Pin It

Quante sono le messinscena di “Amleto” che si realizzano nel mondo ogni anno? Centinaia, migliaia. E quante parole si scrivono per commentare o definire criticamente gli spettacoli che si rappresentano? Innumerevoli. Tutto questo configura nel mondo la presenza del teatro quasi fosse un lievito di civiltà, il fronte di una  battaglia di cultura e progresso. Ma a rifletter bene, è davvero così? Davvero il mondo è mai cambiato di una virgola grazie al teatro o anche solo al buon teatro? Forse no, forse il male, la ferocia, la violenza, o anche solo l’incultura e la grettezza che ci circondano stanno lì a testimoniare tutta l’inutilità politica del teatro e, se si vuole, di ogni forma d’arte. Vale la pena quindi di interrogarsi ancora sulla voce di Amleto, (come di qualunque altro mito teatrale, grande o piccolo)? Val la pena di star lì a interpretarlo nel suo mistero perturbante? Vale la pena di notare il marcio che c’è nel regno di Danimarca e rileggerlo, riscoprirlo, superare l’orrore e contemplarlo con

gli occhi di Heiner Muller? È ciò che fa nello spettacolo “To play or to die” Giuseppe Provinzano che lo ha scritto e diretto e che lo interpreta insieme con Chiara Muscato. Da segnalare immediatamente il momento intenso e di grande eleganza in cui la Muscato canta. Si tratta di uno spettacolo interessante e politicamente fecondo il cui unico difetto è la sovrabbondanza di motivi di riflessione di cui è intessuta la sua trama. A dirla in breve: già confrontarsi con Shakespeare è (o dovrebbe essere) vertiginoso per qualsiasi teatrante, poi confrontarsi con Shakespeare e Muller insieme è doppiamente vertiginoso, se poi si prova a dar conto di questo confronto non solo nella realizzazione formale dello spettacolo ma persino nel tessuto di un nuovo testo drammaturgico rischia di apparire eccessivo o superficiale se non proprio pretenzioso. Se questo rischio è il difetto principale di questo lavoro, il punto di forza è invece l’ironia divertita e spesso divertente, mista a simpatica sfrontatezza, con cui Provinzano e Muscato affrontano e attraversano i loro personaggi: da una parte l’“Attore che doveva interpretare Amleto” e poi incrocia anche Re Claudio, Orazio, Polonio e Rosencrantz, dall’altra “l’attrice che doveva interpretare Ofelia” e poi incrocia Gertrude, Laerte, Guildestern. Con la loro ironia questi interpreti sostanziano e reggono l’intero spettacolo: non si tratta di un atteggiamento semplicistico, tale ironia non è solo funzionale ad alleggerire il peso dei due grandissimi riferimenti teatrali distanziandosene, non serve soltanto ad agganciare il percorso dello spettacolo a diversi livelli stilistici e quasi tonali, ma serve a soprattutto a dare al tutto una dimensione meta-teatrale che costringe il pubblico a mettersi in gioco e interrogarsi seriamente e politicamente. Ecco, interrogarsi seriamente: il teatro, o almeno la ricerca teatrale più seria, possiede ancora una reale efficacia politica? Vale la pena fare teatro? Vale la pena scriverne? Vale la pena comprare il biglietto e andare a teatro? Val la pena accompagnare gli spettacoli con la critica militante? Se pur con una lucida intelligenza politica del contesto che spinge al pessimismo, Provinzano pensa evidentemente di sì ed è giusto e bello che sia così. Due battute del testo per essere più espliciti: «se sia più coraggioso star seduti a fissare il mondo alla rovina o alzare il culo e fare la propria parte…».

To Play or to die
Visto a Palermo il 2 novembre 2019, Teatro Biondo, Sala Strehler. Scritto e diretto da Giuseppe Provinzano, con Chiara Muscato, Giuseppe Provinzano. Scene e costumi di Vito Bartucca, light designer Gabriele Gugliara, musiche di Roberto Cammarata, marionette di Elena Bosco. Produzione Teatro Biondo Palermo / Babel Crew, con il sostegno di Spazio Franco e in collaborazione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.

Foto: Nayeli Salas.