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Due più due, fa quattro ma gli attori in scena sono la metà. Cambio di voce, di espressione, gestualità ed ecco che i personaggi di Decadenze si moltiplicano. Due coppie, marito, moglie e rispettivi amanti, giocano la partita della vita. Una vita condannata alla decadenza. Borghesi ricchi e pasciuti, incuranti di quello che li circonda, della vita vera. La scena si svolge fra i gradini di una piramide immacolata, fra cambi di luci e di abiti, ridotti al minimo. Il testo di Steven Berkoff (ottima la traduzione di Manfridi e Clerici che traghetta in un italiano dinamico e fluido tutta la vitalità della parola scenica) con lucidità grottesca, racconta «il declino della società occidentale del potere e dell’opulenza dominanti, la “decadenza” di chi tira i fili della nostra società ‘civile’. La ferocia dei personaggi qui appare legata indissolubilmente all’esercizio stesso del potere e ci investe con la sua forza distruttrice tale da palesarci il nostro ineluttabile tragico destino». La regia di Gaddo Bagnoli punta sulle capacità artistiche Claudia Franceschetti e Andrea Magnelli, bravissimi nel rendere le sfumature dei doppi personaggi che interpretano. Suoni e gestualità in primo piano, la parola antagonista e il

disegno scenico, riducono tutto al minimo, esaltando il testo teatrale. Il musicista jazzista Sebastiano Bon, realizza una partitura musicale che amplifica il senso di sospensione dei personaggi: si muovono fra desiderio e azione, senza concludere mai nulla, in un vuoto di valori, maschere crude, marionette isteriche; avanzano in un universo musicale che ricorda i grandi musical di un tempo. Lustrini e luci colorate, la sorpresa è tutta nell’abilità dei due interpreti. Da questo punto di vista si poteva giocare maggiormente, la piramide si può sdoppiare può diventare il suo “doppio” (citando Artaud), una semplice scala, una torre di Babele perché i personaggi si parlano senza comprendersi mai. La compagnia milanese Scimmie Nude, da tempo conduce un lavoro di ricerca teatrale originale e critica, alla base dell’attività, il teatro della crudeltà di Antonin Artaud; era inevitabile, quindi, l’incontro con Steven Berkoff, artista politico, iconoclasta, radicale oppositore delle istituzioni. Autore di visionarie riduzioni di F. Kafka, E. A. Poe, W. Shakespeare e O. Wilde, che ha anche interpretato con forza gestuale creativa e unica. Perché teatro della crudeltà? La risposta viene direttamente dal regista e direttore artistico della compagnia: «La Crudeltà non è uno stile di recitazione, non è qualcosa da fare, è un fenomeno che accade. Noi possiamo preparare il campo, attivarne i meccanismi, oliare gli ingranaggi. Dobbiamo essere crudeli (si può dire estremi) attraverso la nostra intimità ed ascoltare ciò che succede in noi per restituirlo al mondo.» Gaddo Bagnoli, con rigore e disciplina, lontano dal clamore, conduce un suo personale percorso di studi che non conosce decadenze. Da vedere, per riflettere sulle nostre decadenze, vuoti del nostro spazio interiore che scegliamo volutamente di non coltivare, abbandonando la nostra anima all’ inedia. Quanta parte di amore gettiamo via così?

Milano, Spazio Scimmie Nude, 12-18-19 maggio 2019

Foto Margherita Busacca