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Scriviamo di “Le parole rubate” il monologo/reading proposto da Gigi Borruso il 19 luglio scorso a Gibellina nel contesto delle Orestiadi e soprattutto nell’anniversario dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta appunto il 19 luglio del 1992, esattamente cinquantasette giorni dopo l’uccisione di Falcone a Capaci il 23 maggio. Il testo è dei giornalisti Gery Palazzotto e Salvo Palazzolo, mentre le musiche sono di Marco Betta e sono suonate in scena da Diego Spitaleri e Fabio Lannino. Si tratta di una produzione del Teatro Massimo di Palermo che ha debuttato nel 2017. Il narratore attraversa partecipe il racconto dei misteri che si sono addensati intorno a delle scritture privatissime che sia Giovanni Falcone, sul supporto digitale di files lasciati nel suo computer, sia Paolo Borsellino nella sua celeberrima, quanto introvabile, agenda rossa, hanno redatto per avere, e forse per lasciare, memoria di cosa stessero davvero affrontando nei giorni del loro martirio civile. Documenti e informazioni che vengono immediatamente non soltanto trafugate e fatte sparire per sempre, quanto avvolte in una velenosa e colpevole melassa in cui apparati dello stato (servizi segreti,

settori deviati della politica, della magistratura e delle forze dell’ordine) e mafia sembrano collaborare al fine di distruggere il lavoro dei due magistrati eroi. Era già accaduto del resto per altri combattenti contro la mafia, da Ninni Cassarà a Rostagno, da Peppino Impastato a Dalla Chiesa. Su questo impianto si sviluppa la riflessione dolorosa che sta al cuore dello spettacolo: aver sottratto le parole di Falcone e di Borsellino, aver sottratto le parole di altri combattenti, sottrarre le parole di chi sta sacrificando la propria vita per un ideale, significa sottrarre i mattoni necessari a quell’edificio di verità e cultura civile che solo può rendere possibile la lotta alla mafia (o meglio alle mafie) per il presente e per il futuro. A questa riflessione tuttavia non è fuori di luogo pensare che si affianchi nella partecipe passione degli artisti sulla scena e nell’emozione che visibilmente pervade il pubblico, un’altra riflessione, se possibile ancora più dolorosa e feroce: ovvero il pensiero del presente, delle condizioni in cui versa la Sicilia nel presente. Si può dire che oggi la mafia sia stata sconfitta? In Sicilia, nelle altre regioni originarie delle mafie italiche, nell’intero nostro paese? No, davvero non si può dire. Ecco allora l’amarezza di quanti, giovani e meno giovani, a partire dagli anni del sacrificio di Falcone e Borsellino hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo e si sono impegnati nella politica, nell’associazionismo, nelle varie articolazioni della società civile e del mondo delle professioni in nome dell’antimafia. Un impegno tradito e spesso fallito, un’amarezza venata di disillusione che, magari non ha spento il fuoco acceso da Falcone e Borsellino, ma che certo incide molto (molto più di quanto non appaia) sulle vicende dell’attuale dialettica politica nazionale.

Le parole rubate
di Gery Palazzotto e Salvo Palazzolo interpretato da Gigi Borruso. Musiche di Marco Betta, Diego Spitaleri, Fabio Lannino eseguite dal vivo da Diego Spitaleri piano/tastiere Fabio Lannino, Chitarra, Basso. Produzione Teatro Massimo di Palermo. Crediti fotografici: Fondazione Orestiadi di Gibellina.