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La catanese Lina Maria Ugolini, figlia d’arte e ballerina classica, unisce all’attività di scrittrice, poetessa e contafiabe, quella di musicologa. Ci siamo occupati più volte di lei come scrittrice, col suo  ultimo libro “Perfetti giorni qualunque, 8 racconti per la pagina e 4 per la scena” o come drammaturga, col recente lavoro al “Piccolo” di Catania, “Lo Zolfo spento”

sottolineando la sua attenzione, la sua grazia e semplicità nell’addentrarsi nel mondo della scrittura, della poesia, della musica e del linguaggio nella sua globalità. Lina Maria Ugolini, docente a Catania di Poesia per musica, Storia del teatro musicale e Drammaturgia musicale, ha scritto vari saggi di carattere creativo per la LIM e per Musica/Realtà, privilegiando il rapporto tra testo e musica nel Novecento e lo studio del linguaggio comico degli Intermezzi nel Settecento italiano. Con l’autrice, che collabora con il Teatro Massimo Bellini, la Camerata Polifonica Siciliana e come drammaturgo con il Piccolo Teatro di Catania diretto da Gianni Salvo, regista di molti suoi lavori, ci siamo a lungo intrattenuti parlando di drammaturgia, scrittura teatrale, del pubblico e dei giovani ed anche dei suoi prossimi lavori.
“Per me è fondamentale – ribadisce Lina Maria Ugolini - il credo di Luigi Pirandello: essere uno e nessuno per sé e centomila per gli altri. La drammaturgia è arte della costruzione dei drammi. Per inventarla occorre molto mestiere di teatro e soprattutto di vita, conoscere l’animo degli uomini e il pubblico. Scrivere vuole dire proprio questo: anestetizzare il proprio cuore per essere di volta in volta qualcun altro, rovistare tra i temi universali dell’esistenza giocando con numerosi volti e maschere. Il teatro usa la finzione per mostrare sulla scena la verità, il dramma che ogni essere umano cela nel segreto della propria coscienza: un lutto, una violenza, un’ingiustizia, un tradimento, una calunnia”.

Concretamente, oggi, cosa vuol dire fare drammaturgia?
“Fare drammaturgia oggi significa prima di tutto cercare di capire la nostra società postmoderna, senza cedere in facili critiche o posizioni di conflitto. In questa società la copia vale quanto l’originale, l’evento spettacolare sovrasta l’artigianato autentico del dire. Il drammaturgo deve accettare di confrontarsi con un costante sottobosco di attori-che-scrivono, di professori che compongono testi ritagliandoli e cucendoli dai classici. Il motivo? Forse una particolare forma di vanità… come diceva Oscar Wilde, la peggiore nemica della vera arte. Consumismo culturale, questo produce il nostro tempo”.

Cosa c’è alla base del suo lavoro?
“Alla base del mio lavoro, nel campo della narrativa, nella poesia e nel teatro, c’è sempre una ricerca di stile e di linguaggio. In questo la scrittura è come la musica. Ogni storia o dramma deve possedere un suono ed un ritmo particolare, un colore che lo contraddistingue e che lo rende unico. La scena poi deve imporre sempre alla scrittura l’evidenza di contrasti o conflitti. La realtà può essere filtrata attraverso la lente dell’ironia o il gesto della poesia. Poi ci sono dei temi universali che non esauriscono mai un lavoro di ricerca. Sento la necessità di sondare le ragioni del dolore umano, le crisi legate all’identità e soprattutto capire i meccanismi che ruotano attorno al potere. L’uomo è un animale politico, nel bene come nel male. Le dinamiche del dare e dell’avere, la ricerca dei consensi, l’avidità, gli eccessi, tutto concorre ad individuare il senso del nostro presente. L’era postmoderna fagocita ed inventa sempre nuovi spazi legati a logiche di denaro e interesse. Le politiche pubblicitarie creano diversi bisogni nell’uomo comune, nuove forme di socializzazione e narcotizzazione, da internet ai centri commerciali. La drammaturgia deve fare i conti con queste nuove coordinate spazio-temporali quanto mai relative”.

Come si è avvicinata alla scrittura teatrale e attraverso quale formazione?
“Ho sempre avuto un rapporto profondo con il teatro, sia di parola che musicale. Ho cominciato a scrivere poesie da bambina, continuando poi nella narrativa, nelle fiabe e nella drammaturgia. Posso dire d’essere nata e cresciuta al Teatro Massimo Bellini di Catania, sono figlia d’arte, provengo da una generazione di musicisti e scrittori. Mio nonno paterno fu lo scrittore fiorentino Luigi Ugolini che iniziò la sua carriera letteraria su Nuova Antologia grazie a Giovanni Papini. A parte la genetica, è stato fondamentale per me aver incontrato il Maestro Gianni Salvo. Devo tanto al Piccolo Teatro di Catania, soprattutto il rigore e l’onestà nei confronti della scena”.

Quale pubblico ritroviamo oggi a teatro e che lavoro si può fare con i giovani?
“Il teatro nasce per il pubblico e solo attraverso il pubblico può trovare la ragione della propria pratica. Il pubblico creato dal benessere spesso è un pubblico televisivo che non conosce il senso dell’indignazione, della protesta che non sia becera. È un pubblico che non vuole “pensare”, ma svagarsi, intrattenersi. Il teatro di qualità deve attrezzarsi di nuove strategie se vuole forare gli strati sempre più spessi che regolano l’ascolto e l’attenzione. E sotto questo aspetto il teatro non finirà mai d’essere sperimentale. Con i giovani invece è ancora possibile stabilire un particolare rapporto di sinestesia emotiva. I giovani, se ben guidati, possono ancora provare entusiasmo. Nei giovani e nei bambini si può provare a seminare qualcosa ed incrociare le dita…”.

Cosa sta preparando in questo momento….
“Ho in uscita per rueBallu, una raffinata casa editrice palermitana, un romanzo - La musica nel tempo dei fiori di cappero - con la prefazione ed il dono di un frammento musicale di Marco Betta. La copertina è stata disegnata da Alfredo Guglielmino delle Botteghe d’arte Cartura. È la storia di una  violinista per la quale il mondo possiede una melodia eloquente, il suo talento eccezionale le permette di contemplare la natura ed usare la solitudine degli artisti per vivere l’immaginazione. Benedetta capisce fin da piccola di avere un’anima. L’anima supera ogni apparenza poiché parte dell’eterno. Questo personaggio è una creatura speciale e preziosa per la salvezza del domani. Parlare di un modello per i giovani può essere arduo, ma vederla come una guida comporta un certo ottimismo”.