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“L’Ammazzatore” di Rosario Palazzolo, drammaturgo e interprete insieme con Salvatore Nocera, e del regista Giuseppe Cutino è uno spettacolo importante. Ha debuttato al Biondo dal 19 al 24 febbraio e subito dopo s’è visto a Milano sulla scena del Teatro della Contraddizione. È uno spettacolo importante perché in esso due linguaggi creativi, diversi e distanti tra loro, si sono incontrati positivamente dialogando, ascoltandosi con attenzione e rispetto, valorizzando reciprocamente le peculiarità artistiche. È possibile cogliere in esso infatti l’esatta concretezza del linguaggio registico di Cutino, che sa stare coi piedi ben piantati per terra senza smarrire al contempo una buona dose di leggerezza e senza nascondere un autentico spessore culturale che non indugia in citazioni né, tantomeno, in auto-citazioni. Dall’altra parte di questo allestimento si accampa invece l’amore incontinente e corrosivo di Palazzolo per la dimensione paradossale della realtà e del linguaggio: prima che gli opposti della

realtà arrivino a incontrarsi, questo teatrante con la sua feroce e innocente percezione del mondo, col suo pietoso sarcasmo (e tanto più pietoso quanto più ferreo), con la sua intelligenza veloce e divertita, ne ha già doppiato il giro (il testo è stato pubblicato nel 2007). Questa è la caratteristica più singolare e feconda del teatro di Palazzolo ed è stato bravo Cutino a riconoscerla, a valorizzarla, senza smettere per questo di fare il suo lavoro di regista. Una percezione della realtà feroce e innocente: non c’è nulla, ad esempio, nel personaggio (Ernesto Scossa) di questa piéce che solleciti umane simpatie, tenerezza, comprensione, giustificazioni, nulla. L’ammazzatore è esattamente ciò che appare: un balordo diventato assassino per sfangarsela, un balordo che usa tutta la sua ferocia, necessaria e innocente, grottesca e delirante, per crescere nella sua professione, per “essere” prima ancora di “diventare” qualcuno o qualcosa. Ma siccome nemmeno quella di un balordo è una vita semplice, neppure se sai usare la pistola, neppure se poi ti innamori e provi a scappare, a fuggire, a diventare altro da quel sei (perché lo hai voluto o perché altri lo hanno voluto per te), ecco che il personaggio che dovrebbe rappresentarla è destrutturato, vistosamente duplicato, affidato a due attori, a due corpi, a due parole che s’inseguono e respingono, e non per racchiuderla in una dualità accessibile e rassicurante, ma per moltiplicarla, disperderla, dissiparla si direbbe meglio, in una pluralità di prospettive, voci, storie, di vittime e carnefici, di morti ammazzati ch’erano già morti prima di morire, com’era già morto l’ammazzatore stesso prima che iniziasse lo spettacolo. Ritmo vertiginoso e avvolgente, narrazione post mortem, denuncia sociale, sogno perturbante, black comedy, commedia dei fantasmi, teatro siciliano contemporaneo nell’accezione più colta e aperta: da non perdere. Visto a Palermo, nella Sala Strehler del Teatro Biondo, il 23 febbraio scorso.

L’ammazzatore
Di Rosario Palazzolo, regia Giuseppe Cutino, con Salvatore Nocera e Rosario Palazzolo, scena e costumi Daniela Cernigliaro, disegno luci Petra Trombini, aiuto regia Simona Sciarabba, produzione A.C.T.I. Teatro Indipendente, in collaborazione con M’Arte Movimenti d’Arte, Teatrino Controverso, T22, durata 60 minuti circa. Dal 19 al 24 febbraio al Teatro Biondo di Palermo. Dal 28 febbraio al 3 marzo al Teatro della Contraddizione di Milano. Dal 9 al 10 marzo al Clan Off di Messina. Crediti fotografici: Giuseppe Cutino.