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Licia Lanera, giovane artista pugliese, riconosciuta e pluripremiata, ha dimostrato costantemente la sua propensione nei confronti del racconto di stampo europeo. Dopo il fortunato THE BLACK’S TALES TOUR, approda a Napoli con la prima parte di una trilogia, dal titolo GUARDA COME NEVICA, che la accompagnerà e impegnerà nei prossimi tre anni. Gli autori prescelti sono legati alla letteratura russa, a partire da Bulgacov, uno degli autori preferiti dall’attrice, per arrivare a Čechov e a Majakovskij. La prima parte di questa complessa trilogia riporta il titolo del romanzo breve di Michail Bulgacov, ossia CUORE DI CANE, adottato anche per lo spettacolo che va in scena al Piccolo Bellini di Napoli dal 30 ottobre al 4 novembre. Il processo di lettura e di rielaborazione di un testo in prosa, si affianca alla scelta di altri due generi, ossia quello drammaturgico con I GABBIANI di Anton Čechov e quello poetico con LE POESIE di Vladimir Majakovskij. Il lavoro operato da Lanera è molto complesso, poiché analizza integralmente il testo di origine, legato alla narrazione, e ne rielabora una struttura drammaturgica che arricchisce con effetti sonori prodotti, riprodotti e

affidati a Tommaso Qzerty Danisi, il quale ha accompagnato l’attrice anche durante The Black’s Tales Tour. Questi processi, che partono da una prosa narrativa e approdano al palcoscenico, sono caratterizzati da un’ulteriore fase che “piega” l’adattamento scenico verso il genere del radiodramma: Danisi, infatti, sintetizza suoni ed effetti sonori, scandendo il ritmo della narrazione e ricreando una colonna sonora non musicale, ma pseudo-musicale, mentre Lanera recita interpretando tutti i personaggi citati. L’attrice, qui anche regista, indossa una maschera che raffigura il viso rattrappito di donna e modula la voce di ogni personaggio, inserendo anche il narratore, attraverso un’operazione interpretativa e attoriale intensa e faticosa. La propensione per il racconto e per la figura ancestrale della vecchia che apre il libro e che comincia a raccontare seduta su una poltrona – immagine legata anche alla letteratura del meridione italiano –  non è estranea alle prime produzioni della vecchia compagnia, ossia Fibre Parallele, ed emerge in questo spettacolo improvvisamente, all’interno di un’ambientazione ottocentesca, evidentemente collocata nella tipologia del dramma borghese e del salotto borghese, in un’atmosfera – soprattutto quella iniziale – prettamente russa. Infatti, grazie all’utilizzo di una macchina che spara finta neve sul proscenio e un particolare taglio di luce, il cane protagonista del racconto – o meglio co-protagonista- entra in scena nelle sembianze di questa donna-narratrice. Šarik, questo il nome originale dell’animale, diventa volutamente e banalmente Pallino nella trasposizione scenica italiana e Filipp Filippovic è invece uno scienziato che promette ai suoi pazienti di cambiare vita. La lotta contro la vecchiaia, la bruttezza e le deformità spinge il medico a sperimentare innesti di ghiandole ed organi umani in corpi di animali. Ciò che l’attrice tende a far emergere, attraverso un punto di vista contemporaneo, e quindi non russo, non ottocentesco/novecentesco, non politico, è appunto la deformità della società. Il racconto, dunque, viene “epurato” dalle eccessive caratterizzazioni legate alla politica russa di fine Ottocento e inizio del Novecento, dalla propaganda comunista che emerge costantemente nella lettura del racconto di Bulgacov, sebbene rimanga questo confronto tra ricchi e poveri attraverso un’accezione legata ai vizi e alle virtù dell’umanità. Dall’appellativo “proletario” al concetto di uomo/cane che accetta e desidera di vivere nell’appartamento di un ricco borghese, che si meraviglia dei vantaggi del collare, lasciapassare quest’ultimo per accedere ai luoghi da cui veniva precedentemente cacciato, alla trasformazione in compagno attivista, ubriacone e affamato di donne, tutti elementi che caratterizzano Pallino e la sua trasformazione in uomo. Da un lato il ricco professore che pensa di cambiare il mondo e le vite, dall’altro il comunista creato attraverso un esperimento ed evolutosi autonomamente. Non a caso, appunto, alla fine del racconto, ma non è chiaro alla fine della narrazione scenica, l’uomo/cane viene retrocesso ad animale attraverso un ulteriore esperimento finale, distaccandosi dal più famoso esempio di mostro da romanzo ottocentesco, ossia Frankenstein, ma ricordandoci anche il Faust e la sua storia. Il titolo è indicativo ed è utile e funzionale alla visione che sviluppa Lanera all’interno dello spettacolo, generalizzando il discorso e portandolo a livelli universalistici che spingono, con tutte le forze, il pubblico a distaccarsi dal contesto politico originale: nonostante emergano sfumature legate alla cultura politica del tempo, lo spettacolo sembra caratterizzare il racconto attraverso elementi tipici del Romanticismo europeo, ormai tardo, come  lo smembramento dell’uomo e del suo corpo, il nuovo che avanza e che allontana dalla solidità del passato, il futuro sconosciuto. È inevitabile, dunque, che alcune parti siano state ridimensionate, mantenendo per esteso i passaggi del racconto in cui si mettono in evidenza il grottesco e il macabro, elementi da gothic novel che certamente attecchiscono più velocemente e stimolano l’attenzione dello spettatore. Il lavoro messo in atto è, dunque, molto complesso e di grande levatura intellettuale e attoriale, di grande qualità nella tecnica vocale e corporea, sebbene la narrazione tenda ad essere ridondante in alcuni punti e a rallentare eccessivamente, soprattutto nella seconda parte. Questo comporta una prima fase in crescendo, attraverso cui lo spettatore è attratto dagli effetti sonori e comincia ad appassionarsi alla vicenda del cane trascinato in sala operatoria, ed una seconda parte che attraversa fasi ondulatorie, caratterizzate da rallentamenti e accelerazioni, che trova uno spettatore ormai poco attento.

CUORE DI CANE
Piccolo Bellini Napoli
30 ottobre – 4 novembre 2018
di Michail Bulgakov
con Licia Lanera, Tommaso Qzerty Danisi
sound design Tommaso Qzerty Danisi
luci Vincent Longuemare
costumi Sara Cantarone
adattamento e regia Licia Lanera
produzione Compagnia Licia Lanera/TPE - Teatro Piemonte Europa

Foto Manuela Giusto

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