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Nell'estate dei festival è possibile vedere molte novità, debutti, anteprime e studi che talvolta hanno la possibilità di sviluppare le loro potenzialità spettacolari nell'ambito delle stagioni invernali immediatamente successive. Il Teatro Marconi di Roma offre, in questo mese di luglio, nell'ambito della sua struttura ampia e polivalente, moltissimi appuntamenti di questi tipo, mandando in scena, nei due palcoscenici di cui può disporre (uno nella sala interna ed uno all'esterno) un numero decisamente importante di eventi. La novità a cui ho potuto assistere lunedì 15 luglio, nel palco esterno dello spazio romano, non è un debutto vero e proprio ma certamente mostra di essere uno spettacolo che potrebbe (e, a mio parere, dovrebbe) trovare una struttura ed un ritmo più fluido e convincente. Si tratta dell'atto unico The Samson option, scritto da Camilla Ribechi ed

interpretato dall'autrice in coppia con Cesare Cesarini. Lo spettacolo trae ispirazione da una vicenda accaduta alla fine del 1986 al tecnico nucleare israeliano Mordechai Vanunu che, nel periodo in cui lavorò alla centrale nucleare di Dimona, raccolse le prove che Israele possedeva un vasto arsenale nucleare segreto e, trasfritosi a Londra, rivelò la notizia, perchè venisse resa pubblica, al Sunday times. L'azione scenica ruota intorno al momento in cui  Vanunu, giunto a Roma in vacanza con una turista americana di nome Cindy con cui aveva imbastito una relazione, scoprirà di essere caduto in una trappola tesa dal Mossad. Il nucleo ispiratore della vicenda, cioè la situazione culminante appena esposta, fornisce il pretesto per uno spettacolo esploso in frammenti, che in parte raccontano con un flash back la nascita della relazione amorosa tra Vanunu e Cindy, ed in parte toccano, più in generale, l'argomento del pericolo nucleare. Il tenore realistico nello sviluppo drammatico della vicenda principale, viene mescolato con quadri che toccano differenti generi teatrali e non, sconfinado nel cabaret e nel varietà, o coinvolgendo direttamente il pubblico nell'azione, creando improvvisi registri farseschi e persino atmosfere da villaggio turistico. Va dunque lodato il coraggio, oserei dire la temerarietà, di un esperimento che tenta di far convivere in un unico spettacolo, che per di più affronta tematiche così impegnative, registri emotivi e spettacolari così differenti tra loro. Proprio per questo motivo servirebbe un'abile regia, che invece mi è sembrata mancare quasi del tutto, per realizzare un'omogeneità di struttura ad un "prodotto" così variegato e folle. Una menzione mi sento di fare anche alla prova dei due attori in scena che, al di là della versatilità artistica necessaria ad un impegno di questo tipo, mostrano una verità toccante soprattutto nella scena conclusiva.