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Nella cornice antica di un teatro contemporaneo, Carlo Cerciello, regista e direttore artistico del Teatro Elicantropo di Napoli, introduce una lezione aperta con Enzo Moscato. Il drammaturgo incontra gli allievi del laboratorio teatrale permanente. Un momento molto emozionante, perché siamo di fronte a uno degli autori più significativi della drammaturgia contemporanea, un poeta, un narratore del nostro tempo. Se cercate Enzo Moscato sui social, nei blog, non lo troverete. Moscato non è “social” ma la sua scrittura lo è: attraverso uno stile polivocale compie da anni un’attenta e scrupolosa indagine antropologica sull’uomo, la sua ambigua alterità, i suoi dolori, dipingendo scenicamente le rovine e le decadenze del reale. Carlo Cerciello, nella sua presentazione, si sofferma ad analizzare lo stile e il linguaggio di Moscato, uno stile ricco di sonorità, polivocale. Questo aspetto emerge anche nei monologhi, è il caso del celebre testo “Scannasurice”: la voce narrante di un transessuale, una mitica figura “in transito”, racchiude in sé tante altre voci. Il termine polivocale viene generalmente utilizzato in ambito musicale per intendere una struttura armonica caratterizzata da più sonorità, una

composizione musicale per canto a più voci, una tendenza ad articolare la sonorità in una dimensione sovraindividuale. Tale termine rappresenta pienamente lo stile linguistico di Moscato. «Si va verso un dialogismo interattivo, il drammaturgo diventa un orchestratore di fonti multiple e di più voci. I punti di vista sono molteplici e possono emergere anche in un solo personaggio, gli spostamenti culturali sono diversi, l’effetto è quello di un’ibridazione continua». (cfr. La drammaturgia polivocale, studi di Paul Castagno, in questo sito). La narrazione prende la forma di registri linguistici differenti, una lingua polisemica e inclusiva che accoglie in sé tutte le diversità. Ci troviamo sempre di fronte ad un popolo sofferente, una folla che vuole prendere la parola perché non ha voce. Una scrittura fatta di relazioni, relazioni fra le diverse forze in gioco che diventano più importanti delle forze stesse e in questo dialogismo continuo, si colloca la drammaturgia polivocale di Moscato. Tutte le strutture linguistiche sono presenti, quelle alte, auliche, sacre ma anche quelle basse, profane e ancestrali. Enzo Moscato descrive la sua idea di scrittura. La scrittura è visione, immaginazione, tiene uniti mondi: passato, presente e futuro, continuamente si confrontano e si scontrano.  Il linguaggio recupera ciò che si trova ai margini, ciò che sta morendo e lo rilancia nel futuro. In questo senso il teatro esce dalle logiche del mercato e diventa un controcanto rivoluzionario. Il drammaturgo cita i suoi principali maestri, dal primo insegnante di scuola elementare, ai grandi maestri del pensiero artistico e filosofico Artaud, Foucault, Adorno, i filosofi della scuola di Francoforte e andando più indietro nel tempo, Spinoza. Quest’ultimo più di ogni altro autore diventa punto fermo di ogni narrazione, perché nella sua Etica, sopprime il principio della soggettività e della individualità, del narcisismo, per andare verso l’essenza stessa dell’uomo, obiettivo che si raggiunge solo attraverso l’autocoscienza e la relazione con la molteplicità degli altri individui. Noi siamo soli e mille mondi insieme. L’arte per Moscato deve compiere un atto di denuncia e di amore al tempo stesso: rappresentare le disarmonie del mondo e gli inganni del mercato ma offrire anche un’idea di liberazione e di riconciliazione.  In questo senso, il teatro diventa clandestino, occorre mettersi in cammino, senza omologarsi. Qual è il suo compito oggi? Non quello di inseguire il mercato e il progresso ma di smontare i meccanismi che ci danno l’illusione di una apparente stabilità, per far emergere le contraddizioni intrinseche.  Che fare, quindi? Avere il coraggio di osare e dire. Avere il coraggio di diventare quel che si è. Tre ore e mezza di racconti, confronti e narrazioni, i giovani attori del laboratorio fanno molte domande, non si fermerebbero mai, la loro energia e la loro curiosità è coinvolgente. Enzo Moscato risponde a tutti con umiltà, dolcezza e consapevolezza, un artista a tutto tondo che conosce il vero significato dell’arte come “dono” da condividere con gli altri.

Napoli, Teatro Elicantropo, 2 gennaio 2020