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"Rautalampi”, testo, regia e interpretazione di Nexus insieme con Laura Garofali e Nezdad Husovicu (compagnia Garofoli/Nexus, con la supervisione di Accademia degli Artefatti), è uno spettacolo che entra diretto in uno degli aspetti più duri e conflittuali della nostra società: ovvero il rapporto con le persone di etnia Rom, Sinti o con ogni sottogruppo di nomadi. Persone, nomadi: persone prima di tutto. Un aspetto in cui più duro e stridente appare il precipitato conflittuale di una lunghissima serie di elementi culturali che connotano il rapporto della nostra società con i nomadi . Uno spettacolo che si è visto nella forma breve, ma già ben delineata e concettualmente matura, di uno “studio”  il 25 maggio scorso, nel contesto di “Presente futuro ‘19”, interessante e raffinato Festival/Concorso di arti

performative organizzato dal Teatro Libero di Palermo (dal 23 al 25 maggio, direttore Luca Mazzone) e giunto quest’anno alla sua quattordicesima edizione. Nel merito si tratta di un “attraversamento” della vicenda biografica e di “formazione” di una ragazzina rom, Licia, che grazie alla passione per la boxe prova a trovare una strada di affermazione autonoma e personale. Un’affermazione che non ne tradisca identità culturale (lei è una rom e sa bene di esserlo), ma che sappia superare la massa velenosa di luoghi comuni che la schiacciano nel ruolo di zingara impertinente e, sostanzialmente, delinquente. Licia studia, si impegna, ce la mette tutta, ma a scuola il professore non la vede come persona, come ragazza che studia o meno e può e deve essere ascoltata e valutata senza pregiudizi: lei è solo la zingara che non può riuscire, che non può rispondere alle domande del prof., che è inutile che alzi la mano, tanto quel c’è da sapere lei non può saperlo. Qualcosa di simile accade chiaramente nel suo rapporto con gli altri ragazzi e ragazze della sua classe: il veleno del pregiudizio rovina tutto, rende ciechi, distrugge ogni slancio positivo, ogni fiducia. Allora sarà solo la forza violenta e ben controllata della boxe che potrà dare una risposta positiva a questa sete di affermazione personale, al di là e al di fuori di quello che è, apparentemente, il destino inevitabile dei nomadi. Solo quella forza potrà strapparla al destino del campo di Rautalampi. Uno spettacolo interessante e denso, non solo per questi contenuti di evidente necessità politica (inutile addurre esempi di strettissima attualità), ma soprattutto per la tecnica di costruzione post-drammatica dell’evento teatrale: ogni elemento (musiche, recitazione, narrazione, costumi, presenza o assenza degli attori in scena, continuo cambiare e intersecarsi di piani d’azione e riflessione, innesto di frammenti diversi di realtà) si incontra paritariamente o, quanto meno, non gerarchicamente con gli altri elementi. Questa dinamica costruttiva non solo intriga l’intelligenza del pubblico, ma lascia intravedere soprattutto squarci di senso ulteriore che afferiscono alla vicenda delle persone di etnia rom ma anche alla vicenda di tutte le minoranze che tentano di intraprendere un percorso autonomo di consapevolezza ed emancipazione.    

Crediti fotografici: Ilaria Scarpa  e Luca Telleschi.