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Nel 2016 inizia un viaggio con la valigia. Costantino Raimondi ci aprì le porte dell'antica chiesa sconsacrata di S. Giuseppe delle Scalze a Pontecorvo di Napoli e assistemmo alla magia solitaria  delle prove. Nel maggio di quell'anno il debutto dello spettacolo MONOLOGO CON LA VALIGIA attirò un pubblico così numeroso che il teatro Bellini di Napoli decise di aggiungere una seconda replica all'unica giornata prevista. Da quel momento Costantino Raimondi ha scelto di continuare a narrare un viaggio. Lo spettacolo del 2016, infatti, è il risultato di un lungo lavoro e di un'intensa esperienza artistica e di vita che Raimondi e Guerassim Dichiliev hanno intrapreso da più di venti anni. L'idea di una trilogia sembra svilupparsi attraverso l'immagine di un viaggio ripercorso più volte, ma con esperienze ed emozioni sempre diverse. Il MONOLOGO CON LA VALIGIA diventa, dunque, il secondo capitolo della trilogia, spingendo Raimondi verso una forte volontà di descrizione

del substrato esperienziale, così da mettere in scena un nuovo spettacolo dal titolo PROVE (REWIND). Stavolta è il Nuovo Teatro Sanità ad accogliere la trilogia di Raimondi, in scena dal 5 al 14 aprile, in attesa, però, della terza "tappa" di questo viaggio, non ancora pronta per il palcoscenico. Se MONOLOGO CON LA VALIGIA ha visto il suo fortunato debutto napoletano nel 2016 per poi volare con grande successo ad Avignone, PROVE (REWIND) debutta a Napoli in attesa di un'ulteriore evoluzione. Questo spettacolo riporta alcuni momenti del più esteso MONOLOGO, ma in scena stavolta sono presenti altri attori oltre a Dichiliev e alla piccola Fiorenza Raimondi: Sergio Longobardi, Alessandra Masi, Oscar Valsecchi e Tata Barbalato. Lo spettacolo è fruibile sia da coloro che hanno già assaporato il secondo capitolo della trilogia, ossia  il monologo, sia da coloro che conoscono per la prima volta il connubio Raimondi-Dichiliev. Dopo l'osservazione della creazione di questo percorso, durante la già citata esperienza a porte chiuse del 2016, è emersa la sensazione di trovarsi di fronte ad un discorso più ampio e ricco di sfaccettature, perché molto più intenso rispetto al tradizionale allestimento di uno spettacolo. Partendo da alcuni elementi che diventano filo conduttore, ossia il viaggio, lo sradicamento, l'arte che spinge alla conoscenza, il senso comunitario, il multilinguismo e il confronto con altre culture, anche questo spettacolo si avvale di un percorso simile che attraversa le stesse strade. La sensazione che Raimondi senta il bisogno di approfondire questo viaggio emotivo, corporeo ed artistico, emerge fortemente anche attraverso questo spettacolo, sebbene la frammentarietà degli episodi e delle storie renda la narrazione meno omogena rispetto al monologo del 2016, che si concentra per natura su un unico racconto ed un unico personaggio. Il titolo descrive in qualche modo la volontà di osservare a ritroso per comprendere meglio: se le prove rappresentano ciò su cui si basa uno spettacolo finito, il rewind rappresenta il percorso a ritroso necessario per comprendere ciò che è avvenuto. Questa apparente sovrapposizione e mescolanza di piani temporali è l'unico codice che lo spettatore può utilizzare per comprendere meglio la volontà progettuale e simbolica messa in atto da Raimondi, fondata, infatti, su due forze opposte: una spinge inesorabilmente verso il futuro, un’altra riporta verso il passato e rende più doloroso lo sradicamento. Ogni personaggio presente in scena è un artista di strada e racconta la sua storia di emigrazione, quindi anche di immigrazione e di erranza, attraverso tecniche artistiche differenti, come il contorsionismo, il mimo, il canto e il ballo. Ognuno di loro è un artista emigrato che convive con lo sradicamento, ma è spinto dalla volontà di conoscere e di diffondere l'arte con l’entusiasmo di chi non prevede muri e confini. Questi personaggi si risvegliano in scena, come lavoratori affaticati, colti da lungo torpore, e cominciano a provare. La metafora del palcoscenico/vita sottolinea il senso della "prova" che mette in gioco l'uomo all'interno del “circo” dell'esistenza. Questi uomini e queste donne, infatti, sono presentati, sin dalla prima scena, nei panni dell'artista e della maschera che incarnano, ma solo in un secondo momento descriveranno il loro viaggio e l’esito, spesso doloroso, di questo lungo percorso che è la vita. Il personaggio della bambina dal naso rosso, presente anche nel monologo e descritto nel 2016 come una presenza pura, quasi come coscienza artistica del protagonista, accompagna gli artisti anche durante queste prove. Tra momenti onirici e commoventi, ed altri meno intensi e a tratti ripetitivi, questa prima tappa di un percorso a ritroso sembra voler spiegare al pubblico, attraverso la presenza dell'artista viaggiatore, il concetto di sradicamento e di mescolanza. Il voler "provare" a vivere meglio, con ironia e innocenza, dandosi in pasto al pubblico e rischiando la solitudine e la morte, è una pratica che stende un pesante velo di malinconia su questi personaggi; l'esempio più evidente è Tata Barbalato nei panni di un pierrot silenzioso che non pronuncia nessuna battuta, ma intona, a fine spettacolo, una struggente e antica canzone napoletana.

PROVE (REWIND)
Nuovo Teatro Sanità
5-7 aprile 2019
testi di Guerassim Dichiliev, Sergio Longobardi, Costantino Raimondi e Oscar Valsecchi
con Guerassim Dichiliev, Sergio Longobardi, Alessandra Masi, Costantino Raimondi, Oscar Valsecchi, Fiorenza Raimondi e Tata Barbalato
assistente alla regia Pascale Kouba
costumi Tata Barbalatocreazione
luci Gaetano Battista
ideazione, regia e drammaturgia corporea di Costantino Raimondi
produzione – Indila – Italia