestro del 1978 ai danni dello statista Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse. Una reinvenzione drammatica giudicata «d’alta levatura culturale» che, prossimamente, esordirà per le scene in versione reading. Per ogni altra informazione, infine, e aggiornamento sull’attività di questo corrosivo intellettuale libero, d’indomabile curiosità e sagacia argomentativa, che non teme di esporsi in modo impopolare e sarcastico alla luce di un’onestà di pensiero apparentemente scorbutica, si vedano il suo website “giampaolospinato.it” e il suo seguito account twitter @GPS_SPINATO.