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Lari è una sorta di scoglio improvviso, piantato nella pianura che da Pisa e Livorno si perde appena oltre Pontedera. Qui lo sguardo si raccoglie, quasi in meditazione, per lanciarsi nell'orizzonte aperto che circonda il mare e le prime avvisaglie dell'appennino toscano e umbro. Scenica Frammenti è una compagnia teatrale, quasi inaspettata anch'essa, che ha messo le radici in questo borgo medioevale, in questo castello costruito a difesa di chissà cosa, e che in questo stesso borgo da ventuno anni organizza un festival di teatro ed arte, Collinarea appunto, che per l'edizione 2019 (dal 27 Luglio a 3 Agosto)  ha scelto il titolo, ambizioso e suggestivo, di “Connessioni”. Questa denominazione è infatti una specie di 'exergo' che riassume e sintetizza il senso della progettualità di questa Compagnia, fondata e diretta da Loris Seghizzi, un figlio d'arte come si definisce in un libro di cui conto di parlare a parte, figlio però di un teatro di 'scarozzanti' spesso misconosciuto che attraversava

contrade e paesi con il suo messaggio diretto e forse per questo più connesso di altri.
Una compagnia che ha saputo creare un legame molto stretto con il borgo che lo accoglie e che anche lo alimenta intellettualmente ed esteticamente, quasi una antica Agorà che ogni estate da oltre vent'anni si apre ad una aggregazione più ampia.
Nell'epoca del consumo e della fruizione (sigh!!) indotta ed eteroguidata, riflettere, sospendendoci e prendendo una pausa, sulle connessioni e sulle relazioni che devono legarci gli uni agli altri, nello spazio e nel tempo, nei luoghi e nella memoria, è forse l'unico modo che abbiamo per riacquistare consapevolezza di noi, di quello che siamo e di quello che dobbiamo, possiamo o vogliamo diventare.
“E' il momento di riappropriarci dell'arte, per uscire da una impasse sociale di basso profilo culturale. Dobbiamo essere capaci di riportare l'attenzione sulla cultura e sulla Natura Umana”, scrive dunque la direzione artistica.
E che non sia stata una semplice petizione di principio, ma una sorta di atmosfera comune e non solo artistica, che si respirava concretamente, che si toccava quasi nel rapporto con il luogo e i suoi misteri, ha potuto verificarlo chi questo evento ha contribuito a costruire, chi vi è stato protagonista e chi, più semplicemente, vi è transitato.
Un programma ricco, vario ed equilibrato, molto articolato per natura e struttura degli eventi proposti di cui do conto a partire dal 31 luglio fino al termine:

PERFETTO IMPERFETTO
Un nuovo e ironico Frankenstein presenta al pubblico, in una sorta di grottesca televendita la sua ultima creazione, “Lo Creaturo” appunto, in cui ha riversato con orgoglio tutte le perfezioni cui l'uomo aspirerebbe per superare i limiti, anzi il “Limite”, quello inevitabile della morte. Al suo fianco una ragazzina che dovrebbe propagandare il prodotto ma che, grazie a una infantile ingenuità, scoperchia il gioco delle falsità indotte. In una epoca che fa della perfezione fisica, e del distacco affettivo, il suo obiettivo (eterna giovinezza e bellezza in un distopico carillon di aspirazioni), riscopriamo il fatto che l'uomo è tale per la sua essenza, per la sua umanità, fatta di sentimenti contraddittori e di relazioni continuamente rinnovate e sperimentate, in ogni momento fino al confine che tutti ci attende. Spettacolo dalla sintassi volutamente semplice, un po' bontempelliana, che scava un solco improvviso con la nostra abituale visione della realtà per ricondurci ad una rinnovata accettazione di sé. “La vera perfezione è dunque accettare ed essere consapevoli della propria naturale umana imperfezione?” Una produzione di “Scenica Frammenti” da un’idea di Roberto Kirtan Romagnoli. Con Eros Carpita, Sveva Gini, selezionata da uno dei laboratori che accompagnano il Festival, e Roberto Kirtan Romagnoli. Regia di Loris Seghizzi.

