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Seconda presenza della “Rassegna di drammaturgia contemporanea” organizzata dal Teatro Nazionale di Genova da fine maggio ai primi di luglio, questa drammaturgia della quarantenne spagnola Carolina Africa Martin Pajares, opera tra l'altro vincitrice nel 2012 del Premio Calderon de la Barca. Drammaturgia al femminile ove cinque donne abitano, e costruiscono con le loro relazioni necessarie ma in continuo mutamento, uno spazio circuitato dalla presenza/assenza di un padre/figlio/marito incombente ma insieme evanescente. Una realtà, quella di nonna, madre e tre figlie, impastata nella consuetudine del dolore, il dolore di esistere che però si ribalta nel pervicace inseguimento di un sogno continuamente ricostruito dalle sue macerie. Un sogno singolare e molto privato per ciascuna delle protagoniste, ma insieme condiviso quasi che l'energia che scorre in quelle relazioni lo dovesse e potesse alimentare anche quando sembra contrastarlo. Così una nonna piena di

una ironia che trasfigura anche nella sua demenza, rivelando i segni di una antica sofferenza, è al centro di un inesausto confronto tra la madre, chiusa nei suoi quasi superstizioni riflessi religiosi che cercano il controllo di sé e degli altri, e le tre figlie ciascuna alla ricerca di una via di uscita personale che sembra impossibile.
Vie di uscita costantemente impervie, tra relazioni impossibili e insoddisfacenti, esperienze improvvise, immaturità e chiusure nel passato.
Tutto questo aperto su un orizzonte quasi onirico di fantasmi che mai si mostrano se non nei segni che lasciano nell'anima delle cinque donne.
Il finale, come un antico deus ex machina, è paradossale e profondamente sincero, aperto, chissà, a quel sogno di felicità sempre inseguito l'una nell'altra.
Una bella drammaturgia, commovente e divertente insieme, dalle atmosfere grottesche e sognanti come nella migliore tradizione iberica, una storia di donne che parla a tutti e a ciascuno, che ricorda Almodovar nella sua ansia, talora melodrammatica, di riscatto attraverso l'amore.
La regia, semplice ma efficace come la scenografia povera che lascia il giusto spazio alla parola, è di Andrea Collavino, sulla traduzione di Antonella Caron attenta a non perdere le sfumature di un testo dalle molte piegature.
In scena, tutte molto brave e convinte, Fiammetta Bellone, Elsa Bossi, Sara Cianfriglia, Elena Dragonetti e Alice Giroldini.
Alla Sala Mercato del teatro Modena di Sampierdarena, dal 5 al 15/6, affollata e con molti applausi.