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È, questa interessante drammaturgia, un attraversare il confuso e tempestoso mare della contemporaneità, non per niente definita liquida da Zygmunt Bauman, sostenuti e quasi protetti dal vascello di uno dei più classici testi dell'antichità classica, quell'Antigone sofoclea che costruita sul sottile discrimine tra individualità e legge costituisce, attraverso i tanti secoli che ha transitato, una vera e propria miniera di suggestioni ed interpretazioni. Se di quel vascello mantiene fedeltà alla struttura narrativa, il lavoro dei drammaturghi produce una destrutturante revisione incistando e travestendo quel testo con i segni della nostra modernità, evidente ma insieme oscura, che proprio attraverso quel lavoro di smontaggio/montaggio assume nella profonda fedeltà e sincerità, come ha intuito Edoardo Sanguineti, rinnovati significati e rinnovata luminosità. Lo spettacolo può così accostarsi e scivolare prossimo ad alcuni tra i temi più significativi della società italiana, dalla violenza sulle donne alle migrazioni, dal modello Riace alle morti di stato, temi che nello schema etico ed estetico della tragedia di Sofocle trovano appunto una misura di paragone, un riferimento ed un giudizio soggettivo e

collettivo.
Il paradosso è così implicito e smascherato, e se il senso della tragedia antica è l'irresolubilità del conflitto tra esistenza e fato, tra individuo e norma, un conflitto che appunto trascinava alla perdita di sé, il senso della moderna tragedia è la progressiva umanizzazione del confronto che da una parte  ne supera l'intima impossibilità ma dall'altra mostra la difficoltà a trovare giudizi condivisi e collettivamente legittimati stante una sorta di 'revoca' dell'etica umana e sociale anche nella sua versione kantiana.
Così il Creonte di oggi non è più tutore di una legge che Antigone può combattere perché è una legge legittimata in quanto condivisa, ma ognuno sembra costruirsi la propria legge senza neanche avere il bisogno di proporla agli altri, così che senza nemici si perdono anche gli amici e ogni cosa, nel duro contesto dell'irraggiungibile potere del dio denaro, sembra potersi risolvere in un link di condivisione o di rifiuto.
La musica dal vivo dei due eccellenti musicisti sul palcoscenico, come nella tragedia antica, accompagna la narrazione e ne rafforza il senso.
Un testo dunque ben costruito e ben messo in scena, suggestivo anche nella sua capacità di mostrare e mostrarci le nostre attuali contraddizioni, su testi originali di Adriano Ferri e adattamento di Luigi Moretti che cura anche la regia.
Ottima la prova di Francesca Berardi, David Zanza Anzalone, che trasforma la sua diversa abilità in efficace segno scenico, Filippo Mantoni, Valentina Illuminati, Alen Marini, Stefania Cempini, Luigi Moretti.
Costumi e scene di Stefania Cempini, realizzazione scene di Guerrino Andreani, disegno luci di Francesco Mentonelli.
Una produzione Centro Teatrale Senigalliese, al teatro La Fenice di Senigallia dal 15 al 17 febbraio con buona risposta da parte di un pubblico numeroso e molto attento.
Pubblico che, in effetti, ha partecipato con grande interesse al dibattito sul tema delle violenza sulle donne svoltosi dopo lo spettacolo e che ha visto la partecipazione del “Movimento Donne contro il fascismo”, della “Associazione dalla parte delle donne” e del “Consiglio delle donne” del Comune di Senigallia, istituzione unica nel panorama italiano promosso nel 2010 e fortemente voluto dal sindaco .

Foto Paolo Monina