LOVE, LIEBE, LUBLUE UN PO' D'AMORE
Una sorta di mosaico sentimentale tessuto in musica mentre la luce del tramonto abbandonava gli spazi del Castello. Eclettismo e riappropriazione da un artista che rilegge il cabaret nelle sue migliori espressioni che alternano ironia e melanconia, dai toni talora un po' brechtiani. Valentin Hoffman è un artista poliedrico e in fondo apolide nelle sue innumerevoli ascendenze geografiche ed intellettuali. Una esperienza gradevolmente intensa.

DORA PARIS SHOW
Suggerito più che ispirato al famoso romanzo Dolores Claiborne di Stephen King, già oggetto anche di riduzione cinematografica, romanzo che funge sostanzialmente da struttura di dinamiche narrative all'interno delle quali la drammaturga ha agio di sviluppare una storia insieme sorella e nuova. Una inquietante protagonista femminile, Dora Paris appunto, domestica e intrattenitrice al tramonto di una vita tragicamente segnata da abusi e soprusi, racconta eventi ad una festa per coprire i ritardi del catering. Racconta eventi, storie e vicende che man mano la raccontano a noi. Racconta di un uomo perverso che la deruba e che ha derubato la solarità ingenua e felice dei suoi figli, racconta della morte di lui, che lei desidera e infine non impedisce. Racconta della sua paura che quell'uomo possa sopravvivere. Una drammaturgia dunque in cui la dinamica degli omicidi che l'ha stimolata si trasfigura nella vicenda di una donna del nostro sud, di una donna simbolo e metafora di una famiglia che si sgretola nonostante la sacralità che ancora la circonda, nascondendo dolori, soprusi e infamità. All'interno di una sintassi volutamente straniata e straniante, enfatizzata dalla recitazione en travesti e dai continui rimandi con la musica in scena di Alessandro Cuozza, lo spettacolo costruisce una partecipazione intima che va oltre la storia stessa per accendere lo sguardo su abissi e dinamiche interiori e sulla possibile liberazione nel segno della condivisione . Una storia anche di consapevolezza acquisita nel rapporto speculare tra l'organizzatrice della festa, che mai compare, e la nostra protagonista. Una produzione Airots – Cantieri Idee teatro. Testo di Giuliana Pisano, liberamente tratto da Dolores Claiborne di Stephen King, interpretato da Salvatore D'Onofrio, già protagonista de “La Scortecata”  di Emma Dante, musiche eseguite in scena da Alessandro Cuozza, luci di Emanuele Cocozza. Costumi di Giuliana Pisano. Regia di Giuliana Pisano.

US AND THEM
Frutto ed esito dei laboratori che la compagnia Scenica Frammenti ha organizzato all'interno e nel corso del Festival. Frutto ed esito soprattutto del coinvolgimento creativo degli abitanti del borgo che quei laboratori hanno saputo attivare e sviluppare. È una indagine su quanto resta dell'infanzia nella nostra mente e nei nostri comportamenti, attraversando l'imitazione e la trasformazione che gesti e pensieri attingono nella crescita. Progetto di formazione teatrale, con Resi Gasperini, Rosetta Vommaro Marincola, Francesca Ramacciani, Alice Bosio, Iris Barone, Elena Mennichetti, Rossella Franconi, Laura Martelli, Riccardo, Marco Meoni, Eros Carpita, Nicola Finozzi, Simone Cini.

