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Il monologo, liberamente tratto da "I fratelli Karamazov" di Fëdor Dostoevskij, (la riscrittura è di Letizia Russo) ci regala un taglio visionario sulla figura di questo grande personaggio della letteratura russa. La regia di Serena Sinigaglia inserisce il personaggio in una spirale di metallo da cui pendono fogli ingialliti e sgualciti, le pagine del libro (le scene sono di Stefano Zullo). Una spirale che, grazie al disegno delle luci di Roberta Faiolo, diventa una vera e propria corona di spine sul capo di Ivan. Magistralmente interpretato da Fausto Russo Alesi, Ivan, è come Gesù in croce. Il tema del libero arbitrio e il senso rivoluzionario del perdono, sono le riflessioni principali su cui si sofferma la regista. Ivan è il secondo dei fratelli Karamazov. Il più tormentato, inquieto, si interroga sull’esistenza

di Dio, dialoga con il fratello più piccolo e racconta del Grande Inquisitore, racconta uno dei capitoli del romanzo: una parabola che parla del ritorno sulla terra di Cristo; nella Spagna dell’Inquisizione. Imprigionato come eretico, il figlio di Dio ha una lunga conversazione con il Grande Inquisitore, che gli illustrerà perché la Chiesa non ritenga l’uomo pronto per la libertà, ma necessiti, per la sua stessa felicità, di un fermo controllo da parte dell’Istituzione. Il Grande Inquisitore conosce il segreto degli uomini: non sanno che farsene della loro libertà. La leggenda è una fonte di riflessione inesauribile. Cosa ci insegna oggi? Ci insegna che alla salvezza si può arrivare solo attraverso la libertà. Ci insegna che esiste una zona grigia dove bene e male si sfiorano, ci insegna che esiste “l’umiltà del male” come sottolinea Franco Cassano, in una sua opera. “Vattene e non venir più… non venire mai più, mai più” Così dice il Grande Inquisitore a Gesù e lo lascia andare per “le vie oscure della città” L’Inquisitore nella figura del male, salva il bene, Gesù. Ma il bene, si allontana nelle vie oscure. Ecco che il grigio incombe sulle vite di tutti noi. Fausto Russo Alesi, con grande abilità e presenza scenica mostra, di volta in volta, il bene, il male e la nostra zona grigia, le nostre contraddizioni. «Ivan è un uomo tra gli uomini, o forse è solo un ragazzo troppo maturo per i suoi anni – spiega Serena Sinigaglia –. È il più tormentato, ma il più assolutamente umano dei fratelli». Ivan è chiuso nella trappola dell’umanità. Cerca l’infinito ma sa di essere mortale, egli infatti parla da uomo morto. Ma le sue parole gli sopravvivono. Le pagine sospese nella spirale. Ecco l’ultimo significativo messaggio che arriva dalla regia. Il teatro, come la letteratura, vive al di là e oltre gli uomini, ha un significato se ci permette di trascendere la nostra visione particolare e limitata, crea un ponte fra passato e presente, offre uno sguardo verso il futuro. La spirale, in cui è rinchiuso Ivan, va verso l’alto e, mano a mano si allarga, si apre verso il cielo ma anche verso il  vuoto, nell’infinito mistero della zona grigia, verso il  dubbio.

Milano, Piccolo Teatro Studio Melato 11-16 dicembre 2018