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Uno spettacolo intrigante, appetitoso, di ottima costruzione drammaturgica, con contorno di noir e suspense quanto basta per incuriosire il pubblico ed arricchito poi da due abili interpreti di origini siciliane che attraverso il dipanarsi della pièce svelano pagine di autori isolani oltre che colori, odori, sapori e profumi misti a nostalgie d’estate di una terra ricca di fascino. Stiamo parlando dello spettacolo “Il Timballo del Gattopardo” scritto da Rosario Galli

e diretto dall’abile mano di Giancarlo Sammartano e con l’azzeccata interpretazione di due modicani doc quali lo chef di fama mondiale Carmelo Chiaramonte e l’attore Carlo Cartier che danno vita, per circa 80’, ad un lavorio di estrema eleganza, che tocca cuore, palato ed olfatto e che regala al pubblico un finale a sorpresa con un molto apprezzato assaggio di una specialità preparata durante la pièce. I due attori cuochi studiano e raccontano l'uomo, scanditi dall'azione reale della cucina che bolle, in un crescendo di mistero. Su una scenografia firmata da Antonello Geleng (una tavola elegantemente apparecchiata per 13 persone, dietro il banco di una cucina con tanto di pentole, padelle ed attrezzi vari) e con le musiche di Berlioz, Mussorgsky, Piazzolla, Strauss, Telemann, si muovono e sviluppano con estrema dovizia nei movimenti, nel linguaggio, una storia dai contorni apparentemente lugubri, ma che via via coinvolge il pubblico incuriosito soprattutto dall’aspetto culinario della vicenda. Protagonisti dello spettacolo, in una sorta di disputa gastronomica e dialettico-letteraria Carlo Cartier, vero attore e cuoco per passione e Carmelo Chiaramonte, chef autentico e attore per l’occasione e per divertimento. La vicenda de “Il Timballo del Gattopardo” è incentrata sul banchetto in memoria di una misteriosa Baronessa (che non arriverà mai) è l’anziano Saro, chef di grande fama, che ha accettato di preparare le dodici portate, i dodici piatti diversi (dodici antipasti, dodici primi, dodici secondi, dodici dolci). Senza camerieri a servire, per non turbare quella particolare atmosfera rievocativa, Saro chiama solo il suo affezionato “figlioccio” Carmelo che, pur riluttante, in preda a mille domande, lo segue nella  serata particolare ed i due si mettono all’opera. Al centro della tavola c’è un posto, apparecchiato con piatti, posate, bicchieri particolari, diversi dagli altri ed anche la sedia è unica, una sorta di trono di velluto rosso e trapuntato d’oro. E durante la preparazione delle specialità che risentono delle varie inclinazioni, preferenze, dei due, emergono anche le loro diverse culture e filosofie di vita, due visioni del mondo, non solo culinarie ovviamente, che, attraverso le loro dispute, a volte comiche a volte drammatiche, raccontano la Sicilia, le sue origini gastronomiche, passando, attraverso la lettura di alcuni versi, da Archestrato di Gela, capostipite dei cuochi poeti e filosofi, fino a Brancati e Camilleri, passando per l’Abate Meli, De Roberto, Verga, Tomasi di Lampedusa, Vittorini. Alla fine della disputa culinaria, filosofica e letteraria, Carmelo chiede ancora una volta il motivo per cui Saro ha voluto preparare il misterioso banchetto e quest’ultimo ammette che non c’è alcun compenso e che il motivo che lo ha spinto a quell’ultima cena in onore della Baronessa, amore platonico di tutta la sua vita, è qualcosa di particolare che riguarda proprio loro due e che comunque le pietanze preparate, gli illustri autori citati per le loro opere, sono serviti ad ammaliare, a coinvolgere, le anime incuriosite degli spettatori. Finale, quindi, a sorpresa per il pubblico che si ritrova ad applaudire l’azzeccata operazione drammaturgica, i due interpreti Carlo Cartier e Carmelo Chiaramonte e soprattutto può anche gustare una deliziosa specialità dello chef. Un “Timballo del Gattopardo” dal gusto sopraffino, regala emozioni ed un pizzico di suspense finale, oltre che spruzzi di cultura siciliana e di odori e sapori di grande effetto. La pièce apprezzata a Taormina Arte Teatro, al Cortile di Palazzo Cutore di Aci Bonaccorsi, nel Catanese, si prepara ad una lunga ed applaudita tournèe invernale.