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Nel suo interessante percorso questo Festival quasi invernale, giunto in prossimità della conclusione, si è man mano rivelato, in molti sensi, e confermato un Festival di confine, espressione cioè di un gruppo in cui convivono con coerenza fino ad armonicamente sovrapporsi, due visioni del teatro e, soprattutto, dell'esercizio della funzione attoriale, spesso ritenute distanti se non contrapposte. L'una che pone l'attenzione al processo della sua genesi, l'altra che invece è attenta soprattutto all'esito scenico. La prima, che trae alimento dalle esperienze di Grotowski e, qui specificatamente, di Alessandro Fersen, impone una cura quasi ossessiva alla emersione nell'attore di un io trasfigurato e, in esso, di un esercizio quasi sapienziale, nel senso di capace di rivelazione, della recitazione. La seconda più attenta, invece, alla elaborazione di un conseguente transito scenico che ne preservi l'originalità e la autonoma capacità di significazione. Una tale, per così dire, bilateralità estetica ed

artistica, peraltro, ha anche una sua dimensione operativa, in cui convivono la produzione degli spettacoli e una attività editoriale intensa che raccoglie e distribuisce gli esiti teorici degli studi e della ricerca del gruppo e dei due direttori artistici.
Infatti anche all'interno di questo percorso vi è stata l'occasione per presentare, nella giornata di sabato 16, il nuovo volume in comune curatela di David Beronio e Clemente Tafuri: “La latitudine Profonda del Teatro”, che raccoglie gli atti di due convegni dedicati ad Alessandro Fersen. Il primo su iniziativa del compianto Claudio Meldolesi al DAMS di Bologna, correva l'anno 1988, ed il secondo a quel precedente dedicato, sempre al DAMS, nel 2018 e organizzato dagli stessi Tafuri e Beronio. Hanno partecipato, insieme agli organizzatori, i protagonisti, con Marco Colli, di quell'ultimo convegno: Stefano De Matteis, Laura Mariani e Marco De Marinis. In particolare, quest'ultimo, ha sottolineato l'eccezione nel panorama nazionale costituita da una compagnia che abbina, tra filosofia e teatro, la creazione alla ricerca, la produzione di spettacoli alla editoria. Da parte sua Laura Mariani, custode di molti scritti di Claudio Meldolesi, ha voluto ricordare l'importanza della relazione amicale tra studiosi e teatranti, radice di una condivisione e di una comunità intellettuale feconda, che oggi, forse, manca.
È seguita la rappresentazione al teatro Akropolis dell'esito più attuale del loro studio drammaturgico intorno al mito di Demetra, uno studio, come nella loro cifra artistica, in continuo e ribollente farsi.

PRAGMA
Prosegue dunque l'incontro/scontro con il mito, qui il mito di Demetra, nella sua forma più arcaica, quella dei misteri eleusini, fondamento di ogni successiva prassi drammaturgica antica e moderna, e in cui le radici della rappresentazione, e dunque della finzione, e quelle della manifestazione dell'essenza più profonda dell'umanità, quindi del vero, si mescolano coinvolgendosi l'una nell'altra e reciprocamente inverandosi. La finzione in fondo come capacità di estrarre il vero dalla realtà confusa e caotica degli inizi. Una sapienza, quella indagata da Tafuri e Beronio, che precede la parola ma insieme la fonda, in un modo di concepire di nuovo il teatro nella sua funzione antica, cioè non tanto in sé ma come rito e soprattutto come transito. Questa in fondo era la tragedia antica da cui la modernità ha separato lo spettacolo dalla sua natura originaria e dunque dalla sua giustificazione, natura e giustificazione che invece sono, a mio avviso, il terreno della ricerca estetica ed artistica di Akropolis. Il mistero non può essere rivelato, ma può essere svelato come l'ombra sulla parete di una platonica caverna e così questa drammaturgia dal nome dai mille riflessi, tra coreusi e scoperta del corpo nello spazio, trae da se stessa l'apollineo disvelamento della danza rotatoria, che sta al centro dello spettacolo e, sull'onda della musica barocca di Scarlatti, sembra offrircene la chiave. Uno studio che trova man mano un sempre maggiore equilibrio tra momento interiore e momento spettacolare. Produzione Teatro Akropolis. Regia di Clemente Tafusi e David Beronio, con Domenico Carnovale, Luca Donatiello, Aurora Persico e Alessandro Romi, convincenti nel loro specifico percorso.

La serata, infine, è stata anche l'inaspettata occasione per l'anteprima di un bel video curato dai registi che è una visione delle suggestioni che hanno accompagnato la genesi dello spettacolo, e che sarà presentato quale iniziativa collaterale a Roma in una delle tappe della prossima tournée del teatro.