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Ci sono nel teatro di Tino Caspanello (drammaturgo, regista, attore) dei motivi che si ripetono di spettacolo in spettacolo e che, in un mosaico ormai abbastanza definito, sostanziano da anni il percorso creativo di quest’artista: la contemporaneità, come consapevolezza dell’indefinibile complessità del nostro essere nel tempo; la quotidianità, come dimensione della “straordinarietà” di ciò che ci sta “ordinariamente” davanti agli occhi; l’alterità come dimensione più profonda del nostro essere “altri” e “con gli altri”; il silenzio come luogo in cui l’alterità può essere scoperta, accolta, raccontata; la fragilità infine e intrinseca inadeguatezza del nostro essere rispetto alle sfide della vita che, se riconosciute, ci costringono all’accettazione di noi stessi e alla solidarietà verso gli altri. In altre parole, ciò

che Caspanello continua ad esprimere nel suo percorso è un’inesausta ricerca di autenticità e di saggezza che affronta la vita nei luoghi della vita, con equilibrio, memoria del dolore, giusto coraggio e senza pose inautentiche o melodrammatiche.
Un percorso prismatico in cui ogni allestimento si presenta come una faccia che si illumina e illumina diversamente il nucleo riflessivo di questo artista. Scriviamo questa volta di “Bar Stella”, lo spettacolo che ha debuttato dal 7 al 9 di febbraio sulla scena del “Teatro dei Tre Mestieri” di Messina. In scena ci sono Cinzia Muscolino (che, come di consueto, cura anche scene e costumi), Tino Calabrò e Francesco Biolchini. La traccia drammaturgica è legata al superamento difficile e alla accettazione adulta di una fragilità psichiatrica del giovane ‘Ntoni nel contesto del suo rapporto con fratello Giupé. Probabilmente non c’è stata prima tra i due alcuna vera rottura, non una lacerazione e nemmeno forse mai una parola fuori posto, solo l’accamparsi sempre più pesante e via via definitivo di un silenzio frustrato, incattivito, velenoso, di un allontanarsi irresponsabile che non è stato mai veramente affrontato.
E quindi, nello spettacolo, ecco la delicatezza dell’incontro, la gioia del ritrovarsi in un qualunque “Bar Stella” di una qualunque periferia del mondo, ed ecco la presenza misteriosa, maieutica, quasi sacrale, di una Stella (nella forma transeunte della proprietaria del bar) che, sorridendo, accoglie, sostiene, cura e riesce a sciogliere la difficoltà di quell’incontro. L’evento teatrale sulla scena è sostanzialmente lineare: l’incontro tra i tre protagonisti si dispiega in modo semplice e di semplice comprensione; forse eccessivamente semplice nell’intreccio (ed è questo il maggior difetto dello spettacolo). Le sue qualità principali sono invece da una parte la profondità e la delicatezza con cui l’autore /regista esplora i sotto-testi e poi rivela o, meglio, suggerisce ciò che c’è (o può esserci) nel vissuto dei protagonisti, ciò che è accaduto prima e dentro di loro e tra di loro, ciò che infine non è mai stato del tutto rivelato, e dall’altra l’inquieta leggerezza con cui gli attori sanno accogliere e restituire al pubblico, ciascuno con sfumature diverse, questa complessità.

BAR STELLA
Scritto e diretto da Tino Caspanello. Con Francesco Biolchini, Tino Calabrò, Cinzia Muscolino. Scene e costumi di Cinzia Muscolino. Assistente alla regia Maria Rosa Biginelli. Produzione Teatro Pubblico Incanto.

Foto Carmine Prestipino.