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Il mio incontro con la scena non è avvenuto a Bologna, dove con Luigi Gozzi ho inventato e diretto per molti anni il Teatro delle Moline, ma a Mirandola dove sono nata nella Pianura Bassa.
Io se penso casa penso Mirandola, via Montanari la strada dove giocavo, penso ai Giardini pubblici con la giostra per bambini, ai viali di platani che abbracciano il centro storico del paese e penso al Teatro Nuovo in bella vista sul lato lungo della piazza. Adesso il teatro è chiuso, dopo il terremoto, aspettiamo tutti che riapra perché è bellissimo. Il mio incontro con il teatro è successo all’asilo delle suore di viale della Libertà a Mirandola, appunto, e non come spettatrice ma da attrice. A sei anni ero la Prima Attrice dell’asilo.  E si vede che ero brava se, dopo piccoli ruoli da corista di fila, sono stata scelta come protagonista di una vera commedia, con trama personaggi scenografia e musica. Non ricordo il titolo ma la storia era di quel periodo: una bambina triste, io, è così povera da  non avere

nemmeno una bambola per giocare.
Eravamo tra il 1950 e il ’60, Mirandola era Zona depressa, chilometri di campagna e contadini. Uniche fabbriche una fonderia e lo zuccherificio aperto soprattutto d’estate quando i camion stracarichi di barbabietole arrivavano dalle campagne spandendo nell’aria l’odore dolciastro del tubero bianco. La ricchezza del distretto biomedicale, terzo polo nel mondo per prestigio e produttività, è arrivata dopo.
Per fortuna la bambina, cioè io, ha un’amica un po’ più ricca di lei, che dice Proviamo con una preghierina - nel teatro delle suore la preghierina ci voleva - e vediamo se Gesù, la Madonna, S. Giuseppe, la Befana, insomma qualcuno ti porta una bambola. E infatti ecco che da una quinta laterale compariva una bella bambola anche per la bimba povera e io e la mia amica danzavamo felici.
Fine dello spettacolo.
La cosa straordinaria è che io ho anche le foto di quegli spettacoli!
Le aveva fatte la Postina che non so perché la chiamavano così visto che ti vendeva matite e quaderni nella sua cartoleria, ma siccome era anche un’appassionata fotografa non perdeva nessuna occasione per scattare foto, ovviamente in b&n.  Matrimoni, cresime, comizi, anche lavori in campagna, fiere di macchine agricole o bestiame, insomma in ogni occasione pubblica e privata del paese la Postina c’era e fotografava. Dopo la sua morte un incendio nella cartoleria ha distrutto tutto il suo archivio di pellicole infiammabili.
Se guardate bene le foto vedrete che il palcoscenico dell’asilo non era una semplice pedana: c’era il sipario che si apriva e chiudeva, c’era il fondale, c’era l’arlecchino come si chiama il drappo in alto sopra il sipario. C’erano le quinte laterali e dietro la quinta di sinistra c’era anche il pianoforte per la suora musicista che accompagnava tutto lo spettacolo! Insomma era tutto molto ben fatto e serio e il pubblico di parenti, amici, bambine e bambini ci cascava in pieno: lacrimoni per la commozione e alla fine applausi, grande successo. Mia madre ovviamente era tra il pubblico. E’ sempre stata leggermente ansiosa, soprattutto temeva il giudizio o il pregiudizio degli altri. Quel giorno, visto il successo dello spettacolo, cominciò a fermare amici e parenti dicendo Non è vero che siamo così poveri che la Marinella non ha una bambola, ma perbacco, gliel’ho comprata io!
Era preoccupata che qualcuno scambiasse finzione e realtà.
Ma questa è la magia del teatro.
Poi il teatro professionale l’ho incontrato dopo, a Bologna, e questa è un’altra storia.