BIANCA
Performance fisica, figurativamente espressiva, contenuta e accompagnata in una coerente drammaturgia musicale. Un percorso che man mano, dalle vette aperte della solitudine precipita nell'intimità di una donna apparentemente abbandonata in scena e che incontra due personaggi guide, trasfigurati Virgilio del proprio viaggio e custodi della memoria, una memoria insieme singolare e collettiva, la memoria in fondo dell'universo femminile, che lo spettacolo scava con pazienza, ovvero del femminile tout court, con le sue paure e le sue speranze. Giocato sulla relazione e sulle dinamiche del movimento illumina spazi e tempi della intimità di ciascuno, costruendo senso anche sul rapporto uomo donna, nei reciproci rispecchiamenti e coinvolgimenti scavando nella complessità stratificata. C'è in tutto ciò anche una fatica evidente a contrasto della gravità che trascina 'in basso' oggetti e corpi, a metafora della capacità del femminile di essere insieme antagonista e costruttivo. Intenso e coinvolgente sta prima di ogni parola, fondandone la sincerità. Compagnia Civilleri/Lo Sicco, formatasi anche nell'esperienza con la “Compagnia Sud Occidentale”. Ideazione e regia Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco. Con Filippo Farina, Manuela Lo Sicco e Simona Malato. Drammaturgia musicale Gianni Gebbia e Giovanni Verga. Scenografia Cesare Inzerillo. Luci Cristian Zucaro.

SA FEMINA ACCABADORA – LA FEMMINA DELLA BUONA MORTE
Storie antiche che allungano rivoli di verità, come le radici di una antica quercia da sughero che feconda il terreno della vita. È un prezioso documentario che ci svela il mondo segreto della “accabadora” figura femminile che, nella Sardegna rurale fino ai primi anni sessanta, riuniva in sé le arti della vita (erano levatrici e curavano con le erbe che conoscevano bene) e inevitabilmente quelle della morte, accompagnando i malati terminali, quelli che dovevano affrontare troppo lunghe agonie molto dolorose, ad una buona fine, con un secco colpo di martello simile all'ultimo rintocco della campana funebre, ed una carezza sulla fronte. Figure protette dal segreto che le custodiva per dare loro l'agio di servire l'inizio e, appunto, la fine della vita. Una storia antica e insieme di straordinaria attualità negli anni degli sterili dibattiti politici sul cosiddetto fine-vita. È anche un riconoscimento di un ruolo che la donna continua ad avere nel custodire, nonostante tutto, il seme dell'affettività feconda e della relazione che cambia. Un documentario arricchito dalle testimonianze di chi, bambino, è entrato in contatto con quegli eventi, cui nessuno assisteva direttamente, o ha potuto raccogliere i racconti di genitori e parenti. Testimonianze non facili da ottenere perché su queste pratiche le persone mantenevano una assoluta segretezza. Prodotto da Zenit Arti Audiovisive, un film di Fabrizio Galatea. Con Piero Bardanzellu, Anna Carta, Don Francesco Mariani, Gian Paolo Mele, Giuseppe Maria Saba, Dolores Turchi, Donatella Turri. Direttore della fotografia Claudio Marceddu. Musiche Fabio Viana, Gian Paolo Mele , Coro di Nuoro.

TEMPEST
Ulteriore, e molto interessante, esito dei laboratori di Scenica Frammenti e di Loris Seghizzi, questa volta per gli under 18. Ispirato alla “Tempesta” shakespeariana sovrappone quel contesto narrativo con l'età dell'adolescenza, riconoscendone similitudini e rimandi che nella metafora della tempesta, ed in quella connessa dell'isola di Prospero, si riassumono ma che soprattutto nella relazione tra teatro e vita trovano una rinnovata dimensione significativa. La Tempesta infatti è un'opera sul teatro, il teatro che è verità in quanto è verità la vita che vi si rappresenta, in cui la magia è la capacità di creare, ricreare, mescolare e immaginare il mondo o i tanti mondi che ci appartengono e a cui apparteniamo. È stato, quello di Seghizzi e degli altri, un lavoro che ha cercato di andare oltre i confini del testo per accompagnare i ragazzi in una ricognizione di sé stessi, che nel teatro può trovare linguaggi appropriati e sinceri. Con loro ha costruito anche un viaggio reale a Portoferraio perché vivessero concretamente quelle dimensioni narrative e ha incentivato le loro concrete capacità relazionali, in grado di realizzarsi anche nella collaborazione pratica all'evento festival. È stato bello vedere questi ragazzi, per le strade del paese, cantare insieme o collaborare attivamente come volontari al Festival e staccarsi dai legami con quella realtà virtuale che oggi sembra dominarli. Sempre della Piccola Compagnia Lab SF, con Anna Fatticcioni, Anna La Gioia, Sveva Gini, Marta Juliet Rossi, Awa Ly, Mariasole Ciarla, Alessandro Caroti, Filippo Bessi, Stefano Mazza, Thomas Magro, Giuliana D'Alessandro, Vittorio Lombardi, Elia Frongia, Leonardo Galeotti, Edoardo Mancini, Gaia Picchi, Filippo Brancato.

