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Dopo dieci anni di osservazione e di approfondimento degli spettacoli in scena a Napoli e al sud Italia,  accade con frequenza che dietro all'analisi di ogni spettacolo comincino ad affiorare ricordi, storie, concatenazioni, evoluzioni. INTERIORS è testimone di un viaggio lungo dieci anni, durante il quale i palcoscenici napoletani hanno visto esibirsi migliaia di spettacoli e di compagnie, cercando di mantenere il primato di culla teatrale italiana ed europea. Nel giugno 2009 il Napoli Teatro Festival Italia, diretto allora da Renato Quaglia, presentò Matthew Lenton durante un incontro presso il PAN di Napoli, momento importante  che vide presente anche il drammaturgo napoletano Manlio Santanelli a confronto con il giovane autore inglese.  Lo spettacolo fu ospitato dall'antico Teatro Sannazaro, luogo sacro che, dopo dieci anni, lo accoglie nuovamente dal 3 al 12 maggio. L'impatto con la messinscena aveva colpito positivamente il pubblico del Festival 2009, così come la scelta scenografica e la volontà di presentare una riflessione sull'apparenza dei rapporti interpresonali attraverso il silenzio e la morte incuriosirono il pubblico. Proprio quest'ultima, la morte appunto,

appare narratrice e commentatrice dell'esperienza di vita dei personaggi, interpretata da una giovane donna ormai defunta, l'unica che è realmente udita dal pubblico e l'unica che si trova al di là delle mura trasparenti della casa. Se nel 2009 il personaggio narratore poteva essere considerato dal pubblico come la figlia defunta del padrone di casa, oggi lo stesso personaggio potrebbe essere considerato, invece, come la giovane moglie defunta. Cosa è cambiato, dunque, in dieci anni dal debutto napoletano nel 2009? Scenograficamente nulla: la casa e le sue pareti in plexiglas sono state riprodotte sullo stesso palco del Sannazaro, con la stessa struttura. Cambia, invece, la compagnia: il cast, infatti, è interamente italiano, la produzione è affidata a Tradizione e Turismo - Centro di Produzione Teatrale e ad Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro. Sebbene questo elemento possa sembrare poco rilevante, in realtà chi ha avuto la possibilità di confrontare le due versioni dello spettacolo noterà alcune differenze. La compagnia del 2009 era anglo-italiana, quella del 2019 è interamente italiana, prevalentemente napoletana. Dal momento che l'intero spettacolo è costruito su un racconto muto, ossia mimato dagli attori e costruito sui movimenti, sui suoni e sulla musica, sugli interventi verbali della giovane donna, è evidente che la gestualità italiana, soprattutto napoletana, così come la mimica, risultino accentuate, ricche, a tratti ingombranti, grottesche ed esageratamente evidenti rispetto alla versione del 2009. Questo atteggiamento, però, non sminuisce la bravura di ogni attore che presenta un complesso lavoro di approfondimento sul personaggio e, quindi, di restituzione al pubblico.  Anche la lingua italiana, utilizzata dal personaggio esterno alla casa, elimina l'utilizzo dei sopratitoli proiettati dieci anni fa sopra la scena. La cena della notte più lunga dell'inverno si svolge all'interno di un'accogliente casetta idealmente costruita in mezzo ai ghiacci, al  nulla, in un ipotetico Nord del mondo. Il padrone di casa, uomo più anziano rispetto al resto dela compagnia, invita a cena una coppia, un single, una single, un giovane e la propria nipote. Ogni personaggio rappresenta una tipologia, un'emozione, ma soprattutto costituisce un modello specifico di "apparenza comportamentale": lo spirito della giovane donna defunta, infatti, rivela ciò che pensa ogni personaggio e osserva attraverso le pareti trasparenti che racchiudono il palcoscenico e che permettono anche agli spettatori di poter sbirciare dentro. Metafora dell'osservazione e dell'introspezione, questo spettacolo sembra avere una valenza ancor più intensa rispetto a dieci anni fa: sebbene l'incomunicabilitá o la presenza di telefoni cellulari siano elementi frequenti negli spettacoli contemporanei, ma in questo caso  assolutamente  assenti, l'isolameno che oggi caratterizza la societá sembra qui monito di resistenza. Se dieci anni fa Lenton chiudeva in una casa, osservata dall'esterno, gli "interiors", intesi come " internati" e come "interni", sulla scia del boom di trasmissioni televisive diffuse in tutto il mondo, come il Grande Fratello e il relativo collegamento letterario con George Orwell e il suo romanzo "1984", dopo dieci anni comprendiamo l'evoluzione di un messaggio che già nel 2009 era inquietante. Gli Interiors si radunano e si incontrano per sopravvivere alla notte più lunga e gelida dell'inverno, mirando ad una continuità di vita attraverso l'unione. Oggi emerge ancor di più l'inquietante commento della donna defunta che descrive il momento e la modalità di morte, anche prematura, di ogni personaggio. L'unione, dunque, non fa la forza e, nonostante i commensali appaiano gioiosi e festanti all'inizio della cena, allegria sottolineata anche da una gestualità fortemente meridionale, durante la serata sembrano sgretolarsi, demolendo le proprie certezze e facendo emergere le proprie macchie. Gli interni-internati comprendono la propria sfaccettata interiorità attraverso un'ultima cena allegorica, immagine della propria via e riflessione sul proprio essere. Questo spettacolo produce esiti differenti in differenti epoche, per questo motivo è fruibile da un pubblico eterogeneo e senza limitazione nel tempo. Gli spettatori appaiono sorpresi nel trovarsi di fronte attori muti, ma via via il meccanismo di comprensione ed il codice semantico sembrano attivarsi, tanto da sentire gli spettatori ridere durante momenti divertenti, nonostante le battute non siano udibili. Lunghi applausi dopo la prima e tanti attor spettatorii in platea; dopo dieci anni Matthew Lenton in persona sale di nuovo sul palcoscenico per salutare il pubblico napoletano.
foto Piero Quaranta

INTERIORS
Teatro Sannazaro Napoli
3-12 Vesuviotea
ideazione e regia
Matthew Lenton
assistente alla regia
Davide Pini Carenzi
musiche e sound design
Alasdair Macrae
creazione
Vanishing Point
costumi
Luisa Gorgi Marchese
Spazio scenico
Francesca Mercurio
Ufficio Stampa
Renato Rizzardi
con
Clara Bocchino
Giuseppe Brunetti
Ivan Castiglione
Sergio Di Paola
Rebecca Furfaro
Lucienne Perreca
Giorgio Pinto
Ingrid Sansone
produzione
Tradizione e Turismo Centro di Produzione Teatrale
e Ente Teatro Cronaca Vesuvioteat