Visite: 3380

Si è aperta al Palazzo Ducale di Genova, e resterà aperta con ingresso gratuito fino al prossimo 3 aprile nell'ambito delle iniziative per i 150 anni dell'unità d'Italia, l'attesa e affascinante mostra sulle vicende storiche e artistiche di Tommaso Salvini, “Grande Attore” sia per qualità proprie che quale eponimo di un'epoca così definita dell'arte scenica italiana nel contesto dei rivolgimenti anche tragici e sanguinosi che portarono alla nascita di una nazione. La mostra, promossa dal Museo Biblioteca dell'Attore di Genova, è curata da Eugeno Bonaccorsi e si giova dell'allestimento di Guido Fiorato, apprezzato scenografo e costumista dello Stabile genovese. Si tratta di un significativo impegno per il Museo dell'Attore che ha visto la partecipazione piene delle strutture e del personale dell'Ente, tra cui citiamo in particolare quella di Gian Domenico Ricaldone, attento archivista del Museo stesso, e che tra l'altro ha prodotto un volume miscellanea su Tommaso Salvini, sempre a cura del Professor Eugenio Bonaccorsi e pubblicato da “Edizioni di Pagina”. Una mostra dunque che finalmente rende possibile portare allo sguardo di un pubblico più vasto dei soli studiosi una parte significativa, anche se ancora minima, del grande e non del tutto esplorato patrimonio storico del Museo Biblioteca dell'Attore, che formatosi per iniziativa di Silvio D'Amico e Luigi Squarzina e integrato nel tempo da importanti lasciti, costituisce forse uno dei  più significativi osservatori sul mondo del teatro e sulla sua evoluzione dal punto di vista privilegiato, appunto, dell'attore. In breve sintesi la mostra, nel complesso compatta, costruisce un percorso attento e misurato, quasi con abilità registica ed in questo è, anche per la sapienza 'scenografica' dell'allestitore, di per sé stesso molto 'teatrale', percorso che ha nella biografia di Tommaso Salvini il suo ritmo, la sua cadenza direi da 'recitativo', e nel fluire delle vicende storiche che fanno da sfondo a quella stessa vita, peraltro in esse sempre impegnata ed implicata, il contesto che dà misura e prospettiva, ma, soprattutto, mostra un suo preciso baricentro significante nel tentativo di rendere palese,  all'interno di quella cadenza e di quel contesto, il peso e l'importanza di una vicenda estetica e poetica, quella  del Salvini, assai più significativa per il teatro, non solo italiano, di quanto la memoria critica e storica abbiano concesso e concedano. Due appaiono gli snodi fondamentali di questo percorso che si articola tra interessantissimi reperti fotografici, epistolari, letterari e anche figurativi, tra i costumi abbacinanti di Adelaide Ristori e  oggetti di scena di raffinata fattura nella loro apparente semplicità 'segnica', tra bozzetti scenografici e riproduzioni in scala di famosi edifici teatrali, che sull'onda del 'risorgimento' nazionale si andavano rinnovando e andavano rinnovando la gloriosa tradizione architettonica italiana. Il primo, posto efficacemente e significativamente quasi all'inizio del percorso, è costituito dalla sala multimediale al cui interno, su uno schermo posto sulla parete, un attore riproduce i segni mimici e corporei che la sapienza attoriale, a partire dal famoso Morocchesi di alfieriana pratica, ha costruito per rappresentare i sentimenti e gli stati d'animo umani. La sala affianca, a quelle antiche tavole 'didascaliche', foto e cartelloni di grandi attori della contemporaneità anche cinematografica, a sottolineare che fu proprio assistendo ad una interpretazione di Tommaso Salvini, che andava rinnovando e innervando il personaggio mediante la calibrata espressione degli stati psicologici sottostanti così trasformando la maschera appunto in personaggio in senso moderno, fu proprio in quella circostanza, dicevo, che Stanislawskj dichiarò di aver avuto la piena intuizione del suo famoso 'metodo' che poi fondò il corso della moderna recitazione. Il secondo è posto nella sala che chiamerò delle armi, e riguarda la trasmissione di una rara registrazione fonografica della voce di Salvini mentre recita un brano del Saul di Vittorio Alfieri, evento questo che si può tranquillamente definire emozionante e che conferma la inesaurita modernità delle innovazioni attoriali di Salvini, che così perfeziona e rinnova nel profondo l'arte del suo maestro Gustavo Modena. Ci si sofferma con interesse e qui si scopre come la sua voce appaia impegnata più alla ricerca della sonorità significante della parola che del suo senso logico o sintattico, e riesca ad accompagnare il segno più profondamente poetico del verso, aspro e ruvido, alfieriano così da completarne, attraverso l'esibizione scenica, il significato. È questo un reperto estremamente raro, quasi unico nella sua efficace conservazione, riguardo al quale, mi si consenta la breve notazione, risultano a volte difficile da comprendere le difficoltà che le pur complesse esigenze di conservazione e catalogazione di un così vasto patrimonio, quello del Museo Biblioteca dell'Attore intendo, unite purtroppo alle attuali ristrettezze economiche oppongono spesso all'interesse e alle esigenze dello studioso, costretto talora ad inseguire i più imprevisti canali per reperire materiale storico che pure conserviamo così vicino a noi. Comunque, ed anche per questo, ci auguriamo che una così interessante mostra, che va ad onore del Museo e ne testimonia, ove ancora ce ne fosse bisogno, l'importanza nella cultura italiana, non si ripeta solo al prossimo cinquantennio dell'Unità d'Italia (se ancora unita sarà).