ORLANDO FURIOSO
Suggestione dal teatro di strada con innesti di scrittura drammaturgica per la trasformazione dell'eroico e comico poema dell'Ariosto in una clownerie giocosa in bilico tra il travestimento drammaturgico ed il circo contemporaneo. È dunque una sorta di ibrido 'mostruoso', nel senso migliore di quest'ultima parola, che transita indifferentemente dai teatri alla piazza, dai festival alla sagra di paese. Itinerante come il circo tradizionale da Lari traverserà le colline pisane per giungere, a tappe, al Teatro romano di  Volterra. Creato dall'incontro tra il Collettivo Clown e la penna di Marco Boso, da cui nasce il progetto “Farse Contemporanee”, contiene potenzialità e prospettive interessanti in continuo sviluppo. Chiude, come nella migliore tradizione, con il berretto teso alla cortesia del pubblico. Di Collettivo Clown da uno scenario di Carlo Boso. Con Irene Arpe, Luca D'Addino, Ambra Chiara Falcone, Riccardo Marinelli, Francesco Zamboni. Regia collettiva, occhio esterno Dadde Visconti e Marco Giacomini.

AUTOBIOGRAFIA DI UN PICCHIATORE FASCISTA
Nel cortile del castello si apre improvvisa un tombino e, con ironico e anche geniale riferimento ad un ritornello politico che quelli della mia generazione ben ricordano, esce il protagonista. Ed in effetti la drammaturgia è una po' una esplorazione del sottosuolo, il nostro intimo sottosuolo, con qualche riferimento, se vogliamo, ad un processo anche dostoevskijano di riesame di coscienza e pentimento che oscilla tra il politico ed il religioso. Tratto dall'omonimo libro autobiografico di Giulio Salierno, ne ripercorre le tappe e le svolte esistenziali dagli inizi nel Movimento Sociale, diviso tra estremisti duri e puri e politici in “doppio petto”, alla pratica dell'omicidio politico, peraltro fallito nell'obiettivo di colpire il mitico Comandante Valerio giustiziere di Mussolini, alla lunga galera, alla Legione Straniera e alla scoperta del proprio essere in fondo, come nell'intuizione pasoliniana, uno sfruttato come tanti. Il libro racconto questo percorso e la drammaturgia ne evidenzia l'aspetto per così dire esemplare, di riflessione sul perché dell'adesione ad una ideologia, come quella fascista, che proclama la schiavitù, anche nostra, come sistema. È molto bravo Brinzi, anche attraverso la recitazione, a riproporre e rimarcare quei principi di libertà, politica ma anche personale ed esistenziale, oltre che estetica, che hanno fondato questa nostra repubblica, principi che sembrano vacillare nella confusione delle nuove generazioni. Spettacolo che per sua stessa natura si adatta con abilità ai luoghi che lo propongono, mantenendo proprio per questo una identità  costantemente riconoscibile. Di e con Marco Brinzi, dal libro omonimo di Giulio Salierno, edito da Minimum Fax.

COS'HAI DA GUARDARE?
Concerto, narrazione in musica, una autobiografica pensata e scritta soprattutto per ritornare a sé stessi rifiutando il giudizio che lo sguardo della normalità sembra portare implicito, insieme all'incomprensione e al rifiuto. Questo lo spettacolo in piazza, molto partecipato perchè amato, del livornese Roberto”Bobo” Rondelli. Un ribelle e anticonformista che infine si pone quasi a lato della sua stessa vita che fluisce rapida nei versi e  nelle note delle canzoni e si consolida in un pensiero che ci vuole solo partecipi e compagni. Uno spettacolo poliedrico che ben esprime la versatilità di Rondelli e ne segna una ulteriore evoluzione perché la vita non si arresta e navigarvi insieme, senza rinunciare ad esperienze ed anche a ferite profonde, è ciò che ci rende umani.

INAREA: IN CASA CUPIELLO
Spettacolo conclusivo ma in realtà soprattutto festa finale del festival, tra assonanze e suggestioni simboliche, che trasforma il borgo sia fisicamente, con la chiusura dell'intero centro storico, che esteticamente grazie alla partecipazione praticamente dell'intera cittadinanza, insieme agli attori delle compagnie ospiti e ai laboratori, in un grande e condiviso palcoscenico. Uno spettacolo in movimento preparato con fervore sin dal mattino del 3 agosto, quando si potevano vedere artisti e cittadini, tecnici e volontari impegnati a costruire questa scena itinerante, con addobbi e simboli natalizi appesi ovunque, mentre i bambini e i ragazzi dei tanti laboratori mettevano a disposizione di tutti la loro fantasia e la loro energia. Uno spettacolo prima e dentro lo spettacolo stesso. Calato il tramonto tra le quinte così preparate sono infine emersi i lacerti della famosa scrittura di Edoardo, rivisitata nei suo gangli espressivi e in quegli snodi significativi che più lo caratterizzano, dalla sveglia il giorno di Natale, al tradimento e alla lotta fisicamente rappresentata tra i marito e amante, fino al finale tragico ma paradossalmente trasfigurato e potente. Un lavoro collettivo come detto, organizzato con abilità da Loris Seghizzi, direttamente o attraverso la gestione dei diversi laboratori, che ha potuto così assumere una organicità e unità espressiva inattesa. Uno spettacolo di tutti.

CONNESSIONI
Ma non c'è stato solo teatro, musica e arte in questo Festival, c'è stato anche lo spazio e il luogo della riflessione comune. Così “Connessioni” è anche il titolo di due incontri/conferenze intorno al tema, attualissimo, del nostro essere esistere quasi come centro di scambio di pensieri e affetti, come nodo e snodo di una rete che, nel tempo e nello spazio, ci avvolge e coinvolge. Il secondo, quello del primo Agosto, ha visto quali protagonisti Carlo Ventura, Professore di Biologia molecolare dell’Università di Bologna, Salvatore Tedesco, professore di Estetica dell’Università di Palermo  Fabrizio Galatea, documentarista, Mirco Mencacci, saund desainer, Loris Seghizzi direttore del Festival, moderati ancora dal Professor Francesco Biasci. È, quella in cui siamo immersi, una rete tridimensionale che si dipana sia in orizzontale, con noi stessi, gli altri, la natura e il mondo, sia in verticale, tra memoria e rinnovamento. Da questa riflessione nasce, tra l'altro, anche  l'ultimo progetto di Scenica Frammenti, Città INvisibile, sorta di palcoscenico iperreale e diffuso che aprirà il Borgo con un POP-UP e che ne mostrerà, nella contemporanea e dislocata visibilità, la sotterranea connessione, fisica ed insieme estetica. E' questo un progetto davvero innivativo ed interessante che terremo in osservazione per scoprirne le evoluzioni.

Con l'allegro concerto dei “Musicanti di San Crispino”, che è seguito all'ultimo spettacolo, si è così chiuso questo Festival, forse poco conosciuto rispetto ai suoi meriti, meriti di contesto e di ricerca, di energia e di volontà creativa non sempre così apprezzabili come a Lari. Un festival ed un Compagnia che, a mio parere, non hanno meritato l'inopinata riduzione di fondi determinata in sede di distribuzione regionale.